La confusione fra “i magistrati” e “La Magistratura”.
“La Magistratura” è un corpo complesso. Nel suo insieme un “potere”.
Questo potere è in mano a un gruppo molto ristretto di persone, dei veri oligarchi, che lo gestiscono secondo logiche e con metodi che andrebbero messi sotto i riflettori e democraticamente discussi. E che invece sono sostanzialmente poco trasparenti e sconosciuti ai più.
Ma i titolari di questo potere, questi oligarchi, si nascondono dietro il valore e la storia di singoli “magistrati”.
Quando parla “La Magistratura” invoca i nomi di Falcone e Borsellino, ricorda il sangue dei suoi tanti morti, Rosario Livatino, Salvatore Saetta, Mario Amato, Giangiacomo Ciaccio Montalto e molte altre decine.
Ma “La Magistratura” non merita gli onori dovuti a questi eroi e ne usurpa la storia.
I “magistrati” che danno lustro a “La Magistratura” non erano “omologhi”, ma, al contrario, decisamente diversi da “La Magistratura”. Quasi sempre isolati e perseguitati “La Magistratura” medesima.
Il C.S.M. non è mai stato accanto ai Falcone, ai Borsellino, ai Borrelli, ai Colombo, ai Davigo, ai Ciaccio Montalto, ai Chinnici. Permettetemi, ai De Magistris, alle Forleo, alle Nuzzi e ai Verasani.
In definitiva, purtroppo, “La Magistratura” (intesa come gli oligarchi che formalmente la rappresentano) non è e non assomiglia per niente a coloro dietro le cui storie si copre dinanzi all’opinione pubblica e le cui storie ha tradito e tradisce ogni giorno.
Falcone, Borsellino, Ciaccio Montalto, De Magistris, Borrelli, Colombo, Davigo non sono mai stati Presidenti dell’Associazione Nazionale Magistrati e neppure membri del C.S.M.. Presidenti dell’A.N.M. e membri del C.S.M. sono stati i protagonisti delle storie di questi giorni e tanti altri come loro.
Di questo bisognerà avere il coraggio di prendere atto.
In modo da lasciare chiaro chi subisce incolpevolmente l’andazzo che porta il Primo Presidente della Cassazione a ricevere bottiglie di olio buono da un faccendiere e chi quell’andazzo ha in vario modo e a vario titolo consentito che si realizzasse.
Perché è chiaro che ciò che dovrebbe fare chi quell’andazzo in vario modo e a vario titolo ha consentito che si realizzasse è ammettere la responsabilità di ciò e dimettersi dalle cariche associative e di “potere interno” che ha.
Oggi il Presidente e il Segretario Generale dell’A.N.M. chiedono garbatamente ai magistrati coinvolti nelle tristi storie delle quali parlano i giornali di dimettersi.
Ma poco più di un anno fa gli stessi Palamara e Cascini non chiesero cortesemente dimissioni, ma invocarono ghigliottine e non a favore dei magistrati impegnati, ma contro di loro.
Poco più di un anno fa alcuni colleghi lavoravano a indagini che scoperchiavano le stesse consorterie che oggi sono sui giornali. Poco più di un anno fa Luigi De Magistris, Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani acquisivano prove di fatti perfettamente analoghi a quelli che oggi leggiamo sui giornali.
E cosa fecero l’A.N.M., il C.S.M. e l’intero cosiddetto autogoverno della magistratura, insomma “La Magistratura”?
Li spazzarono via. In pochi giorni.
Palamara e Cascini invocarono dalle prime pagine dei giornali l’intervento del Ministro e il Ministro “intervenne”, mandando Arcibaldo Miller.
Il Procuratore di Salerno Luigi Apicella, reo di avere permesso ai colleghi Nuzzi e Verasani di redigere un decreto di perquisizione e sequestro confermato in tutte le sedi competenti si è trovato IN POCHI GIORNI, senza funzioni e senza stipendio.
L’A.N.M. e il C.S.M. intervennero pesantemente nelle inchieste di De Magistris, Nuzzi e Verasani e ne causarono, di fatto e a prescindere dalla intenzioni di chiunque, il rallentamento e sotto alcuni profili la paralisi.
Lo stesso non sta accadendo e, purtroppo, non accadrà per nessuno dei protagonisti delle vicende oggi sui giornali.
Alcuni giornali hanno titolato: “Il C.S.M. trasferisce Marra”.
Ma il titolo è falso.
Il C.S.M. ha solo aperto una pratica ex art. 2 della Legge sulle Guarentigie (R.D.L.vo 511/1946).
Se conosco bene questi meccanismi (e purtroppo li conosco bene), tendenzialmente accadrà quanto segue:
– questo C.S.M. ha aperto la pratica, ma non la tratterà, perché scade il 31 luglio (e, d’altra parte, come avrebbe potuto trattarla, se, il Consigliere Tinelli, finita anche lei sui giornali in questi giorni, si difende dicendo che Lombardi al C.S.M. era di casa?);
– il nuovo C.S.M. si occuperà della cosa non prima di ottobre e allora altri scandali occuperanno le pagine dei giornali e nessuno si ricorderà di Marra;
– quando la pratica verrà trattata, si osserverà che non si può utilizzare la procedura ex art. 2 della Legge sulle Guarentigie per fatti colpevoli;
– qualcuno ricorderà che con Clementina Forleo l’hanno usata illegittimamente (tanto che il TAR ha annullato il trasferimento) e loro diranno: “Con la Forleo abbiamo sbagliato, ora non possiamo sbagliare ancora”;
– qualcuno allora dirà “Bene, allora fategli il processo disciplinare”, ma poiché Palamara e Cascini non invocheranno la stessa tempestiva mannaia calata su Apicella, Nuzzi e Verasani, limitandosi a chiedere con umile cortesia le dimissioni spontanee di non si sa chi (perché nessun nome viene neppure fatto), la cosa andrà avanti per le lunghe e Marra farà in tempo a maturare il limite massimo di età pensionabile.
Solo pochi mesi fa ha lasciato “La Magistratura” in fretta e furia, mentre una Procura indagava su di lui in relazione a vicende non meno imbarazzanti di quelle odierne, il Procuratore Aggiunto di Roma Achille Toro, anche lui maggiorente dell’A.N.M., già Presidente di Unità per la Costituzione, la corrente maggioritaria dell’A.N.M., dimessosi qualche anno prima da quella carica per essere rimasto coinvolto in un’altra imbarazzante vicenda (le indagini sulla scalata Unipol) e nonostante quella vicenda messo a fare il Procuratore Aggiunto di Roma.
Quando si è dimesso Toro, tutto quello che l’A.N.M. ha saputo e voluto dire Quando si è dimesso Toro, tutto quello che l’A.N.M. ha saputo e voluto dire è testualmente questo:
«Le recenti indagini presso la Procura della Repubblica di Firenze rappresentano l’occasione per ribadire che la deontologia professionale, la correttezza e il riserbo nei comportamenti rappresentano baluardi della credibilità della magistratura, in relazione ai quali si impone un costante impegno complessivo e coerente di autoriforma. E’, pertanto, indispensabile che tali questioni, in quanto esprimono valori fondamentali della giurisdizione, trovino concreta e tempestiva risposta nell’organo di governo autonomo, anche attraverso la scelta di una dirigenza professionalmente adeguata. La Giunta riafferma il proprio impegno a tenere alta l’attenzione sui temi indicati, che appaiono indefettibili per il futuro della magistratura. Roma, 17 febbraio 2010».
Tutto qui.
Nient’altro che queste inconcludenti e genericissime parole.
Un brevissimo vaniloquio per fare finta di avere preso una posizione (ognuno potrà giudicare da sé se questo comunicato/farsa possa essere inteso come “prendere una posizione”).
Mentre Unità per la Costituzione, invece di vergognarsi e chiedere scusa per quanto coinvolgeva il suo ex Presidente ha prodotto solo un comunicato ancor più vaniloquente e surreale, sol che si consideri che sono stati ai vertici di Unicost (Achille Toro, ex Presidente), Umberto Marconi (ex Segretario Generale e Consigliere del C.S.M.), Giacomo Caliendo (ex Presidente A.N.M. ed ex Consigliere del C.S.M.), Antonio Martone (ex Presidente A.N.M.).
Unicost, invece di vergognarsi e chiedere scusa, in quel comunicato si dipinge come fucina di campioni della deontologia e della morale.
Goacchino Genchi ha pubblicato in un libro (“Il caso Genchi. Storia di un uomo in balìa dello stato”) il testo di intercettazioni telefoniche che raccontano retroscena decisamente scabrosi nei rapporti fra magistrati e potere, ma quelle cose è come se non fossero mai state raccontate e rese pubbliche.
Quando sui giornali scoppiano scandali gravissimi che coinvolgono “La Magistratura”, dentro “La Magistratura” si fa il più fitto, assordante e impenetrabile silenzio.
Si direbbe una triste e dolorosa omertà.
De Magistris, Forleo, Nuzzi, Verasani, Apicella, sono argomenti tabù.
I magistrati parlano continuamente del marcio della politica e tacciono ostinatamente sul marcio de “La Magistratura”.
Salvo poi, quando qualche telefonata di “grandi Capi” de “La Magistratura” finisce sui giornali, fingere di “cadere dal pero”, come molto opportunamente ha scritto Marco Travaglio con l’arguzia di sempre, in un articolo di qualche giorno fa.
Ben vengano, ovviamente, gli striminziti e deplorevolmente generici comunicati stampa dell’A.N.M., ma allo stato sono solo “chiacchiere”, per giunta fumose e inconcludenti.
C’è molto marcio dentro “La Magistratura” e un’operazione trasparenza non è mai neppure cominciata.
Peggio, chi da quel “marcio” è stato assassinato, punito, trasferito, licenziato, non solo non viene riconosciuto come prova dello scandalo, ma viene usato dai suoi carnefici come “copertura” per fare apparire “La Magistratura” che comanda e gestisce potere – interno ed esterno – uguale ai “magistrati”, che quel potere hanno cercato, a prezzo del sangue, della carriera e del posto di lavoro, di sottoporre al controllo di legalità.
Nei prossimi giorni ritornerò su questo tema, cercando di illustrare a chi non lo conosce come funziona il “potere” interno a “La Magistratura” e perché quel potere è “contro” “i magistrati” e nei fatti danneggia la giustizia, favorendo solo le carriere parallele di alcuni magistrati, arruolati alcuni nei partiti cc.dd. “di destra”, altri nei partiti cc.dd. “di sinistra”, altri in lobby dagli oscuri contorni e dai preoccupanti obiettivi.