Nessuna soluzione “americana” per i rifiuti nucleari di casa nostra. Dopo un braccio di ferro con le autorità locali durato due anni, EnergySolutions Inc., l’azienda di Salt Lake City specializzata nel trattamento e nel riciclo di materiale tossico, rinuncia definitivamente al progetto di stoccaggio nello Stato dello Utah. Le scorie radioattive restano dunque in Italia. Almeno per ora.
La contesa riguardava circa 20 mila tonnellate di scarti a basso livello di radioattività risalenti al defunto programma nucleare italiano (abolito da un referendum del 1987). Il piano, che prevedeva un iniziale trattamento in un’installazione del Tennessee e il successivo trasferimento in un sito dello Utah, aveva incontrato l’opposizione degli ambientalisti e del mondo politico locale inducendo il Congresso statunitense ad approvare una legge per la messa la bando dell’importazione di rifiuti nucleari stranieri sul suolo americano. Il provvedimento, promosso dai senatori repubblicani Jim Matheson (Utah) e Bart Gordon (Tennessee), attende ancora l’approvazione del Senato.
La decisione di EnergySolutions apre ora nuovi scenari ma le incertezze che circondano il destino delle scorie permangono. Il materiale italiano è composto dal combustibile residuale (altamente radioattivo), dalle barre di metallo impiegate nel processo e da altri rifiuti a bassa radioattività. Se il resto del piano sarà rispettato, il riciclaggio del combustibile sarà effettuato in Francia mentre il metallo sarà inviato in Giappone per essere trattato e recuperato. Ma che ne sarà, ci si chiede, dei rifiuti “generici” originariamente destinati agli Usa? A sentire la compagnia la soluzione possibile è una sola: la costruzione di un sito di stoccaggio in Italia. Un piano impegnativo che, secondo gli esperti dell’azienda, potrebbe richiedere diversi anni. Dall’Italia non sono arrivate indicazioni e, al momento, non ci sono ipotesi sul luogo prescelto per accogliere in via definitiva i rifiuti.
Quella “italiana”, tuttavia, potrebbe non essere l’unica soluzione. Nel febbraio scorso, il londinese Times aveva riferito in esclusiva di un maxi progetto di trasferimento di rifiuti nucleari dall’Europa Occidentale ai Paesi dell’Est. Secondo il quotidiano le discussioni sul piano di smaltimento coinvolgerebbero otto nazioni – Olanda, Italia, Polonia, Romania, Slovacchia, Lituania, Slovenia e Bulgaria – sotto l’egida della Commissione Europea e della European Repository Development Organisation (Erdo), il gruppo di lavoro permanente sul tema della gestione dei rifiuti nucleari. Nella località slovena di Vrbina è tuttora in costruzione un centro di “accoglienza” per scorie a basso livello di radioattività (dello stesso tipo rifiutato dallo Utah, per intenderci) la cui realizzazione è stata approvata dalla comunità dopo il pagamento di 5 milioni di euro a titolo di compensazione.