Intimidazioni alla prima cittadina di Isola Capo Rizzuto: tre auto andate in fumo in poche notti sono il risultato della battaglia contro lottizzazioni e speculazioni
In Calabria c’è una cosa che non devi mai fare: metterti contro troppi poteri forti. La ‘ndrangheta, le imprese fameliche che vogliono mangiarsi il territorio e la malapolitica. Carolina Girasole, professione biologa, madre di due bambine e sindaco di Isola di Capo Rizzuto per passione civile, ha fatto tutto ciò. Si è schierata contro, e nell’esclusivo interesse della sua comunità. Gli altri lo hanno capito e hanno risposto alla maniera di “certa” Calabria: minacciando.
In quattro notti, dal 1 luglio in poi, sono andate in fumo la macchina del direttore dell’Ufficio urbanistico, quella del vicesindaco Anselmo Rizzo, e quella del sindaco. Un falò dell’infamia. Da allora la sindaca Carolina vive “sotto vigilanza”, nel senso che ogni volta che deve uscire (per la sua attività di sindaco, per fare la spesa, per accompagnare le bimbe al mare, insomma, per vivere) deve avvisare i carabinieri che la scortano e la proteggono. Vanno così le cose nel Far West Calabria.
Parliamo con la sindaca per capire chi c’è dietro quella notte dei fuochi, chi minaccia la sua amministrazione. “Ci stiamo interrogando, ma non riusciamo a concentrarci su un solo aspetto. Perché da due anni una sola cosa è certa: abbiamo colpito molti interessi”.
Isola di Capo Rizzuto, 15 mila abitanti a ridosso di Crotone. L’isola del sole, la chiamano, per il mare e la bellezza delle coste. “Un patrimonio che qui fa gola a tanti – dice la sindaca –, soprattutto a chi vuole cementificare. Penso non solo al classico abusivo, ma a chi ha in mente la costruzione di villaggi turistici e si preoccupa poco del territorio”. Fermiamoci un attimo per ricordare che anni fa sulle coste di Crotone e dintorni qualcuno voleva tirar su “Europaradiso”, un megainsediamento per 14 mila turisti, un investimento da 7 miliardi di euro dietro il quale c’è il fondato sospetto di interessi mafiosi.
“Quando due anni fa – ragiona la Girasole – vincemmo le elezioni sapevamo di andare incontro a una serie di conflitti. Abbiamo rimesso in discussione tutto: rifatto vecchi bandi di gara, rivisto appalti e concessioni e soprattutto abbiamo messo le mani su tutte le lottizzazioni, quelle sulla costa in modo particolare. Isola è bellissima, il mare ancora limpido, ma dobbiamo risanare le ferite che in questi anni sono state inferte al territorio, per questo abbiamo iniziato una serie di abbattimenti”. Insomma, una montagna da scalare nella Calabria delle devastazioni delle coste, degli abusivismi, del mare ridotto ad una fogna.
Ma c’è anche altro ad aver dato fastidio: la confisca dei terreni del clan Arena. La cosca che a Isola comanda tutto, una delle “famiglie” più potenti della ‘ndrangheta, con propaggini in Lombardia ed Emilia-Romagna. Poche settimane fa Carolina Girasole era sui terreni (cento ettari) strappati al clan, per mietere l’orzo.
“Non si trovava una trebbiatrice – ricorda Antonio Tata, responsabile di Libera -, tutti avevano paura, ma siamo riusciti lo stesso a salvare il raccolto”. A maggio, sempre sui terreni degli Arena, sindaco e don Luigi Ciotti erano a raccogliere finocchi, quintali di prodotto subito entrato nel circuito di Libera e delle sue coop, ma anche regalato durante la manifestazione del Primo maggio a Rosarno. Segnali importanti che hanno dato fastidio alle cosche perché rappresentano il segno della loro impotenza. “Non siamo degli eroi – dice la sindaca -, ma se in Calabria vuoi amministrare in nome della comunità e non di interessi particolari non puoi fare diversamente: devi rompere schemi, colpire interessi, anche quelli grandi”.
Carolina Girasole e i suoi amministratori hanno iniziato un lungo braccio di ferro con le potentissime imprese dell’eolico. “Qui – ci racconta – esiste il più grande parco eolico d’Europa, hanno occupato fette enormi del territorio, ma versano al Comune solo 350mila euro l’anno, a prescindere del fatturato che realizzano e che è altissimo come si può immaginare. Non è giusto, stiamo tentando di ridefinire gli accordi. Con la società che gestisce l’altro parco, che fattura un terzo del precedente, ci siamo in parte riusciti portando la parte dovuta al Comune a 750mila euro l’anno. Sono soldi che servono alla comunità, che investiremo in scuole, servizi e opere pubbliche”.
Bracci di ferro, tensione, battaglie, anche per i parchi fotovoltaici. “Stiamo rivedendo tutto, al momento abbiamo bloccato le concessioni, soprattutto quelle sulla zona costiera”. Un’ultima domanda, la famiglia. Cosa è successo quando a casa hanno saputo della macchina incendiata? “Problemi, soprattutto con le bambine, ma alla fine la mia famiglia ha capito e ha risposto con grande dignità. Un valore eversivo in terra di Calabria, ma questa è una guerra che dobbiamo vincere”.
da Il Fatto Quotidiano del 20 luglio 2010