Informazioni che arrivano dalla società civile, interazione in rete e soprattutto velocità e accuratezza. Gira su internet il giornalista contemporaneo, spesso più avanti di quello che utilizza strumenti tradizionali
Citizen journalism, questo sconosciuto che in Italia non decolla. Nell’epoca della crisi dell’informazione, in cui i grandi giornali si uniformano nell’offerta di notizie, è la Rete il mondo dove accuratezza, trasparenza e affidabilità forgiano una nuova generazione di reporters. Sono i blogger: internauti agguerriti e cliccati che spesso battono sul tempo i giornalisti.
Tuttavia l’equiparazione con i media tradizionali è ancora lontana. In Italia un blog, per acquisire credibilità, deve passare attraverso la cruna del tubo catodico. Ne è un esempio Diego Bianchi , meglio conosciuto come Zoro, apprezzato dal grande pubblico solo dopo lo sdoganamento su Canale 5 (Matrix), RaiTre (Parla con me) e La7 (Tetris). Gli Stati Uniti, invece, pare stiano scrivendo un copione a parti inverse: da New York a Washington sono le testate a setacciare la Rete alla ricerca di blogger da inserire nel parco firme. Infatti, come ha spiegato Alex Williams sul New York Times, il blogger è un professionista in grado di anticipare la notizia. I loro nomi sono Foster Kamer del Village Voice, assieme a Lockhart Steele, Sara Polsky e Lilit Marcus.
Kamer, 25 anni, ha iniziato la sua carriera su BlackBookMagazine fino ad approdare al Village Voice. Lo scorso marzo ha messo a segno lo scoop sulla faida dei giornalisti di Wall Street, quando ha scoperto che dietro al licenziamento del cronista John Carney, c’era Henry Blodget, il cofondatore del gotha online della finanza Usa “The Business Insider”.
“La visibilità sui media tradizionali non è un obiettivo, ma una logica conseguenza”, spiega Kamer. “Il New York Times, ad esempio, vuole che i suoi migliori reporters, come David Carr e Brian Stelter, siano anche blogger. I quotidiani stanno investendo in questa direzione anche grazie alla trasparenza con cui molti blog fanno informazione”.
Riferendosi al nostro paese, Kramer è convinto che “I siti di informazione dovrebbero lasciare più spazio agli user generated content e più in generale alle notizie che circolano in Rete”. Ma anche la politica deve fare la sua parte, ad esempio “Negli Stati Uniti l’ammissione degli internet reporters nella White House Press Pool di Barack Obama ha ridotto il divario tra vecchi e nuovi media”. Brooks Jackson, già corrispondente per la CNN, è uno dei fondatori di FactCheck, un sito deputato a monitorare l’affidabilità delle dichiarazioni e delle notizie della politica americana. Secondo lui la credibilità è tutto per il citizen journalism e in questo non differisce dall’informazione tradizionale.
Per Jackson “I giornalisti guadagnano la reputazione che meritano a prescindere dal contenitore, che sia Internet o i giornali o la televisione”. E la Rete offre molti spunti per arricchire il prodotto: “Il web ci consente di inserire note a piè pagina cliccabili, link a documenti ufficiali. Così i lettori possono risalire alla fonte e, se vogliono, approfondire da sé”.
Se è vero che la credibilità va a braccetto con la verifica tempestiva delle notizie, allora bisogna essere rapidi. “Il web permette di postare una notizia in tempo reale, puntualizza Lilit Marcus, blogger di Huffington Post ed editor del cliccatissimo “The Gloss”.
Probabilmente, occuparsi di gossip offre maggiori opportunità di successo visto ad esempio il boom di TMZ ed Egotastic, che spesso sono più rapidi ed efficaci delle testate tradizionali. “Il successo è dovuto alla competenza specifica, che si tratti di moda o politica. Se poi sviluppi un buon network di relazioni e il nome circola nell’ambiente, sei sulla strada giusta. E ora che i bloggers sono invitati nei talk show in veste di opinionisti – conclude Lilit – il confine è stato superato”.
Via libera allora agli user generated content, ma con un’attenzione particolare alla credibilità. Rachel Sterne è la responsabile della piattaforma GroundReport, un sito che si avvale di 5000 citizen journalist in tutto il mondo. Lei sostiene la necessità di verificare le notizie: “Abbiamo due redattori a tempo pieno e 20 volontari in stile Wikipedia che controllano ciò che riceviamo. Sono tutti esperti del settore, reporters o studenti di giornalismo”. In merito al rapporto fra la qualità e la remunerazione la Sterne non ha dubbi: “Sono fattori più legati al prestigio di vedersi pubblicati su testate autorevoli. Molti editorialisti di Huffington Post, ad esempio, non ricevono alcun compenso ma guadagnano visibilità”.
Accuratezza, costanza e affidabilità sono le chiavi per essere dei blogger di successo. Speriamo che anche in Italia qualche quotidiano vada a spulciare in Rete per ampliare il proprio parco firme. Con professionisti che garantiscono rapidità, trasparenza e che soprattutto accettano il confronto con il lettore. Con i blogger.
di Eleonora Bianchini