Caro Franco (Cordelli Editore ndr), mi dici che nessuno dei libri che cito nel mio ‘Il romanzo e la realtà’ vien voglia di leggere.
Credi che mi sarebbe stato difficile inserire i tanti romanzi o comunque testi che io a suo tempo recensii e apprezzai (e che forse anche tu tieni in considerazione). Da Fenoglio,a Lucentini, Delfini, Leonetti, Lombardi, La Capria, Porta, Giuliani, Ferrero (il parigino), fino alla Ferrante (ma esiste?), Grasso, a Mastronardi, Bianciardi, Tabucchi, Tadini e allo stesso Cordelli (cui non ho mai negato qualità e talento) e tanti altri ancora più degni che per non farla troppo lunga trascuro?
Ma non era questo il mio scopo (di ammassare tutto il buono e il bello che gli utimi cinquant’anni del secolo scorso avrebbero in deposito).
Mio intento era quello di inseguire le difficoltà che in quei cinquant’anni la nostra narrativa ha incontrato, e indicare i tentativi (volenterosi forse eroici ma più spesso vani) con cui ha cercato di risolverle fino a giungere a oggi dove lo si voglia o no, sta vincendo una sorta di ritorno alla realtà nella forma in fondo triste della biografia o autobiografia, e del romanzo storico (e questa tendenza mostrerà ancora più forza negli anni a venire). Poi c’è il giallo, che nonostante gli evviva di Valentino per la narrativa di genere è il gesto forte di chi forte non è, e la prova più evidente del nostro (anche noi apparteniamo a questo tempo) fallimento.
Peraltro, per dare una testimonianza di sufficiente benessere (e farsi ottimisti) bastava includere gli autori (alcuni forse più leggibili – sono d’accordo con te) che ho preferito
lasciare fuori?