Fini? “È colluso con il nemico per mettere in difficoltà il governo; chi discredita è fuori!”. E meno male che, solo poche ore prima, occupando fin dalla prima mattina il sito del Tg1 per dire che andava “tutto bene, tutto perfetto”, Berlusconi se l’era presa – come sempre – con le solite “campagne mediatiche contro il governo e il Pdl fatte apposta per oscurare quanto abbiamo fatto di buono in questi mesi”. Poi, il film ha cambiato registro ed è diventato quello di sempre, riportato anche da ApCom. E lo scontro con Fini si è nutrito di un nuovo capitolo, tanto da far chiaramente apparire il divorzio ogni giorno più vicino. “Quando il timone è nelle mie mani, la rotta è sicura”, ha commentato il premier. Senza Fini, insomma, sarebbe meglio.
Era appena mezzogiorno e Berlusconi, non appena tornato nelle sue stanze di Palazzo Grazioli per un pranzo di lavoro con i coordinatori, più Cicchitto e Gasparri (ma anche Tremonti e Schifani), ha subito puntato dritto al “cuore” del problema: il traditore Fini. “Io vado avanti per la mia strada, lui faccia un po’ quello che vuole”. Contro Fini fucili puntati. “La deve smettere – avrebbe urlato ad un certo punto il Cavaliere – questa linea, la sua, è politicamente poco intelligente; se continua così sarà impossibile riannodare il dialogo”. Che, comunque, ogni giorno di più appare spezzato. A quanto si apprende dallo stretto entourage del premier, un colloquio “de visu” tra Fini e il Cavaliere sarebbe in programma subito dopo il voto sulle intercettazioni, a Parlamento chiuso. Ma, fanno notare le stesse fonti, un possibile incontro non va letto in un’ottica “ottimistica”; “Anche per divorziare – si sostiene – ci si deve incontrare”.
Questione di settimane, dunque. Mentre la pressione continua a salire , riverberandosi nelle aule parlamentari. Ieri, a Palazzo Grazioli, lo spunto per prendersela con Fini l’ha dato Ignazio La Russa, che ha preso a ceffoni verbali Fabio Granata e le sue dichiarazioni sulla mafia e sui presunti ostacoli del governo a fare chiarezza sulle stragi del ’92-’93. “Non se ne può più di questo qui, i suoi commenti sono sopra le righe”. Quindi la presa di posizione ufficiale del partito contro Granata a cui il deputato finiano dell’antimafia ha risposto per le rime: “Il Pdl si occupi della questione morale, non di me. Non faccio affari né dossier, io”. Ma Granata non era certo il vero bersaglio. Come, certo, non si è dato troppo peso alle parole dell’altro pasionario, Italo Bocchino, che comunque aveva menato pesante: “Un partito come il Pdl, senza sedi, segretari, consiglieri eletti – ecco le sue parole di fuoco – esiste in Sudamerica e anche in qualche posto dei Paesi asiatici”.
Il Cavaliere aveva la mente solo a Fini, il convitato di pietra. “Colluso con il nemico”, ovvero con l’opposizione, ma anche con alcune branche della magistratura. È “capo carismatico” di personaggi come Luca Barbareschi che, di certo, non è stato tenero: “Quando sono venuto qui – aveva detto – credevo di fare politica, non gli interessi del premier”. Una frase che pare essergli costata la vendetta trasversale del cda Rai che ieri non ha dato il via libera alla sua fiction.
Il clima, nel Pdl, è dunque di quelli che si tagliano con il coltello. A preoccupare Berlusconi, nell’ormai logoro rapporto con Fini, è la cosiddetta “road map” delle ultime giornate parlamentari. Teme imboscate il Cavaliere soprattutto sul fronte dell’approvazione delle intercettazioni su cui, invece, Fini punta a rimandare a settembre. E sarà proprio questo scontro parlamentare a sancire, forse, l’ultima parola nel travagliato rapporto tra i due co-fondatori. Per arrivare ad agosto e “ridisegnare il partito – come punta a fare Berlusconi rinunciando alle vacanze – bisogna che le cose siano chiare”. Berlusconi intende mettere le mani all’organizzazione del Pdl in modo da ripartire a settembre già con “un nuovo modello”. Ufficialmente vuole arrivare al congresso “nel 2012” e solo da quel momento in poi il partito si doterà di un’organizzazione capillare e di un coordinatore unico. Un tempo considerato dai finiani “biblico” rispetto a quelle che considerano delle “emergenze di legalità” interne che le inchieste hanno messo drammaticamente in evidenza. Eppure Berlusconi (che non a caso ieri era circondato da tutti, Tremonti e Schifani compresi, ma non dal primo inquilino di Montecitorio) non intende “mollare” in alcun modo Verdini, Cosentino, Caliendo e gli altri compagni di sempre. I finiani, poi, chiedono un conto molto alto; anche ieri Granata ha ribadito la necessità di un repulisti “totale” che arrivi fino a far fuori “gli ex colonnelli di An, altrimenti non si potrà parlare mai di vero rinnovamento; loro lo terranno sempre sotto ricatto”. Figurarsi se il Cavaliere vuol sentire parlare di una cosa come questa. E, infatti, ha ostentato il pieno controllo della situazione anche durante il summit a Grazioli: “Ho la situazione saldamente in mano – avrebbe confermato – gli altri sono solo maestri di chiacchiere che dobbiamo tenere a distanza, non voglio ascoltare le loro calunnie”.