A Bruxelles per studiare, lavorare, vivere. Se negli anni Cinquanta gli italiani partivano per il Belgio per lavorare nelle miniere di Charleroi, oggi lo fanno per lavorare nelle istituzioni europee, in grandi aziende internazionali, per portare a termine un progetto di ricerca o per fare cultura ai massimi livelli. Al posto della valigia di cartone, un computer portatile di ultima generazione. A Bruxelles la comunità italiana non ha confini, dalle pizzerie ai grattacieli della Commissione europea, dai mercati rionali alle grandi multinazionali. Un gruppo enorme, che si ritrova e si racconta in posti come la “Piola Libri”, il caffè-libreria in rue Franklin 66, a due passi dal Berlaymont, il quartier generale della Commissione europea. Un caffè dove ogni italiano di Bruxelles è passato almeno una volta e la maggior parte torna regolarmente.
A orario aperitivo la Piola è strapiena e in ogni angolo si sente parlare italiano. Ecco le storie di quattro connazionali che per ragioni diverse hanno scelto Bruxelles. Le loro vite si incrociano proprio ai tavoli di questo caffé.
Jacopo, 33 anni, modenese, è uno dei titolari insieme a Nicola, 40 anni di Torino. “La Piola” oltre che libreria e caffè, offre anche degustazione, eventi culturali e musicali, il tutto rigorosamente made in Italy. “Abbiamo aperto tre anni fa per portare la cultura al di fuori delle istituzioni in una città come Bruxelles dove gli italiani sono protagonisti”, racconta Jacopo, che come tanti suoi clienti si fatto una vita fuori dall’Italia, dove dice di non voler tornare. Arrivato a Bruxelles nel 2001, Jacopo ha vissuto per due anni negli Stati Uniti dove ha studiato legge prima di laurearsi con una tesi in diritto ambientale all’università di Modena. Dopo un Erasmus in Germania e uno stage a Londra, ha provato a lavorare in Italia in un’agenzia di consulenza ambientale. “Ho resistito tre mesi, poi ho mollato, mi sfruttavano troppo”. Laureato, con un ottimo inglese e un po’ di tedesco, Jacopo è arrivato a Bruxelles nel 2001: “Qui ho trovato un ambiente diverso, dove se vali qualcosa fai strada, dove il clima non è pesante come in Italia”. Nel 2003 ha aperto la Piola libri, crocevia del destino di tanti ragazzi e ragazze immigrati nella capitale d’Europa.
Matteo, 27 anni, emiliano, beve una birra bionda dopo una giornata di lavoro alla Commissione europea. Lavora alla direzione generale Energia, settore efficienza energetica. E’ a Bruxelles dal 2008 per aver inseguito una passione: la politica. Laureato in Scienze politiche ed istituzioni europee a Parma, Matteo è venuto a Bruxelles perché crede che l’Unione europea sia il futuro. “La politica italiana non è più in grado di rispondere alle sfide politiche moderne. L’Italia, contrariamente ad altri Paesi, si sta chiudendo in se stessa rischiando di rimanere indietro in un’UE che invece corre”. Matteo ha anche cercato di fare della politica nella sua Regione, la rossa Emilia Romagna, “ma in Italia se hai meno di 40 anni non ti candidano da nessuna parte e se ne hai meno di 30 non ti ascoltano nemmeno”. “In altri Paesi i policy maker hanno massimo 40 anni. La nostra politica, invece, è piena di vecchi che vogliono fare i giovani, e ai giovani veri non viene lasciato nessuno spazio”. A Bruxelles Matteo lavora alla Commissione europea dopo aver vinto al primo tentativo un concorso pubblico a soli 26 anni. Lo stipendio, neanche a dirlo, è ottimo.
Ad un altro tavolo c’è Giuseppe, che beve una birra doppio malto. 29 anni, siciliano, si è trasferito a Bruxelles nel settembre 2009 per amore di un ragazzo fiammingo. Si erano conosciuti qui per un corso di arte visiva, prima che Giuseppe tornasse a lavorare in Sicilia come assistente scenografo. “Il mio contratto non mi soddisfaceva e poi non avrei potuto vivere appieno la mia vita sentimentale”. “La differenza è che in Sicilia mi facevo i fatti miei mentre a Bruxelles posso tranquillamente dichiarare i miei gusti sessuali”. Il Belgio, infatti, è stato uno dei primi Paesi a riconoscere le coppie di fatto, il diritto al matrimonio e anche all’adozione. “Qui mi sento me stesso al 100%, vivo con il mio ragazzo e pranzo la domenica con la sua famiglia”. Per il momento Giuseppe lavora nella ristorazione ma una volta perfezionata la lingua è intenzionato a tornare a lavorare nello spettacolo. “Tornare in Italia? Chissà, sicuramente lo farei soltanto per portare qualcosa, ad esempio maggiori diritti per tutti e senza discriminazioni”.
Eugenio, 32 anni, veronese, beve un bicchiere di rosso al bancone. Vanta una buona esperienza all’estero: Erasmus a Maastricht, master all’università fiamminga di Bruxelles, stage con il Ministero degli Esteri a Bombay (India), è tornato in Belgio per un dottorato di ricerca. Qui il dottorato, detto PhD, funziona diversamente che in Italia: o vinci una borsa di studio oppure vieni pagato per sviluppare alcuni progetti paralleli alla tesi di dottorato. In entrambi i casi si vive bene: circa 2000 euro al mese. Il dottorato di Eugenio è sui diritti umani delle persone anziane. Lo ha ottenuto senza il bisogno di conoscere nessuno né di accattivarsi qualche anziano professore. “Ho quattro anni di contratto, uno studio a disposizione, molta autonomia e margine di crescita”. In Italia Eugenio non ha nemmeno pensato di fare domanda. Con un piccolo aiuto, è riuscito ad aprire un mutuo e a comprare casa a Bruxelles. “Mi piacerebbe tornare un giorno in Italia. Vorrei fare qualcosa per la mia città. Mi fa male vedere da fuori l’imbarbarimento culturale di Verona. E poi se la stanno svendendo, tra autodromi, autostrade in città e imbarbarimento culturale”. Anche a migliaia di chilometri di distanza, l’attaccamento alla propria città – evidentemente – non viene meno.
Cervelli in fuga
A Bruxelles per lavorare e crescere: ‘Qui abbiamo avuto opportunità e accoglienza’
Quattro storie di giovani italiani che hanno scelto di vivere e far carriera in Belgio. Le loro vite si incrociano in un caffé-libreria made in Italy
A Bruxelles per studiare, lavorare, vivere. Se negli anni Cinquanta gli italiani partivano per il Belgio per lavorare nelle miniere di Charleroi, oggi lo fanno per lavorare nelle istituzioni europee, in grandi aziende internazionali, per portare a termine un progetto di ricerca o per fare cultura ai massimi livelli. Al posto della valigia di cartone, un computer portatile di ultima generazione. A Bruxelles la comunità italiana non ha confini, dalle pizzerie ai grattacieli della Commissione europea, dai mercati rionali alle grandi multinazionali. Un gruppo enorme, che si ritrova e si racconta in posti come la “Piola Libri”, il caffè-libreria in rue Franklin 66, a due passi dal Berlaymont, il quartier generale della Commissione europea. Un caffè dove ogni italiano di Bruxelles è passato almeno una volta e la maggior parte torna regolarmente.
A orario aperitivo la Piola è strapiena e in ogni angolo si sente parlare italiano. Ecco le storie di quattro connazionali che per ragioni diverse hanno scelto Bruxelles. Le loro vite si incrociano proprio ai tavoli di questo caffé.
Jacopo, 33 anni, modenese, è uno dei titolari insieme a Nicola, 40 anni di Torino. “La Piola” oltre che libreria e caffè, offre anche degustazione, eventi culturali e musicali, il tutto rigorosamente made in Italy. “Abbiamo aperto tre anni fa per portare la cultura al di fuori delle istituzioni in una città come Bruxelles dove gli italiani sono protagonisti”, racconta Jacopo, che come tanti suoi clienti si fatto una vita fuori dall’Italia, dove dice di non voler tornare. Arrivato a Bruxelles nel 2001, Jacopo ha vissuto per due anni negli Stati Uniti dove ha studiato legge prima di laurearsi con una tesi in diritto ambientale all’università di Modena. Dopo un Erasmus in Germania e uno stage a Londra, ha provato a lavorare in Italia in un’agenzia di consulenza ambientale. “Ho resistito tre mesi, poi ho mollato, mi sfruttavano troppo”. Laureato, con un ottimo inglese e un po’ di tedesco, Jacopo è arrivato a Bruxelles nel 2001: “Qui ho trovato un ambiente diverso, dove se vali qualcosa fai strada, dove il clima non è pesante come in Italia”. Nel 2003 ha aperto la Piola libri, crocevia del destino di tanti ragazzi e ragazze immigrati nella capitale d’Europa.
Matteo, 27 anni, emiliano, beve una birra bionda dopo una giornata di lavoro alla Commissione europea. Lavora alla direzione generale Energia, settore efficienza energetica. E’ a Bruxelles dal 2008 per aver inseguito una passione: la politica. Laureato in Scienze politiche ed istituzioni europee a Parma, Matteo è venuto a Bruxelles perché crede che l’Unione europea sia il futuro. “La politica italiana non è più in grado di rispondere alle sfide politiche moderne. L’Italia, contrariamente ad altri Paesi, si sta chiudendo in se stessa rischiando di rimanere indietro in un’UE che invece corre”. Matteo ha anche cercato di fare della politica nella sua Regione, la rossa Emilia Romagna, “ma in Italia se hai meno di 40 anni non ti candidano da nessuna parte e se ne hai meno di 30 non ti ascoltano nemmeno”. “In altri Paesi i policy maker hanno massimo 40 anni. La nostra politica, invece, è piena di vecchi che vogliono fare i giovani, e ai giovani veri non viene lasciato nessuno spazio”. A Bruxelles Matteo lavora alla Commissione europea dopo aver vinto al primo tentativo un concorso pubblico a soli 26 anni. Lo stipendio, neanche a dirlo, è ottimo.
Ad un altro tavolo c’è Giuseppe, che beve una birra doppio malto. 29 anni, siciliano, si è trasferito a Bruxelles nel settembre 2009 per amore di un ragazzo fiammingo. Si erano conosciuti qui per un corso di arte visiva, prima che Giuseppe tornasse a lavorare in Sicilia come assistente scenografo. “Il mio contratto non mi soddisfaceva e poi non avrei potuto vivere appieno la mia vita sentimentale”. “La differenza è che in Sicilia mi facevo i fatti miei mentre a Bruxelles posso tranquillamente dichiarare i miei gusti sessuali”. Il Belgio, infatti, è stato uno dei primi Paesi a riconoscere le coppie di fatto, il diritto al matrimonio e anche all’adozione. “Qui mi sento me stesso al 100%, vivo con il mio ragazzo e pranzo la domenica con la sua famiglia”. Per il momento Giuseppe lavora nella ristorazione ma una volta perfezionata la lingua è intenzionato a tornare a lavorare nello spettacolo. “Tornare in Italia? Chissà, sicuramente lo farei soltanto per portare qualcosa, ad esempio maggiori diritti per tutti e senza discriminazioni”.
Eugenio, 32 anni, veronese, beve un bicchiere di rosso al bancone. Vanta una buona esperienza all’estero: Erasmus a Maastricht, master all’università fiamminga di Bruxelles, stage con il Ministero degli Esteri a Bombay (India), è tornato in Belgio per un dottorato di ricerca. Qui il dottorato, detto PhD, funziona diversamente che in Italia: o vinci una borsa di studio oppure vieni pagato per sviluppare alcuni progetti paralleli alla tesi di dottorato. In entrambi i casi si vive bene: circa 2000 euro al mese. Il dottorato di Eugenio è sui diritti umani delle persone anziane. Lo ha ottenuto senza il bisogno di conoscere nessuno né di accattivarsi qualche anziano professore. “Ho quattro anni di contratto, uno studio a disposizione, molta autonomia e margine di crescita”. In Italia Eugenio non ha nemmeno pensato di fare domanda. Con un piccolo aiuto, è riuscito ad aprire un mutuo e a comprare casa a Bruxelles. “Mi piacerebbe tornare un giorno in Italia. Vorrei fare qualcosa per la mia città. Mi fa male vedere da fuori l’imbarbarimento culturale di Verona. E poi se la stanno svendendo, tra autodromi, autostrade in città e imbarbarimento culturale”. Anche a migliaia di chilometri di distanza, l’attaccamento alla propria città – evidentemente – non viene meno.
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Washington, 3 gen. (Adnkronos/Afp) - Il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump, condannato in primavera da un tribunale penale di New York per aver effettuato pagamenti occulti alla pornostar Stormy Daniels, conoscerà la sua pena il 10 gennaio, ossia 10 giorni prima del suo insediamento alla Casa Bianca (previsto per il 20 gennaio). Lo ha deciso il giudice della Corte suprema statale, Juan Merchan, il quale ha dichiarato che non intende condannare Trump al carcere.
Trump dovrà "comparire in aula il 10 gennaio 2025", ha ordinato Merchan in un'ordinanza nella quale ha specificato di non essere "propenso a imporre una sentenza di incarcerazione" all'uomo che diventerà il 47esimo presidente degli Stati Uniti.
La decisione del giudice di New York "è un attacco all'immunità presidenziale", ha affermato un portavoce del tycoon repubblicano, Steven Cheung.
Palermo, 4 gen. (Adnkronos) - “Grazie per il vostro affetto e per quello che fate tutti i giorni per noi cittadini”. Sono le parole di ringraziamento che la signora Aurora ha rivolto agli agenti della Polizia di Stato di Catania al termine di un incontro, tra ricordi e racconti condivisi, per iniziare in modo diverso il nuovo anno. Per non trascorrere da sola il giorno di Capodanno, l’anziana di Adrano ha chiamato, nel primo pomeriggio, i poliziotti del locale Commissariato per chiedere un supporto morale e per avere un po' di compagnia a casa sua. Al telefono la donna ha raccontato di trovarsi in uno stato di particolare sconforto per aver trascorso le giornate di festa senza incontrare persone, dal momento che, per la sua età e per qualche problema di salute, preferisce non uscire di casa, pur avendo qualche parente residente nei comuni vicini.
L’accorato appello della signora non è rimasto inascoltato e, in pochi minuti, due agenti del Commissariato di Adrano hanno raggiunto la sua abitazione per verificare, prioritariamente, le sue effettive condizioni di salute. Alla vista dei poliziotti, la donna non ha nascosto la sua felicità per la gradita sorpresa e ha subito spalancato le porte di casa, chiedendo loro di accomodarsi in salone per poter parlare insieme per qualche minuto, rivolgendo, in più momenti, parole di sincera e profonda gratitudine agli agenti del Commissariato.
La donna è apparsa in forma, con un progressivo mutamento del suo stato d’animo, caratterizzato da un evidente entusiasmo e da una contagiosa solarità. La signora Aurora, insegnante in pensione, spegnerà tra qualche settimana le ottanta candeline e ai poliziotti ha raccontato diversi aneddoti della sua vita, rivivendo, così, alcuni episodi piacevoli della sua giovinezza. Inoltre, ha mostrato alcune foto del periodo dei suoi studi e poi della sua carriera tra le aule scolastiche, sottolineando di avvertire molto la mancanza dell’affetto e del calore che, per anni, le hanno dimostrato diverse generazioni di alunni. Dopo circa un’ora di ricordi e sorrisi, i due agenti del Commissariato di Adrano si sono congedati con la promessa di un nuovo incontro nelle prossime settimane, non prima di esaudire la richiesta della signora Aurora di una foto insieme per ricordare questo momento così importante del nuovo anno.
Palermo, 4 gen. (Adnkronos) - "Con profonda indignazione e immenso dolore, denuncio un orribile atto di violenza che si è consumato a Caltanissetta nei primi giorni del 2025 ai danni di un cane di quartiere, noto per la sua docilità e bontà. Questo povero essere indifeso è stato brutalmente aggredito con un'arma simile a una falce, presumibilmente da mano umana, e il suo corpo reca ferite raccapriccianti che non si vedono neanche nei film più macabri. Attualmente sta lottando per la vita, nella speranza che possa farcela". E' la denuncia di Armando Turturici, Volontario animalista e Consigliere Comunale di Caltanissetta. "Questo nuovo episodio di vile barbarie e cattiveria non può e non deve passare sotto silenzio. Chi si macchia di atti di tale crudeltà verso animali innocenti dimostra un'assenza totale di empatia e rappresenta un pericolo non solo per gli animali, ma anche per la società intera. È scientificamente provato che chi perpetra violenza sugli animali può facilmente rivolgere questa stessa brutalità contro le persone", dice.
"Non possiamo più tollerare queste barbarie e spero che le autorità competenti possano identificare e perseguire con la massima severità i responsabili di questo crimine- aggiunge il consigliere comunale - Occorrerebbe un inasprimento delle pene per chi maltratta gli animali: non possiamo accettare che simili individui - mi viene difficile definirli esseri umani - continuino a vivere impuniti tra di noi. Allo stesso tempo, ribadisco con forza la necessità di affrontare in modo strutturale e definitivo il problema del randagismo a Caltanissetta. È un'emergenza che si trascina da troppo tempo e con conseguenze davvero insostenibili sotto ogni punto di vista. Servono sterilizzazioni, controlli, campagne di sensibilizzazione e collaborazione con le associazioni animaliste". E conclude: "Da parte mia ci sarà sempre il massimo impegno per questa delicata tematica. Giustizia per questo cane, giustizia per tutti gli animali vittime di crudeltà".
(Adnkronos) - Allarme ad Ancona per una fuga di gas dopo un incidente. "Attenzione a Torrette!A causa di un gravissimo incidente stradale e a una significativa fuga di gas sono chiuse alcune strade", si legge in un post pubblicato dal Comune di Ancona su Facebook che aggiunge: "Il blocco stradale è su via Lambro e via Esino: in quell'area si raccomanda di NON USCIRE da casa e di chiudere le finestre. Sono al lavoro i Vigili del fuoco e la Polizia locale. Transitabile la strada per l'ospedale e verso la superstrada", si legge nel messaggio.
Squadre dei vigili del fuoco sono impegnate in via Esino, ad Ancona, dopo un incidente che ha coinvolto tre auto: due le vittime. Durante lo scontro è stata abbattuta una cabina di distribuzione del gas metano in media pressione. , due le persone morte. Interrotta la fornitura di gas all'Ospedale Regionale e alle abitazioni circostanti.
Roma, 4 gen. (Adnkronos) - I primi quattro paradisi fiscali al mondo sono il Principato di Monaco, il Granducato del Lussemburgo, il Liechtenstein e le Channel Islands che sono situate nel canale della Manica. Solo al quinto si trova l'unico paradiso fiscale non europeo di questa black list: le Bermuda. A segnalarlo è l’ufficio studi della Cgia.
Super ricchi italiani e multinazionali che operano nella penisola sono presenti soprattutto a Montecarlo e in Lussemburgo. Siano essi persone fisiche o società, molti contribuenti italiani si sono trasferiti in particolare a Montecarlo e in Lussemburgo. Infatti, circa 8mila connazionali hanno deciso di trasferire la residenza nel Principato di Monaco per via delle tasse zero sul reddito e sugli immobili. Tra questi ci sono grandi imprenditori, sportivi e celebrità dello spettacolo.
In Lussemburgo, invece, si possono trovare ben sei banche italiane, una cinquantina di fondi d'investimento, vari istituti assicurativi e molte multinazionali italiane e straniere che operano nel nostro territorio. Si stima che grazie ai super ricchi con la residenza all’estero, alle manovre borderline delle multinazionali e dei grandi gruppi industriali che si rifugiano nei paradisi fiscali di tutto il mondo, ogni anno 'sfuggono' all'erario italiano circa 10 miliardi di euro.
Per contrastare quei Paesi che applicano alle big company politiche fiscali compiacenti, dal 2024 è entrata in vigore la global minimum tax (gmt). Secondo il dossier curato dal servizio Bilancio della Camera dei deputati, il gettito previsto dalla sola applicazione dell’aliquota del 15% sulle multinazionali sarà molto contenuto. Si stima che nel 2025 il nostro erario incasserà 381,3 milioni di euro, nel 2026 427,9 e nel 2027 raggiungerà i 432,5. Nel 2033, ultimo anno in cui nel documento si stimano le entrate, le stesse dovrebbero sfiorare i 500 milioni di euro.
L’anno scorso la gmt ha interessato 19 Paesi Ue: Spagna e Polonia, invece, l’applicheranno da quest’anno, mentre Estonia, Lettonia, Lituania, e Malta hanno ottenuto una proroga sino al 2030. Cipro e Portogallo, infine, sono chiamate a rispondere alla sollecitazione giunta da Bruxelles che ha recapitato loro una lettera di messa in mora. Appare evidente che per le grandi holding presenti nei in UE rimane ancora la possibilità, almeno per i prossimi cinque/sei anni, di spostare parte degli utili in alcuni paesi membri dove la tassazione continua essere molto favorevole.
A fronte di oltre 17,6 milioni di addetti presenti in Italia, gli occupati nelle multinazionali (siano esse estere o italiane) sono 3,5 milioni, pari al 20 per cento del totale. A livello territoriale tale quota sul totale occupati regionali sale al 24,4 in Emilia Romagna, al 25,1 in Friuli Venezia Giulia, al 25,3 in Piemonte e al 27 per cento in Lombardia. Se, invece, si parla di fatturato, il dato annuo riferito all’intero sistema produttivo del Paese è di 4.322 miliardi di euro, mentre la quota riconducibile alle big company è di 1.975 miliardi di euro.
Ciò vuol dire che quasi la metà del fatturato prodotto dalle imprese private nel Paese, per la precisione il 45,7%, è ascrivibile alle nostre multinazionali o a quelle estere che hanno delle società controllate che operano in Italia. Su base regionale, tale dato aumenta al 49,8% in Friuli Venezia Giulia, al 51,8% in Liguria, al 52,6% in Lombardia e addirittura al 66,9% nel Lazio.
Palermo, 4 gen. (Adnkronos) - La Procura di Palermo ha iscritto nel registro degli indagati due persone ritenute gli assassini di Piersanti Mattarella, l'ex Presidente della Regione siciliana, ucciso il 6 gennaio del 1980 a Palermo sotto gli occhi della moglie Irma e dei figli, Bernardo e Maria. Secondo quanto scrive oggi Repubblica, ci sarebbe una svolta nell'inchiesta riaperta sull'assassinio del politico, fratello del Capo dello Stato, Sergio Mattarella. I due indagati sarebbero"soggetti legati alla mafia accusati di essere i sicari dell'esponente della Dc", scrive il quotidiano. Per l'omicidio Mattarella sono stati condannati solo i mandanti, i componenti della Cupola di Cosa nostra, mentre sono stati assolti Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini, che erano finiti sotto inchiesta con l'accusa di essere i killer dell'ex governatore. Ad ipotizzarlo era stato il giudice Giovanni Falcone che indagò sul delitto eccellente. "L'assassino di Mattarella - si legge nel'articolo - è a volto scoperto e viene visto da almeno 5 testimoni: è un uomo sui 25 anni, con l'aspetto da bravo ragazzo, altro circa un metro e settante. Corporatura robusta, capelli castani. La vedova di Mattarella aiuta a disegnare l'identikit e poi riconosce il capo dei Nar, Valerio Fioravanti, nelle foto pubblicate dopo l'arresto, come una persona molto simile a lui". Adesso la Procura di Palermo ha raccolto "nuove rivelazioni, nuovi dati e riscontri che rafforzano il quadro dell'accusa nei confronti dei nuovi indagati".
Washington, 3 gen. (Adnkronos/Afp) - Il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump, condannato in primavera da un tribunale penale di New York per aver effettuato pagamenti occulti alla pornostar Stormy Daniels, conoscerà la sua pena il 10 gennaio, ossia 10 giorni prima del suo insediamento alla Casa Bianca (previsto per il 20 gennaio). Lo ha deciso il giudice della Corte suprema statale, Juan Merchan, il quale ha dichiarato che non intende condannare Trump al carcere.
Trump dovrà "comparire in aula il 10 gennaio 2025", ha ordinato Merchan in un'ordinanza nella quale ha specificato di non essere "propenso a imporre una sentenza di incarcerazione" all'uomo che diventerà il 47esimo presidente degli Stati Uniti.
La decisione del giudice di New York "è un attacco all'immunità presidenziale", ha affermato un portavoce del tycoon repubblicano, Steven Cheung.