A Hollywood è arrivata la crisi, e anche James Bond non si sente troppo bene. Dopo 22 film, il primo nel 1962, Licenza di uccidere, l’ultimo nel 2008, Quantum of Solace, 5 interpreti prima dell’attuale, la serie cinematografica più longeva della storia si prende una pausa indefinita. Le riprese erano fissate inizialmente per la primavera 2010, l’uscita prevista nel 2011, il cast ormai completo (Daniel Craig, Rachel Weisz nei ruoli principali, Sam Mendes alla regia). Poi la doccia fredda annunciata dai produttori a due riprese. Sospensione temporanea ad aprile, definitiva a luglio. Del progetto rimane solo un nome enigmatico: Bond 23.
Nonostante il mistero avesse circondato i primi passi della nuova pellicola, cominciava anche ad emergere qualche particolare della storia. Le rivelazioni più ghiotte erano arrivate dal blogger James Mason, che rivelava: “Il titolo di lavoro è The Property of a Lady. Prendendo il nome da Maria Fredenstein e dall’ambientazione in una casa d’aste che si trova in un racconto di Ian Fleming (contenuto in Solo per i tuoi occhi), il nuovo Bond, cambierà i soliti schemi della storia. Sembra infatti che Bond apprenda fin dall’inizio che Quantum domina già il mondo. Da qui il titolo: la proprietà della Signora è il mondo intero”. Il post ha circolato qualche giorno, poi però è scomparso insieme a tutto il blog, poco prima dell’arrivo dei guai della produzione. Le indiscrezioni rese pubbliche, si sa, non piacciono ai servizi segreti.
Vero è che il suicidio cinematografico di Bond ha un colpevole: la Metro Goldwyn Mayer, che un lento declino partito dagli anni ’70 ha portata sull’orlo del baratro. La situazione finanziaria parla da sé: quasi 4 miliardi di dollari di debiti, la dichiarazione dell’impossibilità di andare avanti così da parte dei creditori lo scorso novembre, e il tentativo di venderla all’asta. Ma nonostante qualche timido accenno di interesse da parte di Time Warner, del magnate russo Leonard Blavatnik, e di Lionsgate, che quasi subito ha ritirato l’offerta, si è ancora lontani dal prezzo stabilito per non far stramazzare al suolo il leone un tempo ruggente.
Come accoglie la notizia della sospesa produzione il “nostro” Bond? “Mi dispiace innanzitutto per il cast”, ci risponde Francesco Prando, voce italiana di Daniel Craig. “Capisco anche le difficoltà del nuovo film: mentre Casino Royal è andato molto bene, di Quantum of Solace purtroppo non si può dire altrettanto”.
Dopo averci ricordato quanto è lunga la trafila arrivare a doppiare 007, chiediamo a Prando se ha qualche rimpianto per la nuova immagine di Bond, così diversa da quella del passato. “Avrà perso la sua eleganza britannica, ma ci ha guadagnato in umanità. È un personaggio che sbaglia, è violento, entra nel bar e dice “dammi da bere, chi se ne frega che cosa”, perché ha le sue delusioni e i suoi momenti no. Trovo che l’interpretazione di Craig sia andata a rompere degli schemi, creando qualcosa di nuovo”.
È vero comunque che se il destino di Bond 23 appare segnato, sul futuro della serie cinematografica non è ancora detta l’ultima parola. Le vicissitudini delle passate produzioni incoraggiano almeno un po’ di ottimismo. Dopo l’uscita di Licenza di uccidere nel 1989, sono dovuti passare sei lunghi anni prima di rivedere James Bond al cinema. Solo nel ’95 infatti è arrivato Golden Eye. L’agente 007 aveva cambiato volto, passando da Timothy Dalton a Pierce Brosnan, ma restava sempre pronto a sbaragliare nemici dell’umanità e conquistare donne inarrivabili per i comuni mortali.
Al momento di tutto il lavoro fatto e da farsi non rimane che una sigla. Dopo 007, Bond è diventato un anonimo numero di film-che-non-c’è. Magari anche questo potrebbe essere meno drammatico di quel che sembra. Quando il leone della MGM riprenderà a ruggire, qualcuno potrebbe accorgersi che Bond 23 non è un titolo proprio da buttare via.