Secondo la nota dinamica, il sollievo viene dopo lo sforzo, il vuoto dopo il pieno e prima di un altro pieno. L’allegria quando sei sereno. Il riposo dopo il lavoro. Spendere dopo aver guadagnato.
Un godibile presente quando il futuro non ti angoscia.
E allora la domanda è: come andranno in vacanza quest’anno, la maggior parte degli italiani?
Tutti i disoccupati, i precari, i contratti a termine non rinnovati, i cassintegrati, tutti i “tagliati” della scuola, della cultura, dello spettacolo: con che spirito si apprestano al viaggetto, alla villeggiatura, allo spostamento?
Con che spirito, con che umore, con che soldi?
Certo che “la vacanza” è un bisogno indotto. Come tanti altri. Ma possiamo farne a meno? Più la quotidianità ti impantana in un vischioso malumore, fatto di attesa e di preoccupazione e più forte senti il bisogno di chiamarti fuori, magari soltanto per una settimana, cambiare scenario, cambiare aria, cambiare rituali.
E poi: ad agosto l’Italia si ferma. Il telefono non squilla, i negozi chiudono. Ti senti strano a non partecipare alla fuga generale. E’ come restare indietro, mentre le truppe spostano il loro volume di fuoco sui misteriosi avamposti marini. O montani.
O delle “città d’arte”.
E’ la dittatura del consumo, cascame degli ormai lontani “beati anni del benessere”?
Oppure è una necessità primaria, la vacanza, proprio quando tutto sembra sul punto di deflagrare. Dunque: la classe dirigente ha mostrato il peggio di sé per tutta la stagione trascorsa (autunno/inverno e maledetta primavera) l’opposizione pesta l’acqua nel mortaio e trovare un appiglio per ricominciare a progettare pare impossibile. Che cosa ci resta da fare?
Forse proprio soltanto partire.
Portare la povertà in vacanza.
Per esempio: riprendere a viaggiare in autostop.
Inalberare questo cartello: “Crisi economica. Mi dai un passaggio?”
Lasciarsi portare dove va la macchina che si ferma. E poi quella dopo, e poi quella dopo…
Arrivati ad un luogo di gradimento: sistemarsi col sacco a pelo in una spiaggia, in un parco, in un bosco.
Inalberare questo cartello. “Crisi economica: e per tetto un cielo di stelle”
Si tratta di una condizione condivisa. Fornelletti da campo, pane e prosciutto, sole, nuotare. La spiaggia è di tutti. E così il mare. Non costa. Forse, on the road, si può ritrovare perfino un po’ di solidarietà. Un qualche noi. Magari: noi poveri.