Oggi sono orgoglioso di presentarvi le Mama’s gan.
Mama’s gan è un duo umbro che dal 2000 sperimenta un linguaggio musicale di vibrazione poetica molto intensa, vibrante, mai banale che si poggia su un substrato culturale di grande spessore, ma anche su una spontanea gioia e il più irrefrenabile desiderio di incidere come un marchio indelebile i propri sentimenti e le proprie emozioni.
Grazie alle molteplici possibilità vocali e quelle pianistiche, Laura ZogaroS Montanari ed Eleonora Beddini percorrono generi e forme disparate, dalla canzone d’autore all’improvvisazione fino a comprendere in un tutt’uno le altre arti quali il teatro, la danza e la poesia.
Una ricerca poetica la loro, che basta ascoltare l’album per percepire una forte tensione ed una naturalezza a versificare non comune con una lirica che affronta temi impegnativi con la stessa vibrazione poetica, mai scontata, con parole e termini ricercati, seppur mai gratuiti ma anche con intermezzi giocosi talvolta graffianti. Insomma, un album tutto da ascoltare consigliato a chi ama l’arte a 360 gradi.
Ma andiamole a conoscere più da vicino…
Come nascono le Mama’s gan e da cosa deriva il nome?
Il progetto ha preso avvio nel novembre del 2000, mese in cui è uscito il disco di Erykah Badu intitolato Mama’s gun. L’ho immediatamente regalato ad Eleonora e abbiamo preso in prestito il titolo del disco, anche se in fondo non ci rispecchiava affatto! Nei Festival dove ci invitavano a suonare la gente si aspettava una band blues, funky… ed invece arrivavamo noi, voce e piano di matrice classica. Andò avanti così per qualche anno finché Laura ebbe una folgorazione, sostituire la “U” con la “A”. Controllando sul dizionario inglese, GAN in antico anglosassone è il participio passato del verbo to gin (to begin), iniziare, dare avvio. Essendo un duo femminile (e spesso femminista) il significato “la donna (mama) ha dato avvio” ci piaceva. Per questo abbiamo voluto far uscire il disco il 2 giugno, giorno in cui le donne hanno votato per la prima volta nel nostro Paese. Con una nota a pié di pagina: il Fascismo non è un fenomeno femminile, ma figlio della nostra cultura patriarcale.
Già, il 2 giugno scorso è uscito (autoprodotto) il vostro primo album. Qual è il significato del titolo dell’album?
Il termine “Watcher’s Songs” proviene dalla tradizione dei Minnesinger, cavalieri, poeti-musicisti germanici, i quali erano soliti cantare l’amore – Minne – e la cui scuola si diffuse tra il XII e il XIV secolo; i testi dei Minnelieder includevano raffigurazioni dello splendore e la freschezza della primavera. Tra le liriche che componevano vi erano anche le cosiddette Tagelied, o Watcher’s songs, cantate dall’amico fedele che stava di guardia e avvertiva gli amanti dell’imminente arrivo dell’alba. Ci piace pensare che il suono di questi brani rifletta quest’esatto, e insieme vago momento.
In tempi di crisi e di download selvaggio come procede la vostra vita artistica e quali sono le vostre ambizioni?
E’ un tempo difficile per la musica, un cambio epocale forse. I dischi costano troppo, se ne vendono sempre di meno. Ma i cd costano troppo anche per colpa dei consumatori! Insomma, come è risaputo, ci troviamo in un vero e proprio circolo vizioso. Ora è dilagante il fenomeno della vendita digitale, che ha un costo (per la produzione) ben ridotto, e anche il costo effettivo di acquisto è minore. Anche se, come è chiaro, il cd fisico ha tutto un altro ‘sapore’. Noi, che come molti altri in questo periodo difficile, ci siamo autoprodotte, e abbiamo voluto affiancare alla vendita digitale la stampa di un certo numero di copie fisiche, che vendiamo per lo più nei concerti, dove la gente viene ad ascoltarci e c’è scambio di comunicazione.
Il vostro è un lavoro molto fine e un genere destinato a una nicchia. Come nasce l’idea di accorpare le diverse forme d’arte e a cosa vi ispirate?
Io (Laura) provengo dal mondo del teatro e della danza, mentre Eleonora ha lavorato molto per il teatro, come performer, compositrice ed interprete dal vivo di musiche di scena. Per noi è persino difficile scindere quello che è teatro e quello che è musica. Pensiamo siano due arti sceniche che in fondo si assomigliano e che spesso corrono insieme. Nel 2005 abbiamo anche scritto e diretto uno spettacolo teatrale (“Corografia e catarsi“) di cui siamo molto fiere, con il quale abbiamo vinto il premio del pubblico e la menzione della critica al Festival “Ermo Colle” di Tizzano Val Parma.
Come promuovete il vostro lavoro. Qual è il vostro rapporto con la Rete?
Nei primi anni abbiamo partecipato a molti concorsi nazionali per giovani cantautori, abbiamo anche vinto alcuni concorsi importanti (Premio Bianca D’Aponte, Ritmi Globali Europei, Un Mare di Donne). Dall’avvento di MySpace, Facebook, YouTube la nostra promozione, i nostri contatti, il nostro rapporto con il pubblico passano maggiormente da lì.
Riuscite quindi ad aver un contatto diretto con il pubblico?
Ovviamente sì, è una delle cose che amiamo di più. Il nostro non è un progetto non destinato alle classifiche. Il tentativo è proprio quello di arrivare – con i suoni, con i corpi – emozionare, suggerire immagini, reminiscenze. Siamo artigiane da bottega che tentano di foggiare il bello e di restituirlo altrove.
Fino ad ora qual è la vostra principale gratificazione che avete avuto dalla musica?
Pensiamo il disco stesso, che abbiamo partorito dopo 10 anni di ricerca del nostro suono, della nostra identità, della nostra strada. E di averlo realizzato nello studio del M° Marco Biscarini (autore della colonna sonora del film L’Uomo Che Verrà, ndr), ricevendo la sua benedizione e approvazione.
E il momento migliore per ascoltare la vostra musica?
Forse al tramonto e in solitudine. Negli istanti più immobili. Molti affermano di averci ascoltato con trasporto in momenti di profonda malinconia.
Cosa avete in programma (concerti, nuovi album, tournée)?
Abbiamo ancora qualche concerto interessante quest’estate e un altro tour promozionale quest’inverno che ci porterà ad Aversa, Bologna e Torino. Ovviamente stiamo già progettando il nuovo disco: i brani sono quasi tutti pronti.