In esubero o in soprannumero per via dei tagli della Gelmini. Hanno perso la possibilità di insegnare, ma non il posto: che faranno ora?
Sono almeno 10 mila i docenti in esubero o in soprannumero nelle scuole italiane. Insegnanti di ruolo che, per via dei tagli, hanno perso la cattedra, ma non il posto. Che faranno ora? A poco più di un mese dall’inizio del nuovo anno scolastico la loro sorte è ancora campata per aria. Soprattutto per gli esuberi delle classi intermedie degli istituti tecnici e professionali. Sono più della metà del totale, ma sono sotto la spada di damocle di un ricorso dello Snals accolto dal Tar del Lazio che ha dichiarato illegittima la circolare con cui il ministero ha disposto i tagli.
Una decisione che di fatto ha paralizzato tutte le operazioni per sistemare i docenti che hanno perso la cattedra. Negli uffici delle direzioni scolastiche regionali sono stati di fatto dirigenti e impiegati perché “entro il 15 di agosto – ha detto il capodipartimento Cosentino ai responsabili degli uffici – gli organici dovranno essere rimessi a punto”. Un’espressione ambigua, in attesa di istruzioni che ancora devono essere impartite. Insomma si sta lavorando invece che andare in ferie, ma si naviga a vista. Senza sapere quali saranno gli obiettivi da raggiungere. Così i “soprannumerari” aspettanno e non sanno che fine faranno. Si cercherà con loro di coprire innanzitutto le cattedre vuote, che tuttavia grazie ai tagli sono poche e sono dislocate soprattutto al Nord. E gli altri, la maggioranza? Potranno chiedere di essere utilizzati ad esempio per assistere gli studenti disabili, Ma con che preparazione specifica? Nessuna. Ma si dà per scontato che la maggioranza sceglierà di restare nella scuola dove attualmente lavorano e dove tuttavia non hanno più la cattedra. Con un paio di prospettive: stare a disposizione per le supplenze o per attivare nuovi progetti. Insomma a fare da tappabuchi.
Un’operazione che certo mortifica le esperienze acquisite, che demotiva ulteriormente una categoria per molti versi da tempo depressa, e che comunque mantiene costi che non hanno alcuna motivazione. Questa è una delle conseguenze certe della cosiddetta riforma Gelmini-Tremonti: risparmi sicuri su attività spesso necessarie (vedi i tagli sul tempo pieno alle elementari), e sperperi immani per attività inventate. Davvero un governo della scuola che non va verso la qualità.