Adesso non me devo più vergognà colle amiche mie intellettuali, quando vado dalla parrucchiera: “E st’omo tuo, Elisabbè, parla parla, ma alla fine non conclude…” Non conclude ‘n cazzo!, je dico la prossima vorta che le vedo! Te ne dovevi annà subbito, dopo quella porcata che me fecero a me a Striscia la notizia coi firmini de Gaucci.
La verità e che se eravamo già sposati, si t’avevo già ripulito come ho fatto mo’, le comiche finali dovevano finire subbito, il giorno del Predellino. E’ stato ‘no strazio, vive‘ ‘sti du’ anni co’ la morte ner core. E’ stata dura, Gianfrà, venitte a sentì in quel terificante congresso alla fiera de Roma: io nun te capivo, ma te so’ stata al fianco, perché so’ la donna tua, c’abbiamo due pupe fatte insieme.
E’ stata dura ritrovasse su Novella 2000, io co’ na mano che me sistemo er perizoma, tu con l’attrezzo de fori. Ma siamo andati avanti lo stesso.
Tutti che se stanno a fà le domande sulla biografia politica tua, sul perché e sul percome dei tuoi cambi di linea. Me fanno ride. Ma che state addì? Nun la capite la cosa più semplice: la svolta della bioetica la devi alla Prestigiacomo. Le fascisterie e le sparate contro i maestri gay a quella coatta della tua prima moglie Daniela. La svolta progressista di questi anni, cravatte a parte, la devi tutta a me. Semplice, no? Io non so come finirà questa nostra storia. So che stai a pagà anche pe’ mi fratello, e me dispiace. Ne sa quarcosa mi madre che s’è dovuta intestà le società delle fiction, da prestanome, e poi è finita sui giornali. Ne sai qualcosa tu, che mo’ te stanno sur collo su sta storia dell’appartamentino di Montecarlo.
A Gianfrà, te posso dì na’ cosa? Nun jarisponne tu a Feltri e a Belpietro. J’arisponno direttamente io come se meritano: mannandoli affanculo, direttamente, e senza passà dar via.
di Elisabetta Tulliani
(testo raccolto in sogno da Luca Telese)
Da Il Misfatto del 1 agosto 2010