E’ uno di quegli appuntamenti che non si possono perdere, perché destinati a segnare – “in un momento drammatico per l’Italia”, come sostiene la Cei – il giro di boa del quadro politico. Domani pomeriggio, nell’ufficio del presidente della Camera, durante la conferenza dei capigruppo, il “caso Caliendo” potrebbe diventare il primo banco di prova per la maggioranza dopo lo strappo di Fini. E non lo dicono solo gli uomini fedeli al Cavaliere, lo dicono soprattutto i finiani.
Se, insomma,domani verrà calendarizzata la mozione di sfiducia chiesta da Pd e Idv per il sottosegretario alla Giustizia dopo la sua iscrizione al registro degli indagati per l’affaire P3 con l’accusa di violazione della legge Anselmi, si aprirà di fatto la sfida lanciata dal Cavaliere ai “traditori” di “Futuro e Libertà”. Il messaggio è chiaro: avete giurato che non tradirete il governo – ecco cosa pensa Berlusconi – vediamo cosa fate con la testa di Caliendo. Di fatto, una conta. Pare che il premier sia disposto a sacrificare un altro sottosegretario pur di obbligare i finiani ad uscire allo scoperto. Anche perchè “non siamo disponibili a farci cuocere a fuoco lento – avverte Cicchitto – facendoci condizionare di volta in volta su ogni provvedimento. Se così, si dovrebbe subito tornare a votare”. “Se si andrà al voto – giura il transfuga Benedetto Della Vedova – si vedranno i numeri”. Ovvero, quali? I finiani non scoprono le carte. “Questione di strategia”, sibila uno di loro. In verità, quando è arrivato l’avviso di garanzia, molti finiani avevano invitato il sottosegretario alle dimissioni – come avvenuto con il ministro Brancher e il sottosegretario Cosentino – avvertendo che in caso di votazione avrebbero sostenuto la mozione dell’opposizione. Caliendo, ancora venerdì nell’interrogatorio in procura, ha ribadito l’intenzione di restare al governo.

E più volte il ministro Alfano gli ha confermato anche in Parlamento la fiducia. Ora la palla sta a Berlusconi, chiamato a caldeggiare la decisione di dar seguito alle richieste di sfiducia. Pare che il Cavaliere non voglia aspettare. Perché la questione di Caliendo gli consente di andare subito alla conta dei finiani. E se questi diranno sì alle dimissioni di Caliendo, si potrebbe sancire la crisi anche parlamentare della maggioranza con conseguente salita di Berlusconi al Quirinale. I finiani si spingeranno fino ad aprire la crisi di governo in pieno agosto dopo aver “giurato” di sostenere lealmente l’esecutivo come da mandato? Ecco la sfida di Berlusconi. Il Cavaliere sa che dei 33 finiani del Fli alla Camera, solo 18 si possono considerare “pasdaran” del presidente della Camera. Gli altri 15 sono meno convinti. E davanti alla prospettiva di uscire la Parlamento per una crisi propedeutica a nuove elezioni, non farebbero mancare il loro voto contrario alla sfiducia a Caliendo. Consentendo – anche – a Berlusconi di dare inizio alla gogna mediatica contro Fini all’urlo di “traditore” con sondaggi “al 2%” e un “gruppo parlamentare che non controlla”.
Un lento logoramento da contrapporre a quello finiano basato sui temi della legalità e della questione morale. Fino a quando non si sarà concretizzata la strategia di mostrare Fini come “l’uomo che voleva rovesciare il governo per contro delle procure” all’elettorato del Pdl. Berlusconi conta di arrivare a “schienare Fini” entro dicembre, quando la Consulta dovrebbe bocciare il legittimo impedimento. E poi via, verso le elezioni anticipate a marzo 2011. Ma è un percorso pieno di insidie. E la prima si chiama Quirinale. Il Capo dello Stato segue con attenzione l’evolversi del divorzio nel Pdl, ma attraverso i suoi ambasciatori, ha già fatto sapere che non appoggerà nessuna crisi al buio né la formazione di un governo “tecnico” per la sola modifica della legge elettorale. Se non c’è più la maggioranza – questo sarebbe il pensiero di Napolitano – si va alle elezioni. Ecco perché la sfida lanciata contro i finiani da Berlusconi è spietata. A partire da Caliendo.

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