L’Italia vive nelle gambe e sulle spalle delle persone normali, che ogni giorno, fuori dal Grande Circo Mediatico, lasciano briciole di umanità dietro di sé come tanti piccoli Pollicino della quotidianità.
Vivono il loro tempo con dignità, trasparenza, divertimento e leggerezza, sballottati da una parete all’altra del giorno da un modello di sviluppo che ci vorrebbe tutti quanti arrivisti, soli, egoisti.
Corrono come palline impazzite in un flipper per tenere in fila ogni cosa, mantenere un instabile equilibrio fatto di lavoro precario, rapporti difficili, futuro incerto. Eppure ce la fanno, ogni giorno, e costruiscono un passo alla volta una prospettiva, un lavoro, una famiglia.
L’Italia vive nelle gambe e sulle spalle di persone incazzate e attive, che hanno scelto cioè di accompagnare al grido di dolore e allo sconforto per l’ennesima inguistizia subita l’alternativa, una forma di lotta e un nuovo paradigma esistenziale.
Nascono da qui alcune delle migliori esperienze di protesta e di proposta degli ultimi 15 anni: dai NO TAV agli altermondialisti, dalla lotta contro il Ponte sullo stretto di Messina alle cooperative che gestiscono i terreni confiscati alla mafia, dall’opposizione consapevole contro le cosiddette grandi opere ai comitati per ottenere verità e giustizia sulle tante pagine nere di questo nostro Paese…
L’Italia vive nelle gambe e sulle spalle di centinaia di amministratori pubblici, funzionari dello Stato, magistrati, medici e infermieri, insegnanti e ricercatori, che non hanno creduto al Grande Incantesimo Collettivo del Privato e del Mercato, che non hanno ceduto al ricatto del qualunquismo e dell’inerzia, ed hanno continuato a servire uno Stato che ha spesso loro voltato le spalle, rendendolo ogni giorno migliore grazie al proprio lavoro, al proprio indispensabile senso di responsabilità.
L’Italia vive nelle gambe e sulle spalle di centinaia di esperienze virtuose che trasformano le comunità locali in altrettanti punti di eccellenza sparsi come coriandoli nei territori, fuori e dentro le istituzioni: banche del tempo, enti pubblici, gruppi di acquisto, reti di economia solidale, cooperative sociali, associazioni ambientaliste, parrocchie, mercatini del baratto e del riuso, filiere corte, ecc…
Dimostrano da tempo quanto decrescita, sobrietà e buon senso non siano parole morte dentro la bocca di un qualche intellettuale salottiero, o di un politico trombato in cerca di nuova gloria: rappresentano concretamente l’unica via da intraprendere e l’unica strada vincente per ridurre l’impronta ecologica, migliorare la qualità della vita e contribuire all’accrescimento di comunità partecipare, inclusive e solidali.
L’Italia vive nel cuore delle nostre emozioni, nella nostra capacità di fare rete, contaminarci, valorizzare quanto di buono si sta facendo in giro per il Paese: dobbiamo forse solo abituarci a riconoscerci, imparare ad annusarci e a piacerci, giorno per giorno, un progetto per volta, come abbiamo fatto nella raccolta firme per i 3 referendum per l’acqua pubblica.
L’Italia vive dunque, nonostante tutto, nonostante soprattutto una classe dirigente del tutto inadeguata, inefficace e impreparata a questa assurda modernità che hanno in parte contribuito a realizzare.
Ora noi la dobbiamo distruggere, costruendo. Lo stiamo già facendo, da un sacco di tempo. Serve solo un piccolo sforzo in più per riconoscerci, e andare avanti insieme.
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