Cinque major europee tra cui le italiane Ubi e Intesa Sanpaolo finiscono nel mirino degli speculatori al ribasso: gli stress test non convincono del tutto
Stress test positivi, euro in rimonta sul dollaro, allarme debito in via di ridimensionamento. Nelle ultime settimane le prospettive di ripresa hanno riportato una certa fiducia nel mercato europeo. Peccato che questo moderato entusiasmo rischi ora di essere travolto da un pericolo concreto: lo spettro di una nuova e significativa crisi bancaria. A lanciare l’allarme è stato il fondo speculativo Noster Capital, un hedge di base a Londra. Le banche europee, sostengono i suoi analisti, fronteggiano ancora oggi svariate minacce e gli esami di solidità, cui si sono recentemente sottoposte, potrebbero essere scarsamente indicativi.
Pervaso dalle proprie convinzioni, Noster si è già mosso di conseguenza attuando una delle strategie preferite da ogni hedge che si rispetti: la vendita allo scoperto. Il sistema è semplice quanto diffuso: pagando una commissione si prendono in prestito titoli che non si possiedono per poi venderli e successivamente riacquistarli sul mercato. Se, nel frattempo, il valore del titolo è sceso lo speculatore realizza una plusvalenza. E’ la classica scommessa al ribasso, quella, per intenderci, capace di alimentare forti perdite quando sostenuta da massicci investimenti. Fin qui nulla di strano se non fosse per gli obiettivi delle puntate ribassiste. A finire nel mirino di Noster, infatti, non è stata qualche disgraziata banca portoghese né tantomeno qualche martoriato istituto greco. Al contrario, l’oggetto di scommessa sono stati cinque colossi europei di prima categoria: la britannica Barclays, la spagnola Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (Bbva), la svizzera Ubs e le italiane Ubi e Intesa Sanpaolo.
“Due mesi fa erano tutti presi dal panico per la crisi dei debiti sovrani – ha dichiarato il Ceo di Noster Pedro Noronha al quotidiano britannico Daily Telegraph – adesso, invece, sembra che ognuno si prepari ad andare in vacanza mentre tutto va bene”. Ma ovviamente, giura Noronha, la realtà è ben diversa. A far paura ci sono in primis le esposizioni verso un mercato immobiliare americano ben lungi dalla guarigione e più vicino, forse, a un nuovo collasso. Per le banche italiane, invece, i pericoli verrebbero dalla debolezza della ripresa economica nazionale e dalle sofferenze sui mercati dell’Europa dell’Est.
Non è detto, ovviamente, che in tanti decidano di seguire l’esempio di Noster generando così una reazione a catena capace di penalizzare fortemente i grandi istituti del Continente. Ma le scelte operate dall’hedge, intanto, hanno già ottenuto il risultato di mandare un eloquente segnale agli investitori, rilanciando, al contempo, il dibattito sull’effettiva utilità degli stress test bancari. Il buon esito dell’esame sulle finanze degli istituti continentali (7 bocciati su 91) non ha infatti convinto una parte degli osservatori. Sotto accusa la scelta dell’Europa di escludere dall’esame le perdite sulle obbligazioni governative “in deposito”, vero e proprio tallone d’Achille di molti istituti. Se fossero state prese in considerazione, hanno riferito negli scorsi giorni gli analisti di Citigroup, avrebbero decretato la bocciatura di ben 24 banche. Tra queste anche l’italiana Monte dei Paschi.