L'imprenditore Kenny Huang sta tentando la scalata al club inglese. Ma secondo il quotidiano "Times" dietro la sua offerta di acquisto c'è un fondo sovrano di Pechino
La Cina vuole comprarsi il Liverpool. È la notizia con cui i tifosi si sono svegliati stamattina. Secondo due dei maggiori quotidiani nazionali, Times e Guardian, il governo cinese è interessato all’acquisto del club britannico, oberato di debiti: dietro all’offerta dell’imprenditore Kenny Huang ci sarebbe infatti il fondo sovrano China Investment Corporation.
I problemi che hanno convinto la proprietà a vendere il Liverpool sono diventati evidenti ad aprile. Quando i soldi mancano e le prospettive sono poco rosee, non è facile trovare vie d’uscita immediate. E in questo caso la cifra non è da poco: oltre 200 milioni di sterline, che i proprietari americani Tim Hics e Gorge Gillett devono alla creditrice Royal Bank of Scotland. Nonostante siano arrivate offerte interessanti da Stati Uniti e Kuwait, è proprio la proposta cinese a sembrare in ottima posizione per vincere la partita. Con un’offerta tra i 300 e i 350 milioni di sterline, la promessa di rinnovare e ampliare lo stadio, i colloqui già avviati con l’allenatore Roy Hodgson, le rassicurazioni a Fernando Torres, nazionale spagnolo e una delle star della squadra, di un brillante futuro insieme, Kenny Huang sembra aver sbaragliato la concorrenza. I commenti ufficiali latitano, ma Times e Guardian non hanno aspettato a dare la notizia. Segno che l’atto ufficiale è ormai vicino.
I Reds non sono certo la prima squadra della Premier Leage inglese a ricevere l’apporto di capitali stranieri. Americano il Manchester United guidato sin dal 2005 da Malcom Blazer, come anche l’Aston Villa, di proprietà del magnate Randy Lerner. L’uomo d’affari cinese Carson Yeng per arrivare al Birmingham City F.C. si è dovuto inventare un espediente attraverso una Holding alle isole Cayman, mentre il magnate russo Roman Abramovich guida il Chelsea.
La novità non sta dunque nella globalizzazione del pallone, in un mercato, come quello britannico, già aperto ai capitali stranieri, quanto piuttosto nel soggetto che conduce l’operazione finanziaria: non un privato, ma la longa manus del governo cinese.