Negli Stati Uniti i diritti costituzionali sono inviolabili. O almeno ci si può battere per la loro salvaguardia. Così il divieto di nozze alle coppie gay viene dichiarato incostituzionale da una sentenza. E, se il governo pensa di consentire all’Fbi di controllare Internet, subito insorgono le associazioni a difesa dei diritti civili e della privacy.

La storia è questa: l’amministrazione Obama ha chiesto al Congresso di approvare un provvedimento che consentirebbe all’Fbi di accedere ai tabulati relativi al traffico internet di chiunque, senza dover richiedere un preciso mandato alla corte. Il tutto è descritto da quattro semplici parole, electronic communication transactional records. L’amministrazione intende aggiungerle alla lista di informazioni che l’Fbi può acquisire senza autorizzazione preventiva del giudice, per includere i dati relativi alle email (mittente, destinatario, orario di scambio mail) e la storia delle pagine consultate via Google. Il contenuto delle mail, invece, resterebbe privato. Questo provvedimento aggiungerebbe un enorme potere di controllo all’Fbi che già ora, grazie all’invio di National security letters (Nsl, lettere di sicurezza nazionale), può richiedere i dati personali di un individuo ad organizzazioni come le compagnie telefoniche. Senza che un tribunale debba dare la sua approvazione e senza che l’organizzazione possa rivelare di essere stata interrogata. Fra il 2003 e il 2006, secondo un rapporto ufficiale del 2008, sono state emesse oltre 192mila Nsl, di cui molte non avrebbero avuto alcuna giustificazione legale.

Abbastanza, insomma, perché la norma appena proposta sul controllo delle mail faccia storcere il naso a tutti coloro che credono nel rispetto della privacy e dei diritti civili. “L’idea che possa essere concesso maggior potere all’Fbi è, per usare un eufemismo, sconvolgente”, ha detto Shahid Buttar, direttore esecutivo del Bill of Rights Defense Committee. Ad “allarmare” oltremodo gli oppositori del provvedimento è il fatto che il direttore dell’Fbi Robert Mueller ha confermato che, per mettere in atto la sorveglianza sulle email, non sarà necessario nessun sospetto specifico. Ammissione arrivata, tra l’altro, tardivamente, perché, in un primo colloquio con il senatore Dick Durbin, Mueller aveva fatto riferimento a precise circostanze di “sospetto” per poter procedere con i controlli. Ciò che Buttar contesta in particolare è il fatto che il provvedimento, senza portare nessun beneficio alla lotta al terrorismo, servirebbe solo a generare un enorme database, lesivo dei diritti di privacy dei cittadini. Vale la pena ricordare che, sebbene in un contesto “locale”, il governatore dello Stato di New York David Paterson qualche settimana fa, fra il plauso delle associazioni a difesa dei diritti civili, ha firmato un provvedimento che vieta alla polizia dello stato di conservare in archivio dati relativi a persone fermate per qualsiasi tipo di controllo e trovate innocenti. Paterson, motivando la sua decisione, aveva proprio specificato che l’archivio della polizia, con i nomi di persone innocenti, avrebbe costituito una violazione della privacy.

C’è da aspettarsi che la battaglia sarà lunga. Già la scorsa settimana una cinquantina di attivisti dei diritti civili hanno inviato una lettera al Congresso per chiedere una maggiore trasparenza e un allargamento dei limiti legislativi al potere dell’Fbi.

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