Un lento e inesorabile affondamento che rischia di dar vita ad un altro disastro ecologico.
Appare inevitabile, secondo le autorità indiane, il destino del cargo Msc Chitra, scontratosi sabato scorso con un’altra nave panamense al largo della costa di Mumbai con a bordo un carico di 1.200 container contenenti sostanze chimiche e centinaia di tonnellate di carburante.

In seguito alla prima inclinazione dell’imbarcazione, già 400 i barili caduti in mare mentre la fuoriuscita di 50 tonnellate di combustibile ha dato vita ad una chiazza di petrolio di diversi chilometri che minaccia la costa indiana. Per cercare di contrastare il rischio di una marea nera, grandi quantità di solventi vengono gettate in mare dalla guardia costiera indiana mentre sono bloccate tutte le operazioni nel porto di Mumbai e vietata la pesca nell’area.

“Lo stato del Maharashtra ha intrapreso azioni legali contro i proprietari delle due imbarcazioni” ha affermato il Ministro dell’Ambiente Jairam Ramesh mentre cresce l’allarme nella comunità degli oltre 800 mila pescatori della zona per le disastrose conseguenze del danno ambientale sull’economia locale.

“Oltre seimila pescatori che possiedono piccole barche sono minacciati di fare la fame, per il fatto che lavorano e guadagnano su base quotidiana. La fuoriuscita di petrolio condanna il loro commercio e sono bloccati in casa da tre giorni”, ha dichiarato ai quotidiani locali, Damodar Tandel, rappresentante della Maharashtra Fishermen’s, chiedendo al governo di adottare compensazioni adeguate alla portata del disastro.


In base alle prime notizie sullo stato del cargo, anche l’incidente del Msc Chitra rischia di aggiungersi alla lunga lista di disastri annunciati nei mari del pianeta in seguito all’utilizzo di navi carretta per il trasporto di sostanze pericolose. Secondo il canale televisivo indiano NewsX, l’imbarcazione sarebbe infatti stata sequestrata nel 2008, in Nuova Zelanda per guasti ai serbatoi della stanza dei motori, mentre la totale inadeguatezza del sistema di emergenza spinse qualche mese dopo il governo australiano a dichiararla non conforme con gli standard internazionali di sicurezza e ad inserirla nella lista delle “navi degli scandali”.

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