Dopo il rettore, il sindaco: a Messina nessuno ha intenzione di mollare la propria poltrona. Se Francesco Tomasello, magnifico rettore dell’ateneo peloritano, si è fatto approvare dal Senato Accademico una norma che prolunga di un anno il suo mandato, il sindaco Pdl Giuseppe Buzzanca resta al suo posto contro tutto e tutti. Contro persino una sentenza della Corte Costituzionale. Perché Buzzanca, dietologo di Barcellona Pozzo di Gotto e fedelissimo del senatore Pdl Domenico Nania, è anche deputato all’Assemblea regionale siciliana (Ars). Una carica incompatibile con quella di amministratore di un comune con oltre 20 mila abitanti. Funziona così da Torino a Bari. In Sicilia no, almeno fino allo scorso aprile, quando la Consulta ha bocciato una norma approvata dall’Ars per Buzzanca e una manciata di onorevoli-amministratori locali.
Dura legge, ma legge: il vicesindaco di Messina Giovanni Ardizzone (Udc) e l’assessore alla Protezione Civile Fortunato Romano (Mpa) si sono subito dimessi dalla Giunta scegliendo il loro incarico di onorevoli all’ARS. Buzzanca non ci ha pensato nemmeno un secondo: “Io resterò al mio posto e non mi dimetterò né da primo cittadino, né da deputato regionale”, dice spavaldo. Convinto il governo amico prima o poi troverà una soluzione anche per lui, una legge ad Buzzancam. Cosa già capitata nel 2004, dopo una condanna per peculato d’uso continuato. Buzzanca, al tempo in cui era presidente della Provincia di Messina, aveva usato l’auto blu per farsi trasportare da Messina fino a Bari per imbarcarsi in crociera con la moglie. Aveva provato a scaricare le responsabilità sui dirigenti ma s’era beccato lo stesso una pena che lo rendeva incompatibile con un incarico pubblico. Questo, almeno, fino a quando il governo Berlusconi, proprio per sanare la sua posizione che lo avrebbe costretto alle dimissioni da sindaco di Messina (carica alla quale, intanto, era stato eletto), votò un decreto legge per eliminare il peculato d’uso dalle cause di ineleggibilità.
“Qualcuno vorrebbe che io lasciassi il posto di deputato regionale, dove sto facendo tanto per Messina, e non credo che gli elettori vogliano questo”, dice Buzzanca, che se la prende con i poteri forti, difendendo la sua scelta di rimanere seduto su due poltrone e percepire un maxi-gettone da quasi 20 mila euro al mese, cumulando i redditi da consigliere all’Assemblea regionale a Palermo e primo cittadino a Messina. Intanto, uno degli elettori ha portato il “caso Buzzanca” in Tribunale e il 22 settembre si attende la decisione dei giudici: dentro o fuori, sindaco o deputato. “È chiaro che io opterei per la carica di sindaco perché amo la mia città, ma devo tenere conto di quanto mi dicono gli avvocati e al momento attendo che si svolga tutto l’iter giudiziario e non opterò per nessuno dei due ruoli”. Buzzanca sceglie di non scegliere. E l’unica cosa che appare chiara è il contrario di quel che dice: avrebbe già dovuto dimettersi per esser certo di rimanere sindaco di Messina. Cosa che non deve interessargli affatto: meglio un posto ben remunerato all’Ars.
L’esito del ricorso elettorale appare scontato, anche alla luce della decisione del Tribunale di Catania che ha dichiarato decaduto dalla carica di sindaco di Acicatena Raffaele Pippo Nicotra, pure lui del Pdl, eletto prima all’Ars e poi diventato primo cittadino del comune etneo. Nicotra, manco a dirlo, annuncia battaglia: alla fine potrà sempre dire che è tutta colpa dei giudici se ha dovuto lasciare la città nelle mani di un commissario prefettizio. Lo stesso farà Buzzanca a Messina, ottava città d’Italia con i suoi 250mila abitanti: sarà la terza volta negli ultimi sette anni, la seconda con Buzzanca sindaco.
Anche a Reggio Calabria sta per arrivarne uno, perché il neo-governatore Giuseppe Scopelliti, seguendo la strada tracciata da Antonio Bassolino a Napoli nel 2000, non si è dimesso da sindaco, lasciando la città nelle mani del suo vice, una volta eletto presidente della Regione Calabria. Ma pretendeva che il sindaco facente funzioni continuasse a fare il suo vice a distanza e a Giuseppe Raffa non è rimasto che prenderne atto e rassegnare le dimissioni. Così, ora le due città sullo Stretto sono più vicine, accomunate da uno stesso insolito destino: quel che non è ancora riuscito a Berlusconi con il progetto del Ponte, è riuscito al duo Scopelliti-Buzzanca.