Sono solo, seduto su una panchina del porto. Ad Anzio, dove fino a qualche anno fa usava passare le sue vacanze Fini. È da una settimana che tutti i discorsi sotto gli ombrelloni si colorano solo della Ferrari del Tulliani e di quanto abbia fatto male Gianfry a “cascare nella trappola della biondina”: dietro ogni grande uomo…
Ma un fatto ha oggi improvvisamente cambiato le abitudini del popolo dei vacanzieri, inducendoli a disertare in massa le rosticcerie del paese: uno scenario inedito di teglie intere di lasagne lasciate a marcire al sole. La notizia è nota – donna morta dopo aver mangiato una lasagna comprata in un bar – ed è di quelle, ormai tra le pochissime, che riescono a cambiare le abitudini delle persone. Almeno per due-tre giorni: poi tutto torna alla normalità. Toccare però le cose di uso comune ha sempre un effetto importante. E il cibo, si sa, è sicuramente al primo posto. Peccato che l’informazione su questi temi sia sempre a singhiozzo, spesso purtroppo condizionata dalla volontà di non disturbare chi investe importanti cifre in pubblicità. Ma è più o meno da un mese e mezzo che ogni settimana spuntano mozzarelle blu, a pois, ricotte gialle, latte variopinto, lasagne mutanti, etc. Non che stia succedendo qualcosa di anomalo: nessuna impennata di irregolarità, solo che se ne parla leggermente di più.
Spesso vengo preso per bizzarro quando scelgo il cibo da acquistare: questo perchè faccio tante domande o passo lunghi minuti a leggere le etichette. D’altra parte un pesce è un pesce, una mozzarella una mozzarella e un litro di latte al massimo può essere intero o parzialmente scremato. Perchè sprecare tempo a capire cosa si sta per mangiare?
In vacanza, poi, la questione si complica ancora. Se, spesso, si riescono a trovare prodotti locali che ci riportano al sapore degli elementi (ah! il formaggio di malga), a volte, orfani dei propri fornitori di fiducia, capita di sentirsi perduti. Qui dove mi trovo – al mare – naturalmente il pezzo forte è il pesce. E la domanda (mia) è sempre la stessa: pescato o d’allevamento? (dopo avere giurato di non voler più mangiare cibo di allevamento industriale). La risposta tipica è: “Che je cambia? Nun se preoccupi che anche quello d’allevamento è buono. E’ tutto allevato a mare!” Sì, peccato che i poveri pesci crescano e “vivano” in vasche con uno spazio vitale ridicolo, alimentati con mangimi (quando non si sbranano a vicenda) e “aiutati” con antibiotici per rimanere in forma! Non tutti gli allevamenti ittici sono così, e certo non basta che il pesce sia pescato per essere buono: io però scelgo solo pesce pescato, appena pescato (di solito mi informo anche sulla zona dove è stato pescato). Poi però parli con “i locali” e ti senti ripetere che il pesce che ti vendono come pescato è in realtà surgelato da questo inverno e quindi riproposto come fresco (Opss!), e che per avere il pesce buono devi conoscere (ma dai?!).
Passiamo alle mozzarelle allora: d’altra parte siamo a sud di Roma. Alla domanda “da dove viene questa?” la risposta che mi sono beccato più volte è: “Viene da qui vicino, è buona!”. Poi la mangi e non sa di niente, torni e chiedi “ma è tutto latte di bufala questo?” e anche qui “mah, credo di si” (Opps!) e “è quello che ci arriva” (ma dai?!).
Vado allora al mio bar di fiducia a prendere il latte per nutrire i pargoli alla prima colazione. Esce da sotto il banco una bottiglia di XXX: al che chiedo gentilmente se posso avere qualcosa tipo YYY: “A quelle je danno foco! Qui c’è solo XXX” (Opss!). Chiedo ingenuamente: “Ma tutta Anzio ha solo XXX: è perchè vi costa di meno?” e senza indugio ricevo risposta “No, qui è tutta ‘na mafia, c’è solo questo” (ma dai?!).
E cosi via, dal pescivendolo al macellaio, dalla rosticceria al bar. La storia vi è ormai chiara e non vado oltre.
E solo, seduto su una panchina del porto, guardando un tramonto ancora intenso e profumato, penso che potremmo davvero vivere in un mondo migliore se solo lo volessimo, cominciando con il farci qualche domanda.