Hanno ragione coloro che auspicano innanzitutto una coalizione tra le forze che oggi, più di ieri, non ritengono superata la costituzione repubblicana. L’architettura generale ha resistito, e i fatti attuali, dimostrano che resiste a qualunque temperie politica. Bisogna però che l’intera classe dirigente (non solo quella politica) smetta di picconarla giorno dopo giorno.
Certo, con il piccone in mano troviamo ossessivamente una buona parte dell’attuale classe politica senza alcuna distinzione di schieramento. La costituzione viene qualificata sovietica da Berlusconi che guarda a quelle norme sui limiti della proprietà privata, ignorando che quei principi furono il frutto d’incontro della cultura socialista e comunista con quella del cattolicesimo democratico ancorato alla dottrina sociale della Chiesa. Ma pretendere ciò da Berlusconi è troppo, forse anche più di convincerlo a rinunciare al “processo breve”. La destra poi trova insopportabile il ruolo democratico del parlamento – pur con dei partiti poco più che simulacri di quelli che hanno fondato la nostra repubblica – e spinge da qualche decennio a modificarla più o meno surrettiziamente, più o meno profondamente, in senso presidenziale. Con l’ubriacatura del presidenzialismo che ormai affligge il nostro Paese, le uniche elezioni “democratiche” che riescono a concepirsi sono elezioni populiste, incentrate su individui, più o meno carismatici, più o meno preparati, più o meno affabulatori, sin dalle “presidenze dei condomini”. Non deve sorprendere dunque come ormai la stragrande maggioranza degli italiani sia convinta della bontà del principale cavallo di battaglia della destra italiana.
Nel campo avverso, oggi assai più eterogeneo del passato (Fini, Casini, Montezemolo possono qualificarsi di centrosinistra? NO!) la musica non è che sia diversa. Ognuno difende la costituzione per quella parte che più gli interessa, pronta a buttarne a mare tutto il resto. Prendiamo il Pd per es. Da tempo dichiara il suo favore a una riforma presidenziale. Perché bisogna stare al passo con i tempi, fanno sapere dallo stato maggiore di quel partito; e poi perché le decisioni politiche hanno bisogno di tempi assai più rapidi e certi. E tuttavia difendono, oggi, il parlamentarismo, ovvero la possibilità che la crisi di un governo non debba portare necessariamente al voto, che è un argine contro spinte autoritarie se non addirittura autoritarie. Ma questa difesa del parlamentarismo è in assoluto contrasto con il bipolarismo e con il presidenzialismo che con le varie leggi elettorali si è di fatto introdotto a ogni livello politico. Ma non basta! Nel Pd sono poi in buona parte favorevoli al federalismo. Addirittura modificare la forma di Stato, con conseguenze davvero non del tutto prevedibili ad oggi! Però se chiedete a qualcuno cosa significhi accettare il federalismo riceverete risposte variegate e confuse.
Dicevo prima, non soltanto la classe politica è impegnata a demolire la costituzione, ma anche altri pezzi importanti della classe dirigente italiana, e così giungiamo al potere economico. Senza spendere troppe parole, il “caso Pomigliano” della Fiat rappresenta una delle faglie più pericolose che rischia di far venire giù come un castello di sabbia la carta costituzionale. Ma Montezemolo, che si permette da 4 anni a questa parte di dare pagelle a tutti, in realtà dovrebbe tacere perché è tra quelli con minor diritto di critica, rappresentando la punta avanzata di un capitalismo familista più preoccupato a salvare le proprie aziende che a far grande l’Italia. Togliatti sosteneva che per rendere grande e forte una democrazia occorreva una “grande industria”, ma questi di grande sono in grado di concepire solo le loro famiglie con codazzi di famuli e cortigiani. Non a caso Montezemolo non ha mai detto nulla su questi aspetti centrali della democrazia, anzi. Eppure di costituzione si tratta, e allora?
E allora la proposta di creare una coalizione a cominciare da chi vuole difendere questa costituzione, e non soltanto il 30% o il 45% della stessa, rappresenta un percorso cristallino per la costruzione di una coalizione che chiuda definitivamente la pagina tristissima del berlusconismo, cioè di quel micidiale mix di potere mediatico, politica, affari e criminalità che domina l’Italia da oltre un decennio. Gli italiani comincerebbero finalmente a capirci davvero qualcosa e a impegnarsi più su idee, valori e programmi che su semplici volti. Da qui, senza alchimie e pulsioni autoreferenziali i soggetti politici dovrebbero misurare la vera volontà e capacità di alternativa. Difendere l’attuale costituzione italiana porterebbe d’altronde dritto dritto a un vero governo progressista: democrazia sostanziale, diritti sociali e civili, eguaglianza dinanzi alla legge, equilibrio tra i poteri, conflitto di interessi.
PS. A Sonia Alfano, che conosco da anni, e con cui condivido la battaglia per la legalità e per la liberazione del meridione dalla morsa affaristico-mafiosa, dico di non cadere in lapsus e di non dimenticare la Federazione della Sinistra (Pdci, Prc, Socialismo 2000, Lavoro e solidarietà). Altrimenti la bella coalizione che vagheggia senza comunisti e socialisti sarebbe un grave errore!
PPS. Presidente Napolitano, pur nell’inevitabile protocollo della carica e della circostanza, non avrebbe potuto evitare di considerare Francesco Cossiga un grande statista? Suvvia, un po’ di sobrietà come Ella sovente sollecita!