Si immagini di avere un caro amico, apprezzato per sensibilità, intelligenza, capacità di stare al mondo, creatività che faccia un discorso del genere: il mio cane è intestato ad una società perché nel caso azzanni una persona o faccia danni non ci sia il rischio di speculazioni sulla mia persona.
Immaginando tutto questo inizierei ad avere seri dubbi sulle mie capacità di giudicare una persona e, per di più, di onorarmi di essere suo amico. A dirla tutta mi porrei la domanda se il giudizio sul mio amico è giusto, se la sensibilità che io noto in lui non è una sensibilità di facciata e se la persona affianchi alla intelligenza una dose di furbizia che mi dà anche fastidio. Tra le tante cazzate che si leggono sui giornali, questa estate, abbiamo letto la dichiarazione di cui sopra, ad opera di un famosissimo artista, Vasco Rossi, noto alle cronache musicali per un certo anticonformismo, capacità di scrittura musicale e poetica, che a torto o a ragione ne fanno uno dei rocker più apprezzati in Italia. Scopriamo, in queste parole, un modesto e nemmeno originale ometto di mezza età a cui talento e sorte ha regalato un agiato benessere e una capacità di immedesimarsi in furbizie e trucchetti lontanissimi da ciò che canta, dall’immagine che dà di sé, dalla rappresentazione di anticonformista che tanto ingarbuglia e attrae i pensieri di adolescenti e adulti.
Il suo collega Zucchero Fornaciari, non è da meno: interpellato su una certa somma rinvenuta in un paradiso fiscale, il cantante che ad ogni piè sospinto ci ricorda di essere una delle poche star internazionali (immagino anche con conto in banca da star internazionale), non trova di meglio che dichiarare che quella somma era stata investita “esentasse” per recuperare, in parte, soldi persi in speculazioni andate male. Insomma, l’artista che si pensa, solitamente, vivere di emozioni non è dissimile dal “titolare di fabbrichetta” con collana al collo, ferrarino e conto all’estero che negli ultimi venti anni questo nostro disgraziato paese ha imposto come modello vincente. Più oculato alla gestione dei soldi che a quella delle emozioni o più semplicemente capace di fare dipendere queste ultime dalla accumulazione dei primi.
Furbizie diverse, magari le une penalmente rilevanti le altre moralmente discutibili. Ma il punto non è questo: si è smarrito, nel corso del tempo, un elemento centrale della responsabilità individuale e collettiva. Una certa coerenza tra i propri stili di vita, ciò che si pensa e si dice e i propri comportamenti. Tra l’agire e il pensare, tra il dire e il fare. Il termine coerenza appartiene, ormai, solo a coloro che nell’esempio trovano il significato della propria autorevolezza.
Sembra che concetti chiave, anche mutevoli nel tempo, come coerenza, autorevolezza, etica o responsabilità appartengano ormai al passato. La chiassosità, l’inutile chiassosità di questo mondo viene veicolata da altri concetti cardine. E non c’è più spazio per chi predica e vive coerentemente, e sono tanti, magari non necessariamente famosi, necessariamente ricchi.