Abbiamo rivolto l'interrogativo sollevato dal teologo Mancuso ad alcuni autori della casa editrice di Segrate. Quasi tutti affermano di non avere problemi di coscienza
La legge ad aziendam per risolvere la vertenza di Mondadori col fisco ha sollevato polemiche e chiacchiericci tra le fila degli autori della casa di Segrate. C’è chi fa quadrato, come don Andrea Gallo, intorno a Vito Mancuso, che sulle colonne di Repubblica ha aperto la questione etica della collaborazione con la casa editrice, e chi come Carlo Lucarelli preferisce combattere il sistema dall’interno nonostante il disagio.
Ma gli autori sono divisi. Prevale un principio estetico- commerciale per Pietrangelo Buttafuoco, scrittore e firma di Panorama: “Della questione sollevata da Mancuso non me ne frega niente. La trovo una cosa penosa, insulsa e maleodorante”. Pure se Mondadori se la cava con una legge ad hoc? “La cosa mi annoia a morte e poi, sai quanti giorni incontro persone con la fedina penale sporca? Quella di Mancuso, più che logorrea, è la tipica esercitazione etica che detesto, la classica trovata geniale trovata del gruppo direzionale di Repubblica. E poi che credibilità ha Mancuso che ha fatto un libro con Augias?”. Quindi don Gallo e Lucarelli che annunciano dipartite e fastidi non sortiranno alcun effetto domino nel parterre autoriale? “Sono personaggi da cliché. Non credo che qualcuno lascerà la casa editrice, e se lo farà è perché si è fatto i conti in tasca. Anche Saviano, diciamocelo, è un prodotto che nasce dall’officina Mondadori. E se c’è un uomo distante dal mondo della cultura, quello è Silvio Berlusconi. Non saprà nemmeno di possedere Einaudi”.
Francesco Bonami parlerà domani con un suo pezzo su Il Riformista e anche per Michela Marzano, filosofa in fuga in Francia spesso ospite de L’Infedele di Gad Lerner, l’articolo di Mancuso non mette in crisi il rapporto con la casa editrice: “Sono in attesa di capire meglio di cosa si tratti, visto che sono contro ogni legge ad personam e, di conseguenza, ad aziendam. Mondadori mi ha tradotta in Italia e il rapporto è prima di tutto con il mio editor Andrea Cani, basato su lealtà e fedeltà. Non sono disposta a rinunciare alle mie idee e finché potrò contestare e discutere liberamente le scelte relative ai miei libri non ho ragion e di cambiare editore”. Eppure la querelle etica intendeva essere la miccia per scuotere gli autori. “In Francia – prosegue Marzano – questo sarebbe considerato un gesto maladroit, perché non credo che le decisioni individuali debbano essere sbattute in prima pagina. In ogni caso, non penso sia stato orchestrato da Repubblica”, conclude.
Distante dalla presa di posizione di Mancuso anche Vittorio Zucconi, autore di Mondadori dal 1988 con Si fa presto a dire America. “La Mondadori è di Berlusconi, ma Berlusconi non è della Mondadori”, puntualizza.”Ogni autore risponde di quello che scrive e con Segrate non ho mai avuto ragioni per ritirare i manoscritti. Il rapporto tra editore e autore non è analogo a quello di un giornalista a contratto che deve obbedire agli ordini del direttore. Un autore viene pagato in funzione di quel che vende. Io non ricevo soldi da Berlusconi, ma dalle royalties e nessuna casa editrice ti regala niente.”. E l’articolo di Mancuso? “Bellissimo, ma condivisibile dal suo punto di vista. Repubblica è un giornale dove è possibile scrivere le proprie opinioni. Lui è un professore, un teologo, non mi detta quello che devo fare. E poi, sia chiaro”, conclude. “Non ho illusioni su Berlusconi…”