Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, risponde alla lettera dei tre operai di Melfi che si erano appellati a lui dopo che la Fiat aveva loro vietato di ritornare in reparto, nonostante la sentenza del giudice del lavoro. “Cari Barozzino, Lamorte e Pignatelli – scrive Napolitano – ho letto con attenzione la lettera che avete voluto indirizzarmi e non posso che esprimere il mio profondo rammarico per la tensione creatasi alla FIAT SATA di Melfi in relazione ai licenziamenti che vi hanno colpito e, successivamente, alla mancata vostra reintegrazione nel posto di lavoro sulla base della decisione del Tribunale di Melfi. Anche per quest’ultimo sviluppo della vicenda – continua il capo dello Stato – è chiamata a intervenire, su esplicita richiesta vostra e dei vostri legali, l’Autorità Giudiziaria: e ad essa non posso che rimettermi anch’io, proprio per rispetto di quelle regole dello Stato di diritto a cui voi vi richiamate. Comprendo molto bene come consideriate lesivo della vostra dignità”percepire la retribuzione senza lavorare”. Poi Napolitano auspica: “Spero che questo mio intervento sia ascoltato anche dalla dirigenza della FIAT e che questo grave episodio possa essere superato, nell’attesa di una conclusiva definizione del conflitto in sede giudiziaria, e in modo da creare le condizioni per un confronto pacato e serio su questioni di grande rilievo come quelle del futuro dell’attivita’ della maggiore azienda manufatturiera italiana e dell’evoluzione delle relazioni industriali nel contesto di una aspra competizione sul mercato globale”.
Nella lettera inviata oggi al presidente della Repubblica, i tre operai di Melfi avevano scritto: “Ci rivolgiamo a Lei, Presidente, perchè richiami i protagonisti di questa vicenda al rispetto delle leggi”. Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli avevano chiesto a Napolitano di intervenire “per farci sentire lavoratori, uomini e non parassiti di questa società, vogliamo guadagnarci il pane come ogni padre di famiglia e non percepire la retribuzione senza lavorare. Questo non è mai stato un nostro costume, nè come semplici operai nè come delegati sindacali aziendali – proseguono i tre nella lettera – avendo sempre svolto con diligenza e professionalità il nostro lavoro. La decisione della Fiat di non reintegrarci nel nostro posto di lavoro è una palese violazione dell’articolo 28 della legge 300/70 e della norma penale da esso richiamata. In uno Stato di diritto – continuano – non dovrebbe essere neppure consentito di dichiarare a tutti (stampa compresa) di voler disattendere un provvedimento legalmente impartito dalla autorità giudiziaria con ciò mostrando disprezzo per la Costituzione e per le leggi civili e penali del nostro ordinamento giuridico”.
I tre dipendenti erano stati licenziati a metà luglio dall’azienda perché – secondo la Fiat – durante un corteo interno allo stabilimento avevano bloccato un carrello robotizzato che riforniva altri operai che erano regolarmente al lavoro. Il tribunale ha deciso il reintegro condannando il Lingotto per comportamento anti-sindacale. Lo scorso 20 agosto Fiat ha però fatto sapere di aver presentato ricorso contro la decisione del giudice del lavoro di Potenza di ordinare il reintegro dei tre operai licenziati a Melfi e condannare la casa automobilistica per comportamento antisindacale. L’udienza si terrà al tribunale di Melfi il prossimo 6 ottobre. L’allontanamento dei tre operai è arrivato durante una delle fasi della complessa trattativa che la Fiat sta portando avanti per ottenere un contratto ad hoc per i dipendenti dello stabilimento napoletano di Pomigliano d’Arco, che prevede sanzioni per chi non rispetta le intese.
Nella denuncia della Fiom, intanto, è stato riportato quanto accaduto nello stabilimento dell’area industriale San Nicola. “In particolare – sottolinea l’avvocato Lina Grosso – abbiamo evidenziato che l’azienda non ha ottemperato a un decreto del giudice del lavoro impedendo il rientro sulle linee dei tre operai, e quindi ha commesso un reato di natura penale”. Giovanni Barozzino, Antonio La Morte e Marco Pignatelli, ai quali oggi e’ stato negato l’accesso alla catena di montaggio, potrebbero tornare in fabbrica anche domani. I legali del sindacato stanno valutando se sia utile o meno acquisire la reiterazione del provvedimento aziendale ai fini dei procedimenti giudiziari. “Stiamo valutando questa ipotesi – ha aggiunto Grosso -, decideremo il da farsi assieme agli altri colleghi nelle prossime ore”.