Il 24% degli americani, secondo un sondaggio realizzato da Time, e’ convinto che Barack Obama sia un musulmano. La percentuale e’ aumentata in maniera notevole (circa il 13%) dope l’ultimo intervento del presidente a sostegno della realizzazione del centro islamico vicino a Ground Zero. Quella della fede musulmana del presidente, dichiaratamente cristiano, e’ una delle due “leggende metropolitane” che hanno accompagnato Obama sin dalla sua candidatura alle primarie. L’altra leggenda, che continua a sopravvivere tenacemente, e’ quella secondo cui il presidente non sarebbe nato negli Stati Uniti, praticamente una sorta di immigrato clandestino alla Casa Bianca. Niente di nuovo, quindi. Molto rumore creo’, infatti, in piena campagna elettorale la copertina del New Yorker che raffigurava un Barack musulmano e una Michelle terrorista con tanto di fucile in spalla. Poiché sembra, pero’, che da allora ad oggi non ci si riesca a distaccare dal tentativo di deligittimare il presidente attaccandone la fede religiosa, esperienza peraltro già vissuta dallo stesso Lincoln e da Roosevelt, vale la pena ricordare le argomentazioni usate da Colin Powell, ex Segretario di Stato del presidente George Bush, in una famosa intervista alla trasmissione Meet the Press, quando decise di dare il suo appoggio alla candidatura di Obama.

“Non sono preoccupato per le affermazioni del senatore McCain ma per quelle dei membri del partito ai quali e’ permesso dire cose tipo “beh si sa che Obama e’ musulmano”. In effetti la risposta corretta e’ che lui non e’ un musulmano e’ un cristiano. E’ sempre stato un cristiano. Ma una risposta ancor piu’ corretta sarebbe “e se anche fosse?” C’e’ forse qualcosa di sbagliato ad essere musulmani in questo paese? La risposta e’ no, non sarebbe l’America. C’e’ qualcosa di sbagliato se un bambino o una bambina di sette anni, musulmani – americani pensano di diventare presidente degli Stati Uniti? Eppure sento membri del mio stesso partito dire “lui e’ musulmano e puo’ essere associato al terrorismo” Cio’ non dovrebbe succedere in America. Ho sentimenti molto forti rispetto a questo argomento per una fotografia vista in una rivista. Era un servizio sulle truppe in Iraq e Afghanistan. L’ultima foto del servizio ritraeva una madre al cimitero di Arlington e aveva la testa appoggiata sulla lapide della tomba di suo figlio. E si poteva leggere la scritta sulla lapide. Era morto in Iraq, aveva 20 anni. In cima alla lapide non c’era una croce cristiana, non una stella di David, ma la luna e la stella della fede islamica. Il suo nome era Kareem Rashad Sultan Khan ed era americano. Era nato nel New Jersey. L’11 settembre aveva 14 anni ed ha aspettato fino a quando ha potuto servire il suo paese con la propria vita”

Il 30% degli americani tuttavia, sentendosi diversamente americani da Colin Powell, pensano addirittura che i musulmani non dovrebbero avere accesso alla carriera politica n’è alla Corte Suprema. E’ chiaro dunque che la convinzione (errata) circa la fede del presidente poggia su un sostanziale pregiudizio che avrebbe dovuto tenerlo lontano dalla Casa Bianca.

Se per il centro islamico a Lower Manhattan, gli oppositori possono pretestuosamente aggrapparsi alla scarsa opportunità del luogo, sarebbe interessante ascoltare le spiegazioni addotte da quel 34% che dichiara la propria contrarieta’ alla costruzione di una moschea a due blocchi dalla propria abitazione (e non tutto quel 34% chiaramente vive a Ground Zero). Tuttavia, poiché pregiudizio genera pregiudizio, democraticamente il 24% si opporrebbe ad un centro di culto dei Mormoni, il 18% a quello degli Ebrei e il 14% a quello dei cristiani. Tutti nel nome del loro Dio.

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