La campagna elettorale è ormai cominciata. Su “l’Unità” di ieri il responsabile economico del Pd Stefano Fassina ci informa di cosa diranno sulla crisi e la politica economica i militanti democratici nella comunicazione “porta a porta” che sta per cominciare. Le idee sono due: invece di fare tagli ai servizi, il bilancio dello Stato si risana tassando di più i grandi evasori, per esempio si poteva chiedere un’aliquota più alta (il 10 per cento invece del 5) a chi usava lo scudo fiscale. Seconda idea. “innalzare l’aliquota sui capital gain, sui redditi di capitale, da noi tra i più bassi dell’intere area Ocse”. Meglio di niente, ma un po’ poco.
La prima idea si può tradurre così: condoni meno convenienti, che non sembra esattamente un messaggio dirompente (meglio sarebbe, come chiedevano in tanti, chiedere agli evasori “scudati” un nuovo contributo una tantum causa crisi). Quanto alla tassazione delle plusvalenze, è una vecchia idea di sinistra che poi, alla prova dei fatti, nessuno si sente mai di applicare. E comunque adesso porterebbe ben poco, visto che le plusvalenze sono mosche bianche in questi anni di crisi. Gli avversari diranno subito: ecco la solita sinistra delle tasse, che pensa di risolvere tutti i problemi mettendo le mani nelle tasche dei cittadini (glissando, ovviamente, sul fatto che il governo Berlusconi tra balzelli, liberalizzazioni cancellate, costi nascosti come la supertassa sulle assicurazioni per pagare gli emendamenti alla manovra chiesti da Confindustria, ha usato ampiamente la leva fiscale per fare cassa).
E tutto il resto? Le tasse sono utili per la redistribuzione del reddito. Ma poi, il reddito, bisognerebbe pure farlo aumentare. Su questo il Pd sembra avere ancora le idee un po’ confuse. Ha ragione la Fiat di Marchionne a spremere gli operai o la Fiom a dire che si sta distruggendo il diritto del lavoro? Il senatore del Pd Pietro Ichino tende a stare con l’amministratore delegato del Lingotto e perfino Cesare Damiano propone un contratto di settore per l’auto che sia più flessibile di quello nazionale dei metalmeccanici. La linea dura è rimasta esclusiva dell’Italia dei valori. A giugno Bersani proponeva una nuova “lenzuolata” di liberalizzazioni. Il Pd ci crede ancora? E le varie proposte di legge (almeno tre) che vogliono innalzare le tutele per chi entra nel mercato del lavoro, attese dagli stagisti ma temute dal sindacato perché introducono nuova flessibilità, che fine faranno? Mistero. L’unica informazione su cui basarsi è che all’inizio del mese Bersani ha detto di non essere ostile a un governo tecnico guidato da Giulio Tremonti. Segno che, in fondo in fondo, non contesta poi troppo il suo operato da ministro dell’Economia.