Jasmina Tesànovic è tornata dalle vacanze. Strane vacanze: una crociera nel Mar Adriatico, tappa le meravigliose isole croate, a parlare di letteratura e guerre. Una carovana di scrittori – ne faceva parte anche suo marito Bruce Sterling, celebrato autore americano di fantascienza – che parlava a ogni tappa a un pubblico diverso ma, sempre, di nazionalità croata.
Jasmina è serba. Una serba atipica che non sa che cosa sia il nazionalismo se non per averlo subito: fiera oppositrice di Milosevic, durante l’ultimo conflitto dei Balcani, quello poi sfociato nella guerra del Kosovo, teneva un diario online (Normalità, il diario di un idiota politico, poi pubblicato in Italia da Fandango) attraverso il quale raccontava al mondo la vita quotidiana sotto le bombe della Nato e, insieme, denunciava la stupidità e la ferocia del regime che quella guerra aveva provocato. Una «serba traditrice» non solo per Milosevic ma per gran parte dei suoi connazionali che ancora oggi non le perdonano le denunce degli orrori (a cominciare dalla strage di Srebrenica) compiute in nome della grande madre Serbia, una nazione che ha perso tutte le guerre che ha combattuto, primato di cui Jasmina va particolarmente fiera.
E particolarmente contenta era Jasmina di essere ospite della Croazia, il Paese che una ventina d’anni fa si distaccò dalla Jugoslavia avviando quella secessione che avrebbe poi portato al disastro che tutti ricordiamo. I due popoli, un tempo uniti sotto la stessa bandiera e poi divisi da una guerra crudele e cruenta come e più di tutte le guerre, tornavano a parlarsi, a comunicare: non solo attraverso il ripristino della linea ferroviaria che in capo a qualche anno tornerà a collegare Serbia, Croazia e Slovenia fra loro e all’Europa, ma anche attraverso il libero scambio di idee e opinioni fra intellettuali di diverse nazionalità, fra le quali quella serba da lei rappresentata, e il pubblico croato.
Ma la contentezza è durata poco. Per quel pubblico Jasmina era e sempre resterà una nemica proprio in quanto serba. A ogni approdo, di isola in isola verso il sud, le cose andavano peggio: appena iniziava a parlare con il suo accento indiscutibilmente serbo, nonostante Jasmina parli quotidianamente in inglese con suo marito e in italiano con gli abitanti e gli amici di Torino, città nella quale vive da qualche anno, nonostante tutto ciò, appena apriva bocca arrivavano i brusii di disapprovazione, i fischi e anche peggio. Alla fine, i volonterosi e incolpevoli organizzatori della crociera letteraria sono arrivati a chiederle di parlare in italiano, lingua ben conosciuta in Croazia, per evitare il peggio.
La crociera, per Jasmina si è conclusa dopo sette giorni, complice un provvidenziale malanno di suo marito Bruce. L’esperienza l’ha scossa parecchio, ha fatto vacillare la sua fede nella forza del dialogo. Ma Jasmina non è tornata, da quel viaggio, più «serba» di prima. Anzi: «Voglio vivere per il mio Paese, non morire per esso, come usava dire lo scrittore svizzero Max Frisch» spiega. «E più passa il tempo, più mi accorgo che voglio vivere anche per un Paese che non sia necessariamente il mio». Forse, l’Italia, dove ha scelto di vivere per sfuggire alla cappa nazionalista che ancora opprime la Serbia. Un nazionalismo che si è insinuato anche in B92, la gloriosa radio che durante il conflitto del Kosovo si distingueva per la sua opposizione al regime ma che oggi ospita nel suo blog una nutrita schiera di nazionalisti della Nuova Serbia, tanto che Jasmina si è vista costretta a lasciare il Blog di B92 per aprirne un altro scritto in inglese, francese e serbo (l’accento, per iscritto, non si coglie) cosmopolita e indipendente come lei.
Il racconto di Jasmina e delle sue disavventure croate ha stimolato immediatamente in me una riflessione: che cosa potrebbe succedere a un conferenziere, poniamo romano, che in un futuro non lontano venisse invitato dalla Padania a parlare in una conferenza, che so, a Torino? L’accento ne denuncerebbe le origini, il resto della storia (purtroppo non esattamente di fantascienza) lo affido alla penna futurologa di Bruce Sterling.