L'ordigno, composto da tritolo, è esploso attorno alle due sventrando il portone dell'abitazione del magistrato che si trova in una zona periferica di Reggio Calabria
“Contro di me, a partire dall’attentato a gennaio contro la Procura generale, c’è stata una tensione malevola e delittuosa crescente, da parte della criminalià organizzata, che si è personalizzata”. Lo ha detto all’ANSA il Procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro, facendo riferimento alla bomba fatta esplodere la scorsa notte contro la sua abitazione. “Vogliono farmela pagare, evidentemente – ha aggiunto di Landro – per il fatto che ho sempre ed in ogni circostanza fatto il mio dovere di magistrato”.
Questo attentato, spiega il procuratore della Dna PIetro Grasso “si inserisce in un clima generalizzato di intimidazione ai magistrati calabresi che negli ultimi mesi hanno ottenuto grandi successi contro la ’ndrangheta”. Spiega il magistrato: “C’e’ un attacco personalizzato a un magistrato che si ricollega a quello del 3 gennaio scorso. Ma i proiettili lasciati sulle macchine di servizio, posteggiate nel palazzo di giustizia, le lettere anonime minatorie ad altri magistrati dimostrano che e’ in atto un tentativo della criminalita’ di bloccare un’azione concreta e repressiva dello Stato e della magistratura, un’azione che ha fatto saltare certi equilibri. E’ in corso un piano di intimidazione generale ed allargata”.
Il prefetto di Reggio Calabria, Luigi Varratta, ha convocato d’urgenza il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. Nel corso della riunione, che è stata convocata per le 10 in Prefettura, sarà fatto il punto sulle prime indagini sull’attentato ed esaminate le misure di sicurezza cui è sottoposto attualmente il procuratore generale per valutare se potenziarle.
Già a gennaio Di Landro era finito nel mirino delle cosche con l’attentato al palazzo della Procura. Trentotto anni in magistratura. Di Landro è un giudice di lungo corso, noto per la sua inflessibilità ma anche per l’attenzione che rivolge ad ogni singolo atto processuale. Di Landro è procuratore generale a Reggio Calabria dallo scorso 26 novembre. Nove mesi, compiuti esattamente oggi, in cui ha dovuto fare i conti con un clima di altissima tensione che sta caratterizzato la città dello Stretto. Ha iniziato la sua attività come pretore a Melito Porto Salvo e poi proprio a Reggio, dove è rimasto fino al 1985, quando è passato alla Corte d’ Appello.
Un’attività integerrima, la sua, con una lotta senza confini alla mafia, pur nel rispetto dei ruoli di difesa e accusa. Come nel maxi processo contro le cosche del reggino con 69 imputati e la condanna, sino in ultimo grado, di boss importanti della ’ndrangheta. L’arrivo a Reggio Calabria, come procuratore generale, dopo una lunga esperienza nei palazzi di giustizia, sembra avere segnato una svolta, e gli attentati continui e gli avvertimenti contro i magistrati dimostrano che la strada è quella giusta. Confisca dei beni, arresti dei latitanti e operazioni antimafia costituiscono l’ossatura di questa azione e questo, come ha detto lo stesso Di Landro nei giorni scorsi, “i boss non lo possono sopportare”.
Solo poche settimane fa ad una delle auto blindate del Pg Di Landro erano stati svitati 4 bulloni di una ruota.
“Lo Stato e’ vicino al procuratore generale Di Landro e a tutta la magistratura reggina. Questo ultimo ennesimo vile atto intimidatorio conferma la bontà dell’impegno finora profuso nel contrasto all’ndrangheta, ma ci impone di mantenere alto il livello di guardia”. Lo dichiara il ministro della Giustizia Angelino Alfano in merito all’ordigno fatto esplodere davanti al portone dell’abitazione del procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro. “Quanto è accaduto rafforza la determinazione del Governo nel portare avanti la lotta alla criminalità mafiosa, cosa che abbiamo fatto finora adottando provvedimenti sempre piu’ incisivi che ci hanno consentito di raggiungere traguardi prestigiosi”.
L’ordigno di questa notte non è che l’ennesimo atto intimidatorio del 2010 nei confronti delle istituzioni e, in particolare, della magistratura. Il 2 e il 3 gennaio 2010 un boato squarcia l’alba di Reggio Calabria, una bombola, confezionata artigianalmente, viene fatta esplodere in via Cimino, nei pressi del portone che conduce agli uffici della Procura Generale di Reggio Calabria. Il 21 gennaio, in occasione della visita del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, viene fatta ritrovare, nei pressi dell’Aeroporto “Tito Minniti”, un’autovettura imbottita di armi e di esplosivo. E poi una lunga sequenza di minacce pesanti nei confronti dei magistrati. Vine preso di mira prima il procuratore Giuseppe Lombardo che conduce importanti indagini sulle cosche reggine. Su una missiva a lui indirizzata c’era scritto: “Sei un uomo morto”. Poi una lettera con tanto di proiettile al sostituto procuratore Antonio De Bernardo. Minaccia identica anche al procuratore capo Giuseppe Pignatone e al procuratore di Palmi, Giuseppe Creazzo.