Dopo il vertice della destra Pdl-Lega è tutto più chiaro. Il voto è rinviato per qualche mese. In autunno non si vota. Non si è mai fatto e dunque nell’Italia antropologicamente conservatrice una “rottura” del genere fa paura. Si ritiene preferibile invece continuare in una crisi economica, politica, istituzionale e morale, il galleggiamento nell’agonia di una maggioranza da film horror. A pezzi, politicamente già morta, lo schieramento di centrodestra è segnato da fazioni che si combattono a colpi di dossier, scandali, insulti, infamie. La maggioranza degli italiani, i vertici ecclesiastici e di Confindustria, così ci dicono o fanno credere opinionisti e sondaggisti, si stracciano le vesti all’ipotesi di elezioni anticipate. Pazienza! Vuol dire che sopravviveremo ancora qualche mese con mollette al naso e malox tra veleni e volgarità e finalmente, in primavera, al disgelo dei ghiacci andremo al voto.
Nel frattempo nello schieramento avverso a B. comincia a muoversi qualcosa. Non soltanto nomi ma timidamente, sì timidamente e senza eccessi, anche contenuti. Abbiamo letto del ritorno di Veltroni e delle sue ricette (santo cielo, ma ce l’hanno restituito dall’Africa??!), seguito fortunatamente dal puntuale commento di Marco Travaglio sul 2007-2008 devastante biennio per la democrazia italiana, le enormi e gravi responsabilità politiche, le mosse sbagliate, gli esiti terrificanti, l’incapacità di comprendere gli errori commessi e di leggere come in Italia si sia modificato sotto il berlusconismo il senso comune e dilaghi ormai l’assuefazione verso corruzione, illegalità, mafia. Abbiamo anche letto di Franceschini, prima vice di Veltroni, che oggi propone l’alleanza costituzionale abbandonando “la terra promessa” dell’autosufficienza, e soprattutto Bersani che, al netto della inutile proposta di un governo di transizione, comincia a tracciare la grande alleanza per ripristinare le basi di una decente democrazia. Ora che tutta l’opposizione parlamentare si è ricollocata sul solco costituzionale della centralità del parlamento contro l’ubriacatura autoritaria e populista, la proposta dell’alleanza costituzionale assume un profilo concreto, come da qualche tempo auspichiamo. E la concretezza starebbe in pochi precisi obiettivi che qualificherebbero un’intera legislatura facendola passare alla storia.
Primo. Blocco dei provvedimenti in itinere e quelli già emanati ma ancora privi dei decreti attuativi, che destrutturerebbero definitivamente il Paese: forma di stato, giustizia, università, scuola. Secondo. Regole e prassi democratiche che restituiscano dignità e funzione al Parlamento italiano. Terzo. Una vera legge sul conflitto d’interessi che valga per qualunque altro B., piccolo o grande, presente o futuro. Quarto. Nuova legge elettorale in senso proporzionale, che chiuda la stagione del presidenzialismo, presto sfociata nel peggiore populismo. Quinto. Qualche sacrosanta legge per l’occupazione e per i diritti dei lavoratori che fermi il “boia” dei licenziamenti e l’odio di classe dei padroni verso i lavoratori. Sesto. Legalità e lotta senza quartiere a corruzione e criminalità organizzata, recidendo in profondità i legami tra politica, malaffare e mafia.
Non un programma di centinaia di pagine, ma pochi punti rispetto ai quali non c’è alcuna priorità, tanto che ciascuno potrebbe metterli in fila come vuole perché il risultato non muterebbe. Insomma uno scenario di ricostruzione davvero simile a un dopoguerra. Dal Pd e Idv alla sinistra (tutta: Sel e FdS) camminerebbero i confini naturali di questa alleanza. Altre forze invece dovrebbero lavorare per un altro e diverso polo conservatore ma alternativo a B. A Bersani piace definirla una legislatura costituente. Preferirei invece chiamarla “ricostituente”, perché non ci serve un’altra costituzione, ma restaurare, sì, proprio restaurare, quella vigente. Ma chi lo spiega a Veltroni?