Il “direttorissimo” più discusso d’Italia si confessa, durante la trasmissione mattutina di Rai Uno, al cospetto di Perluigi Diaco, che già nell’incipt dell’intervista tributa all’ospite il titolo di direttore del “tg più autorevole e seguito d’Italia“.
Gli argomenti toccati da Minzolini sono i più disparati: da Berlusconi, che, secondo il direttore del TG1, “ha rivoluzionato la politica italiana, introducendo una politica più moderna“, a D’Alema, meritevole di aver contribuito a cambiare la sinistra italiana, ma reo di aver avuto poco coraggio.
La lunga intervista esordisce trattando la competizione del TG1 con il TgLa7, diretto da Mentana. Gli ottimi risultati ottenuti dal notiziario di Mentana non preoccupano Minzolini: «Francamente non mi sento in competizione con Mentana. Chiaramente ha un grande seguito sui media, che parlano di questo successo de La7, che è meritato». E prosegue: «Quello de La7 non è un successo di opinioni o di numeri, ma di media» e accenna alla crisi della “tv generalista”. «Faccio un esempio. Noi ad agosto, rispetto all’anno scorso, abbiamo avuto 500 mila spettatori in più, Mentana ne ha guadagnati 240 mila, di fatto noi abbiamo guadagnato il doppio. Il Tg5 ne ha persi all’incirca 270 mila. Semmai il problema non è mio, ma di Clemente Mimun».
Riguardo ai suoi acerrimi e numerosi detrattori, Minzolini sostiene, imbeccato da Diaco, che il tutto è imputabile non a personalismi, ma all'”ideologismo” e al “dogmatismo“. «C’è un politicamente corretto – afferma il direttore del TG1 – che normalmente vive più a sinistra che a destra. Io non dico che devo avere sempre ragione, però mi piacerebbe essere più giudicato sui fatti, che invece su una posizione quasi pregiudiziale. Secondo me da una parte, sarebbe necessario, specialmente nel mondo dei media, che una categoria importante come quella del dubbio venga rivalutata».
Alla domanda di Diaco, che ricorda l’assunzione di Minzolini alla Stampa diretto da Ezio Mauro, uno dei critici più duri dell’attuale TG1, e che gli chiede come sono i suoi rapporti personali con il direttore della Repubblica, Minzolini riponde: «Ogni tanto ci siamo incontrati per strada, ma non abbiamo mai coltivato un rapporto particolare. Io francamente sono rimasto sempre lo stesso. Mi ricordo che all’epoca Ezio mi portò alla Stampa, anche se poco dopo andò alla Repubblica. Ci incontravamo spesso sul marciapiede e all’epoca il marciapiede era quello dell’Hotel Raphael, dove c’era Craxi. E allora questa voglia di essere presenti sulla notizia è una cosa che ci ha messi in contatto e legato. In quell’occasione eravamo io, lui e un grandissimo giornalista, un vero maestro, Guido Quaranta (n.d.r.: fu Quaranta, giornalista dell’Espresso, ad aver dato a Minzolini il nomignolo “Lo Squalo”, per la sua abitudine a perdinare i protagonisti delle notizie di cui si occupava)».
Sempre a proposito delle critiche rivolte al suo TG1 e al suo eccessivo interesse per notizie di costume e di “distrazioni di massa” , Minzolini replica: «Secondo me qui c’è un enorme serbatoio di scemenze, che molto spesso vengono dette su questi argomenti. Il 90% di queste notizie le prendiamo dai giornali. Ho fatto anche una riflessione», continua il direttore, parlando dei commenti negativi ai servizi di apertura del tuo tg. «La prima pagina di un giornale è importante perchè è la pagina che si vede di più. In televisione è esattamente il contrario: ogni telegionale ha una linea che dal basso va verso l’alto. Quindi, in termini paradossali, l’ultima notizia è quella che ha più telespettatori, però ti viene contestato che “apri con questo” o “apri con quell’altro”. C’è un modo assolutamente banale che non va a vedere le cose per quelle che sono. Probabilmente io ho questo atteggiamento un po’ naïf, visto che sono arrivato in televisione un anno e mezzo fa, ma poi vado a vedere i dati, cerco di studiarmeli. (…) Non mi preoccupo per nulla di far cambiare idea ai miei detrattori (n.d.r.: ovvero a coloro che lo accusano di avere come editore di riferimento Berlusconi). Intanto, purtroppo, è una malattia della Rai quella di avere come editore di riferimento il Parlamento. Se già dovessi essere condizionato o intimidito da qualcuno, non sarei più me stesso. Rispetto al passato, anzi, quello che ho sempre mantenuto è questa coerenza: i condizionamenti non hanno mai funzionato con me».
E ancora: «In questi anni, e specialmente in quest’ultimo tempo, ci sono queste ideologie, ma è un’ideologia che oltretutto è tramontata perchè nel resto del mondo non c’è. Questa ideologia ha creato un meccanismo perverso per cui tu hai una realtà dei media in Italia e una realtà del paese reale.(…) Io penso che l’Italia sia giudicata “più male” di quella che è. Lo dimostra anche questa crisi. Faccio un esempio: noi adesso stiamo parlando della locomotiva tedesca. Esattamente un mese fa, prima che andassi in vacanza – ma ho fatto pochissime vacanze, in realtà – il Der Spiegel, il settimanale tedesco che ha fatto copertine sull’Italia molto critiche, ci ha indicato come modello, dicendo che in un momento di crisi finanziaria che va avanti nel tempo l’Italia ha dimostrato di avere forse il sistema più adatto. E tutto questo noi non ce lo riconosciamo. Se per caso dici una cosa del genere, lo fai perchè vuoi favorire il governo del momento. Ma è una follia! Questo è un modo di ragionare assurdo, perchè ci dobbiamo prendere i nostri demeriti ma anche i nostri meriti».
A proposito di ingerenze politiche nel suo lavoro, Minzolini puntualizza: «La cosa più ovvia è dire di sì e fare a modo proprio come i grandi direttori. Io di solito non telefono, ma rispondo a tutti. E poi ovviamente ascolto quello che mi viene detto. Ci rifletto, come è giusto, ma poi ragiono con la mia testa».
«Quando c’è stata la manifestazione per la libertà di stampa, ho fatto un editoriale dicendo: ma come si fa a dire che non c’è la libertà di stampa in questo paese? Io ne sono la dimostrazione, perchè sto lì e vengo criticato in una certa maniera. Dovrei essere l’elemento fondamentale dell’establishment, perchè dirigo un tg istituzionale, eppure sono sottoposto a critiche un giorno sì e un giorno no. In verità, in questo periodo le critiche sono diminuite e quasi sparite, forse perchè molti sono andati in vacanza. Ma soltanto immaginare con quello che è l’Italia, col numero di giornali che ha – uno non ne legge uno, ma dieci -, tu capisci che un’affermazione del genere è un paradosso. E’ assurdo».
Riguardo alle sue idee politiche giovanili, Minzolini asserisce che «è normale cambiare idea. Quando si inizia ad avere dubbi in gioventù, significa che sei nato vecchio. Poi nel tempo chiaramente ci ragioni».
Si affronta il tema dell’amicizia del premier con Noemi Letizia. «Alla fine di quella vicenda che cosa è rimasto? Non è rimasto nulla. Anzi addirittura, se vai a vedere dal punto di vista giudiziario, poi la cosiddetta inchiesta ha preso tutt’altro versante ed è andata a finire sulla regione Puglia. Allora, che cosa è “notizia”? E’ notizia il fatto di per sè, che poi viene abbandonato completamente?». – si chiede Minzolini, concedendosi una liberatoria risata. Eh sì, continua Minzo, «perchè la notizia è stata completamente abbandonata. Oppure è “notizia” il motivo per cui quasi puntualmente e “ad orologeria” in campagna elettorale c’è una vicenda che poi caratterizza quella campagna elettorale, mettendo da parte, ad esempio, il confronto tra programmi?».
Doveroso allora il riferimento diretto a Berlusconi: «ha rivoluzionato assolutamente la politica. Ho seguito buona parte della Prima Repubblica e la Seconda. Ed è cambiato completamente tutto. E’ cambiato un sistema. Prima avevamo una democrazia parlamentare in cui si facevano coalizioni e governi in un anno e mezzo. Ora i governi, bene o male, durano di più, c’è un linguaggio molto più diretto, c’è una politica più moderna».
D’Alema, secondo Minzolini, «ha contribuito molto a cambiare la sinistra, ma se c’è un elemento che è mancato è stato il coraggio. Sembra strano. Se vai a vedere l’esperienza del governo D’Alema, che tentò anche nella linea politica di imporre nuovi contenuti più riformisti, a un certo punto lui si bloccò improvvisamente. E non per colpa sua, perchè chiaramente la base, o “la tribù” come la chiamava lui, non lo seguiva. E’ successo con D’Alema ed è successo più tardi con Veltroni. Il problema grosso della sinistra italiana è fare un processo culturale profondo. La caduta del muro di Berlino, nel 1989, non fu vissuta per quella che doveva essere. Successe qualcosa di simile a Tangentopoli: si arrivò al paradosso per cui chi aveva avuto ragione fu messo in catene o andò in esilio e chi aveva sbagliato andò al governo del Paese, il che di per sè è paradossale. Quella lì fu una scorciatoia».
Tra frizzi, lazzi e risatine, il direttorissimo conclude con alcuni aneddoti riguardanti Mentana e il suo nuovo tg: «Sulla parola “istituzionale” un po’ ci sorrido. Un mese e mezzo fa, quando c’è stata la cerimonia del Ventaglio al Quirinale, mi sono trovato vicino Mentana. Questi aveva dato un’intervista dicendo che avrebbe voluto essere “il tg istituzionale”. E io gli ho detto: “Scusami, Enrico, ma che significa “istituzionale”?”. Lui mi ha risposto: “sai, quando ti fanno una domanda, una risposta devi darla, devi dare una parola e, visto che va di moda questo, ho detto quella parola”». E ancora: «Ieri parlavo al telefono con Franco Bechis, il vicedrirettore di Libero, che mi ha detto: “Ma tu sai che, vedendo la7, sembra di rivedere il tg5?”. In realtà non è che è cambiato un granchè».
Minzolini, invece, dai tempi fulgidi di “Ecce Bombo“, film in cui recitò in un indimenticabile cameo, è cambiato. E tanto.
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Gisella Ruccia
Videoblogger
Media & Regime - 27 Agosto 2010
Minzolini, Diaco e gli inni a B.
Il “direttorissimo” più discusso d’Italia si confessa, durante la trasmissione mattutina di Rai Uno, al cospetto di Perluigi Diaco, che già nell’incipt dell’intervista tributa all’ospite il titolo di direttore del “tg più autorevole e seguito d’Italia“.
Gli argomenti toccati da Minzolini sono i più disparati: da Berlusconi, che, secondo il direttore del TG1, “ha rivoluzionato la politica italiana, introducendo una politica più moderna“, a D’Alema, meritevole di aver contribuito a cambiare la sinistra italiana, ma reo di aver avuto poco coraggio.
La lunga intervista esordisce trattando la competizione del TG1 con il TgLa7, diretto da Mentana. Gli ottimi risultati ottenuti dal notiziario di Mentana non preoccupano Minzolini: «Francamente non mi sento in competizione con Mentana. Chiaramente ha un grande seguito sui media, che parlano di questo successo de La7, che è meritato». E prosegue: «Quello de La7 non è un successo di opinioni o di numeri, ma di media» e accenna alla crisi della “tv generalista”. «Faccio un esempio. Noi ad agosto, rispetto all’anno scorso, abbiamo avuto 500 mila spettatori in più, Mentana ne ha guadagnati 240 mila, di fatto noi abbiamo guadagnato il doppio. Il Tg5 ne ha persi all’incirca 270 mila. Semmai il problema non è mio, ma di Clemente Mimun».
Riguardo ai suoi acerrimi e numerosi detrattori, Minzolini sostiene, imbeccato da Diaco, che il tutto è imputabile non a personalismi, ma all'”ideologismo” e al “dogmatismo“. «C’è un politicamente corretto – afferma il direttore del TG1 – che normalmente vive più a sinistra che a destra. Io non dico che devo avere sempre ragione, però mi piacerebbe essere più giudicato sui fatti, che invece su una posizione quasi pregiudiziale. Secondo me da una parte, sarebbe necessario, specialmente nel mondo dei media, che una categoria importante come quella del dubbio venga rivalutata».
Alla domanda di Diaco, che ricorda l’assunzione di Minzolini alla Stampa diretto da Ezio Mauro, uno dei critici più duri dell’attuale TG1, e che gli chiede come sono i suoi rapporti personali con il direttore della Repubblica, Minzolini riponde: «Ogni tanto ci siamo incontrati per strada, ma non abbiamo mai coltivato un rapporto particolare. Io francamente sono rimasto sempre lo stesso. Mi ricordo che all’epoca Ezio mi portò alla Stampa, anche se poco dopo andò alla Repubblica. Ci incontravamo spesso sul marciapiede e all’epoca il marciapiede era quello dell’Hotel Raphael, dove c’era Craxi. E allora questa voglia di essere presenti sulla notizia è una cosa che ci ha messi in contatto e legato. In quell’occasione eravamo io, lui e un grandissimo giornalista, un vero maestro, Guido Quaranta (n.d.r.: fu Quaranta, giornalista dell’Espresso, ad aver dato a Minzolini il nomignolo “Lo Squalo”, per la sua abitudine a perdinare i protagonisti delle notizie di cui si occupava)».
Sempre a proposito delle critiche rivolte al suo TG1 e al suo eccessivo interesse per notizie di costume e di “distrazioni di massa” , Minzolini replica: «Secondo me qui c’è un enorme serbatoio di scemenze, che molto spesso vengono dette su questi argomenti. Il 90% di queste notizie le prendiamo dai giornali. Ho fatto anche una riflessione», continua il direttore, parlando dei commenti negativi ai servizi di apertura del tuo tg. «La prima pagina di un giornale è importante perchè è la pagina che si vede di più. In televisione è esattamente il contrario: ogni telegionale ha una linea che dal basso va verso l’alto. Quindi, in termini paradossali, l’ultima notizia è quella che ha più telespettatori, però ti viene contestato che “apri con questo” o “apri con quell’altro”. C’è un modo assolutamente banale che non va a vedere le cose per quelle che sono. Probabilmente io ho questo atteggiamento un po’ naïf, visto che sono arrivato in televisione un anno e mezzo fa, ma poi vado a vedere i dati, cerco di studiarmeli. (…) Non mi preoccupo per nulla di far cambiare idea ai miei detrattori (n.d.r.: ovvero a coloro che lo accusano di avere come editore di riferimento Berlusconi). Intanto, purtroppo, è una malattia della Rai quella di avere come editore di riferimento il Parlamento. Se già dovessi essere condizionato o intimidito da qualcuno, non sarei più me stesso. Rispetto al passato, anzi, quello che ho sempre mantenuto è questa coerenza: i condizionamenti non hanno mai funzionato con me».
E ancora: «In questi anni, e specialmente in quest’ultimo tempo, ci sono queste ideologie, ma è un’ideologia che oltretutto è tramontata perchè nel resto del mondo non c’è. Questa ideologia ha creato un meccanismo perverso per cui tu hai una realtà dei media in Italia e una realtà del paese reale.(…) Io penso che l’Italia sia giudicata “più male” di quella che è. Lo dimostra anche questa crisi. Faccio un esempio: noi adesso stiamo parlando della locomotiva tedesca. Esattamente un mese fa, prima che andassi in vacanza – ma ho fatto pochissime vacanze, in realtà – il Der Spiegel, il settimanale tedesco che ha fatto copertine sull’Italia molto critiche, ci ha indicato come modello, dicendo che in un momento di crisi finanziaria che va avanti nel tempo l’Italia ha dimostrato di avere forse il sistema più adatto. E tutto questo noi non ce lo riconosciamo. Se per caso dici una cosa del genere, lo fai perchè vuoi favorire il governo del momento. Ma è una follia! Questo è un modo di ragionare assurdo, perchè ci dobbiamo prendere i nostri demeriti ma anche i nostri meriti».
A proposito di ingerenze politiche nel suo lavoro, Minzolini puntualizza: «La cosa più ovvia è dire di sì e fare a modo proprio come i grandi direttori. Io di solito non telefono, ma rispondo a tutti. E poi ovviamente ascolto quello che mi viene detto. Ci rifletto, come è giusto, ma poi ragiono con la mia testa».
«Quando c’è stata la manifestazione per la libertà di stampa, ho fatto un editoriale dicendo: ma come si fa a dire che non c’è la libertà di stampa in questo paese? Io ne sono la dimostrazione, perchè sto lì e vengo criticato in una certa maniera. Dovrei essere l’elemento fondamentale dell’establishment, perchè dirigo un tg istituzionale, eppure sono sottoposto a critiche un giorno sì e un giorno no. In verità, in questo periodo le critiche sono diminuite e quasi sparite, forse perchè molti sono andati in vacanza. Ma soltanto immaginare con quello che è l’Italia, col numero di giornali che ha – uno non ne legge uno, ma dieci -, tu capisci che un’affermazione del genere è un paradosso. E’ assurdo».
Riguardo alle sue idee politiche giovanili, Minzolini asserisce che «è normale cambiare idea. Quando si inizia ad avere dubbi in gioventù, significa che sei nato vecchio. Poi nel tempo chiaramente ci ragioni».
Si affronta il tema dell’amicizia del premier con Noemi Letizia. «Alla fine di quella vicenda che cosa è rimasto? Non è rimasto nulla. Anzi addirittura, se vai a vedere dal punto di vista giudiziario, poi la cosiddetta inchiesta ha preso tutt’altro versante ed è andata a finire sulla regione Puglia. Allora, che cosa è “notizia”? E’ notizia il fatto di per sè, che poi viene abbandonato completamente?». – si chiede Minzolini, concedendosi una liberatoria risata. Eh sì, continua Minzo, «perchè la notizia è stata completamente abbandonata. Oppure è “notizia” il motivo per cui quasi puntualmente e “ad orologeria” in campagna elettorale c’è una vicenda che poi caratterizza quella campagna elettorale, mettendo da parte, ad esempio, il confronto tra programmi?».
Doveroso allora il riferimento diretto a Berlusconi: «ha rivoluzionato assolutamente la politica. Ho seguito buona parte della Prima Repubblica e la Seconda. Ed è cambiato completamente tutto. E’ cambiato un sistema. Prima avevamo una democrazia parlamentare in cui si facevano coalizioni e governi in un anno e mezzo. Ora i governi, bene o male, durano di più, c’è un linguaggio molto più diretto, c’è una politica più moderna».
D’Alema, secondo Minzolini, «ha contribuito molto a cambiare la sinistra, ma se c’è un elemento che è mancato è stato il coraggio. Sembra strano. Se vai a vedere l’esperienza del governo D’Alema, che tentò anche nella linea politica di imporre nuovi contenuti più riformisti, a un certo punto lui si bloccò improvvisamente. E non per colpa sua, perchè chiaramente la base, o “la tribù” come la chiamava lui, non lo seguiva. E’ successo con D’Alema ed è successo più tardi con Veltroni. Il problema grosso della sinistra italiana è fare un processo culturale profondo. La caduta del muro di Berlino, nel 1989, non fu vissuta per quella che doveva essere. Successe qualcosa di simile a Tangentopoli: si arrivò al paradosso per cui chi aveva avuto ragione fu messo in catene o andò in esilio e chi aveva sbagliato andò al governo del Paese, il che di per sè è paradossale. Quella lì fu una scorciatoia».
Tra frizzi, lazzi e risatine, il direttorissimo conclude con alcuni aneddoti riguardanti Mentana e il suo nuovo tg: «Sulla parola “istituzionale” un po’ ci sorrido. Un mese e mezzo fa, quando c’è stata la cerimonia del Ventaglio al Quirinale, mi sono trovato vicino Mentana. Questi aveva dato un’intervista dicendo che avrebbe voluto essere “il tg istituzionale”. E io gli ho detto: “Scusami, Enrico, ma che significa “istituzionale”?”. Lui mi ha risposto: “sai, quando ti fanno una domanda, una risposta devi darla, devi dare una parola e, visto che va di moda questo, ho detto quella parola”». E ancora: «Ieri parlavo al telefono con Franco Bechis, il vicedrirettore di Libero, che mi ha detto: “Ma tu sai che, vedendo la7, sembra di rivedere il tg5?”. In realtà non è che è cambiato un granchè».
Minzolini, invece, dai tempi fulgidi di “Ecce Bombo“, film in cui recitò in un indimenticabile cameo, è cambiato. E tanto.
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Roma, 13 mar. (Adnkronos/Labitalia) - Si è conclusa oggi la terza edizione del Welfare day evento di riferimento per il mondo del welfare aziendale, organizzato da Comunicazione Italiana in collaborazione con Pluxee Italia, player globale leader nei benefit aziendali e nell’employee engagement. La giornata, ospitata presso Palazzo dell’Informazione in Roma e trasmessa in diretta su www.comunicazioneitaliana.tv, ha offerto spunti concreti su come le imprese possano integrare il welfare nelle proprie strategie, favorendo sostenibilità, engagement dei dipendenti e innovazione.
L'evento si è aperto con il Keynote Speech di Pluxee Italia, in cui Anna Maria Mazzini e Tommaso Palermo - rispettivamente Chief Growth Officer e Managing Director di Pluxee Italia - hanno evidenziato come il welfare aziendale stia evolvendo in una strategia collettiva, guidata dalla digitalizzazione e dalla crescente personalizzazione dei servizi. Attraverso dati e case study, è emerso come la tecnologia stia rivoluzionando la gestione del benessere dei dipendenti, rendendolo più accessibile ed efficace. Durante l’evento Pluxee ha presentato anche la nuova piattaforma welfare: un’innovazione che amplia l’offerta dei servizi offerti, basata su flessibilità, accessibilità e ampiezza del network.
Nel corso delle tre sessioni talk show, con la partecipazione di Chro, welfare manager e altre figure hr chiave di aziende del Paese, sono stati affrontati alcuni dei temi più rilevanti per il futuro del welfare. Nel primo, 'Welfare strategico: l’alleanza tra hr e business e la creazione di valore sostenibile', con la conduzione di Esther Intile di Enel Group, è stato approfondito il legame tra il welfare aziendale e la sostenibilità delle imprese. Tra i punti emersi, la necessità di un approccio integrato tra hr e business per massimizzare l’impatto positivo del welfare sulla produttività e sulla retention dei talenti.
Nel secondo panel, “Il ruolo dei benefit aziendali all'interno della strategia di welfare”, si è discusso di come i benefit siano passati da strumenti standardizzati a soluzioni sempre più personalizzate, grazie all’ascolto attivo delle esigenze dei dipendenti e all’uso di piattaforme digitali. Relatori e relatrici hanno sottolineato l'importanza di costruire un ecosistema aziendale basato sulla flessibilità e sull’inclusione, ma hanno anche posto l’accento su una criticità diffusa: troppi dipendenti non conoscono o non sfruttano i benefit a loro disposizione. Servono quindi strategie di comunicazione più efficaci per favorire un reale engagement.
Il terzo e ultimo talk show, “La centralità del welfare nelle strategie di attraction e retention”, ha posto l’attenzione sulla crescente importanza del welfare come strumento di attrazione e fidelizzazione dei talenti. Tra le best practice emerse, il rafforzamento di benefit legati alla salute, al sostegno alla genitorialità e al benessere psicologico, aspetti ormai fondamentali per le nuove generazioni di lavoratori.
La sfida è coniugare ascolto e personalizzazione, superando l’approccio one-size-fits-all e costruendo soluzioni di welfare sempre più dinamiche, scalabili e in linea con le nuove esigenze del mondo del lavoro. Un welfare aziendale davvero efficace non solo migliora il benessere di lavoratori e lavoratrici, ma genera un impatto positivo sull'intera organizzazione, contribuendo alla sostenibilità e alla crescita nel lungo periodo. Durante l’evento hanno condiviso la loro esperienza le seguenti aziende: Altergon Italia, Atac, Eidosmedia, Fater, Fedegroup, Fendi, Hewlett Packard Enterprise, Philip Morris International, Procter & Gamble, Rheinmetall Italia, Ria Money Transfer e Tim. L’evento potrà a breve essere riascoltato su www.comunicazione.tv. L’appuntamento con il Welfare day si rinnova per il 2026, con l’obiettivo di continuare a tracciare il futuro del welfare aziendale in Italia.
Milano, 13 mar. (Adnkronos) - "Procederemo a tutelare la reputazione e l’onorabilità dello studio legale Giarda nelle opportune sedi competenti, come, del resto, già avvenuto in passato nei confronti dello stesso avvocato Massimo Lovati, confidando che questa vicenda possa finalmente trovare la giusta definizione, da tempo auspicata anche dal fondatore dello studio". Gli avvocati Fabio ed Enrico Giarda, ex difensori di Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni per l'omicidio della fidanzata Chiara Poggi, replicano così alle affermazioni del difensore di Andrea Sempio, nuovamente indagato per il delitto di Garlasco, che ha sostenuto che "l'indagine del 2017 è stata frutto di una macchinazione".
Dichiarazioni ritenute dai fratelli Giarda "del tutto gratuite e gravemente lesive. L'avvocato Lovati evidentemente dimentica che la denuncia a suo tempo presentata nel 2017 da Andrea Sempio nei confronti dello studio legale Giarda e degli investigatori incaricati è stata archiviata nel 2020 dal gip di Milano, che nella sua ordinanza ha certificato l’assoluta correttezza dell’attività di raccolta e successiva estrazione dai reperti".
Milano, 13 mar. (Adnkronos) - "Il mercato domestico è in leggera crescita, sia a volume che a valore. Noi siamo cresciuti un po’ più del mercato, abbiamo guadagnato un +2,6 contro il 2% del mercato". Lo afferma Renato Roca, country manager di Findus Italia, all’evento ‘100%: il nostro percorso di sostenibilità’, organizzato oggi a Milano da Findus per celebrare il traguardo del 100% di prodotti ittici certificati Msc e Asc.
“L'Italia non è un Paese da grandissime crescite nel food nel largo consumo - spiega Roca - però è un mercato che sta continuando a dare una buona soddisfazione da quando siamo usciti dai periodi un po’ tesi della grande morsa inflattiva del 2022 e 2023. Dal 2024 il mercato si è normalizzato, anche grazie a iniziative, come la nostra, di comunicazione, di riposizionamento prezzi, che hanno un po’ smosso le acque. Siamo quindi molto fiduciosi”.
Come sottolineato anche all’incontro con la stampa organizzato oggi all'Acquario civico di Milano, quello del surgelato è un settore che “intercetta una serie di trend, come quello dell'anti spreco ma anche dell’attenzione alle abitudini alimentari. Il nostro portafoglio prodotti è composto all'80% da pesce e vegetali e adesso abbiamo anche il pollo - conclude il country manager di Findus Italia - Quello che è confortante come dato è che il mercato ha riacquistato l'1% delle famiglie che erano uscite, noi abbiamo riacquisito 2 punti di penetrazione tra le famiglie acquirenti e il pesce, in particolare, ne ha acquisiti 4”.
Milano, 13 mar. (Adnkronos) - "Il mercato domestico è in leggera crescita, sia a volume che a valore. Noi siamo cresciuti un po’ più del mercato, abbiamo guadagnato un +2,6 contro il 2% del mercato". Lo afferma Renato Roca, country manager di Findus Italia, all’evento ‘100%: il nostro percorso di sostenibilità’, organizzato oggi a Milano da Findus per celebrare il traguardo del 100% di prodotti ittici certificati Msc e Asc.
“L'Italia non è un Paese da grandissime crescite nel food nel largo consumo - spiega Roca - però è un mercato che sta continuando a dare una buona soddisfazione da quando siamo usciti dai periodi un po’ tesi della grande morsa inflattiva del 2022 e 2023. Dal 2024 il mercato si è normalizzato, anche grazie a iniziative, come la nostra, di comunicazione, di riposizionamento prezzi, che hanno un po’ smosso le acque. Siamo quindi molto fiduciosi”.
Come sottolineato anche all’incontro con la stampa organizzato oggi all'Acquario civico di Milano, quello del surgelato è un settore che “intercetta una serie di trend, come quello dell'anti spreco ma anche dell’attenzione alle abitudini alimentari. Il nostro portafoglio prodotti è composto all'80% da pesce e vegetali e adesso abbiamo anche il pollo - conclude il country manager di Findus Italia - Quello che è confortante come dato è che il mercato ha riacquistato l'1% delle famiglie che erano uscite, noi abbiamo riacquisito 2 punti di penetrazione tra le famiglie acquirenti e il pesce, in particolare, ne ha acquisiti 4”.
Roma, 13 mar. - (Adnkronos) - Quella di oggi, per il governatore Francesco Rocca, è “una bella giornata, che ci ricorda da un lato quanto è bello vivere e rappresentare questa regione, ma soprattutto l’importanza di essere accompagnati in questo viaggio e in questo anno particolare, che è un’occasione che non possiamo perdere, fra Giubileo e l’Expo di Osaka. Sono grato al Niaf per la capacità di custodire l’elemento valoriale con la necessità di andare oltre ai confini. Questa è la conseguenza naturale di valori che non si è mai persa: la comunità italoamericana non deve perdere le sue radici, la consapevolezza, e l’orgoglio di essere italiani”.
“I 20 milioni di italoamericani sono i migliori ambasciatori dell’Italia nel mondo - afferma il presidente Niaf Robert Allegrini - e nel nostro 50mo anniversario non potevamo che scegliere il Lazio: abbiamo voluto condividere l’occasione con la regione che ospita la capitale d’Italia, non potevamo fare altrimenti, per dimostrare che il Lazio non è solo il Colosseo e la Fontana di Trevi ma che è una Regione che guarda al futuro”. Un legame quello con il Lazio che si fa anche con il cibo ma non solo. Un piatto su tutti: le Fettuccine alla Alfredo: “Poter portare a Washington Mario Mozzetti del ristorante Alfredo alla Scrofa, uno dei più grandi ambasciatori del Lazio negli Stati Uniti e di avere l'opportunità qua a Roma di andare al ristorante dove è nato questo piatto iconico per me è un motivo di grande soddisfazione”. Per Mario Mozzetti, “è un vero sogno andare alla convention Niaf di Washington e portare le fettuccine alla Alfredo. Portare questo piatto è un orgoglio anche a livello storico: portare Alfredo alla Scrofa negli Stati Uniti significa raccontare la storia che collega idealmente, ma non solo, l’Italia e gli Stati Uniti”.
Roma, 13 mar. - (Adnkronos) - Il Lazio è “Regione d’Onore Niaf 2025”. Un evento che ricade nel 50mo anniversario della National Italian American foundation, la più grande associazione di italoamericani. Lo slogan è chiaro: “All you need is Lazio”, fra sapori autentici, la storia incisa nella pietra, meraviglie naturali, benessere e relax, arte e artigianato, la magia del cinema, innovazione e aerospazio, eccellenza accademica e un patrimonio culturale unico. “È un grande riconoscimento - afferma Roberta Angelilli, vicepresidente e assessore a Sviluppo economico, Commercio, Artigianato, Industria, Internazionalizzazione della Regione Lazio - in cui saremo protagonisti a 360 gradi. Saranno coinvolte 20 startup e pmi innovative oltre a 18 grandi imprese che saranno attori protagonisti. Non è solo un grande evento ma è una vera missione di sistema. Ma non ci saranno solo le imprese: saranno coinvolte anche università e centri di ricerca. Startup. Gli obiettivi, netti e chiari - prosegue Angelilli - sono un piano di networking per una forte connessione con le imprese. L’altra sfida è l’ attrazione degli investimenti”. Per Amedeo Teti, capo Dipartimento per il Mercato del Mimit, “la Regione Lazio merita questa posizione di Regione d’onore. Il Lazio è da sempre attrattore di grandi investimenti. Secondo il Financial Times poi solo nel 2024 l’Italia ha attratto 35,5 miliardi di investimenti e ha creato 36mila posti di lavoro”.
Roma, 13 mar. (Labitalia) - "La vostra fiera pone la sostenibilità al centro del confronto tra tutti voi e tra tutti noi e non potrebbe essere altrimenti". Così il ministro dell'Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto in un videomessaggio in occasione di LetExpo 2025, la fiera di riferimento per i trasporti, la logistica, i servizi alle imprese e la sostenibilità, promossa da Alis in collaborazione con Veronafiere (11-14 marzo).
"La logistica è il sistema circolatorio delle nostre società. Attraverso la via della distribuzione riceviamo e inviamo ciò che consumiamo e ciò che produciamo. Quello che compriamo viene spesso da molto lontano e le nostre aziende esportano in ogni continente - continua - Se tutto questo ha creato ricchezza e opportunità ha anche creato pesanti effetti sull'ambiente. Per questo è molto importante che puntiate alla sostenibilità ambientale, naturalmente conciliata con la sostenibilità economica e sociale perché con l'ambientalismo dogmatico non si fa un favore né alla natura né alle persone. Anzi, se non consideriamo il tema socio-economico, le politiche ambientali saranno automaticamente respinte. Su questo tema non abbiamo mai fatto un passo indietro".
"La voce più chiara e determinata è stata quella dell'Italia a ogni tavolo negoziale europeo. Non mettiamo in discussione gli obiettivi finali, gli obiettivi climatici, ma chiediamo misure adatte al nostro Paese - spiega - Se il risultato delle politiche ambientali è la desertificazione industriale, perdiamo tutti. Con la neutralità tecnologica ognuno sceglie la propria strada verso una meta che resta comunque la meta che dobbiamo raggiungere".
"La vostra iniziativa punta ad accrescere la consapevolezza ecologica del settore dei trasporti, lo fa mettendo a confronto istituzioni, imprese, con il mondo della ricerca e delle professioni. Non si ragiona per compartimenti stagni. E' in questo modo che si passa dall'ideologia alla concretezza, alla realtà, dal dogma alla soluzione della questione. Insieme sapremo fare squadra", conclude.