Cosa c’è dietro le bombe reggine? Ho letto con attenzione molti degli articoli apparsi ieri sulla stampa riguardo alla bomba esplosa sotto casa del procuratore Di Landro. Mi ha colpito, in particolare, il post che Angela Napoli ha pubblicato nel suo blog de ilfattoquotidiano.it, soprattutto dove dice: “Ma cosa si nasconde dietro tutto questo clima? Dissapori interni alla stessa Magistratura? Se così fosse, quali i motivi di tali rivalse?.”
Personalmente non comprendo cosa intendesse dire, ma condivido in pieno il suo atteggiamento diffidente.
Da magistrato ho lavorato come giudice penale nella locride e conosco l’ambiente reggino. Del procuratore Di Landro (all’epoca facente funzioni), nei tre anni che ho passato in Calabria, non ricordo nulla di particolarmente significativo o eclatante. Un magistrato “anonimo” (che ritengo una dote), come molti altri seri e fedeli servitori dello Stato. Certamente non un simbolo. Gli eventi di oggi, per contro, gli conferiscono una grande autorità, rappresentandolo come un eroe della magistratura reggina e conferendogli una visibilità che le sue attività professionali non gli avevano sinora mai dato. Senza nulla togliere alla sua professionalità, mi sembra quindi improprio, sotto questi aspetti, il paragone con Magistrati con le attività investigative di giudici dello spessore di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Gherardo Colombo, Luigi De Magistris. Di qui la prima anomalia: perché, se si deve fare un gesto eclatante, la scelta delle ‘ndrine è caduta proprio su Di Landro, e non, piuttosto, su magistrati (per tutti Nicola Gratteri, ad esempio), che al contrario costituiscono da anni un “simbolo” della lotta alla ‘ndrangheta?
Ma sono anche altri i fatti che mi lasciano perplesso. Nessuno è in grado di sapere cosa si celi realmente dietro questi fatti, ma una cosa è certa: se si tratta di ‘ndrangheta è un comportamento davvero anomalo.
Un comportamento che sposta il consenso popolare verso lo Stato, attirando attenzione mediatica, è infatti agli antipodi del tradizionale modus operandi delle ‘ndrine: la mafia calabrese opera in silenzio, senza clamore, e quando deve colpire, va fino in fondo. In questo caso ci sono degli atti violenti (peraltro ripetuti), che non hanno recato alcuna lesione alle persone. Gli atti dimostrativi (di questo si tratta!) non fanno però parte delle strategie ‘ndranghetiste, almeno quando si tratta di eventi destinati ad avere grande visibilità sull’intero territorio nazionale (si pensi ai delitti Fortugno o alla strage di Duisburg).
In più, se davvero l’ obiettivo intimidatorio fosse il dott. Di Landro (come appare in questa fase embrionale di indagine), le ‘ndrine avrebbero ottenuto solo il risultato di rafforzarne la posizione. Una ulteriore stranezza di queste bombe reggine, almeno a mio avviso: la ‘ndrangheta infatti tende sempre a screditare i suoi nemici, non a conferirne autorevolezza all’esterno.
Davvero una strategia anomala.
Esprimo ovviamente tutta la mia solidarietà al procuratore Di Landro, ma nel leggere le unanimi ricostruzioni di ieri, francamente mi sento spinto ad una maggiore prudenza, ed inviterei (anche io) ad aspettare l’evoluzione delle indagini per comprendere meglio cosa stia accadendo.