Politica

Manifesto dell’incertezza

Sappiamo tutti come funziona. Quando uno ha un amico dottore, comincia subito a raccontargli doloretti e magagne. E poi gli butta lì: che mi consigli?

Da qualche tempo mi sta capitando qualcosa di simile. Amici o gente conosciuta in treno mi chiede con un sorriso quasi speranzoso: ma tu che fai la giornalista, mi spieghi che diavolo sta succedendo?

Il podio delle domande più frequenti è così strutturato:

1) Berlusconi è finito sì o no?

2) Fini è un genio o un cretino?

3) Questi del Pd ci sono o ci fanno?

Il problema è che anche chi segue per lavoro ogni giorno tutti i movimenti del sistema non ha le risposte desiderate. Si può tentare una diagnosi, includere o escludere qualche ipotesi, prevedere un decorso: poca roba.

In estrema sintesi, le mie considerazioni sono le seguenti:

1) Berlusconi ha i decenni contati e non se ne andrà a mani vuote, visto che dall’Italia ha sempre avuto tutto: soldi, potere e impunità. Perché mollare proprio adesso? Venderà l’anima a tutti i Bossi e Casini e Rutelli del caso pur di rimanere sui suoi tacchi un giorno in più.

2) Fini è oggettivamente incomprensibile. Avanza a scatti e rincula, difende la democrazia ma quando gli fa comodo scompare, compie scelte personali coraggiose e poi rischia l’osso del collo su questioni minime, per di più domestiche. Per dirla tutta, non sembra un gigante.

3) Il Pd, come sempre, ha paura. E’ difficile dire alla gente che il nostro paese è in condizioni pessime e chiunque se ne accolli la responsabilità avrà enormi guai per i prossimi vent’anni – dando per scontato che si smetta immediatamente di rubare. Quelli di sinistra fanno così: quando governano, cercano di migliorare un po’  le cose contenendo l’avidità truffaldina di chiunque possa mettere le mani sulla cosa pubblica. E alla fine cadono, perché non hanno spartito abbastanza tra i potenti né ridistribuito il necessario tra le gente comune (Bersani o Veltroni fa lo stesso). Nessuno nel partito vuole un outsider come Vendola o Di Pietro perché c’è la serissima possibilità che il popolo di sinistra li voti buttando fuori strada il Pd, ma anche il concreto rischio che i moderati storcano il naso davanti alla novità deviando su Lega, Casini o astensionismo a oltranza.

Nell’insieme, tutto è bloccato. Le banche stritolano cittadini e aziende, scuola e sanità peggiorano a vista d’occhio, grandi concentrazioni industriali e finanziarie spremono quel che resta del consumo nazionale. E la gente, troppa gente, continua a illudersi che fregandosene o rubacchiando ogni giorno un po’, ce la si possa ancora fare: niente scontrini, il favore dell’amico assessore a vattelapesca, il voto di scambio (al ribasso) su qualsiasi decisione, giusto per dare un valore economico a un sistema che non ha nulla di civico basandosi esclusivamente su una visione tribale della comunità.

A questo punto l’interpellante in genere è depresso e rabbuiato, si pente della semplice domanda posta tra un trillo di cellulare e un annuncio di ritardo, tira un sorriso flebile e dice: vabbè, grazie, buon lavoro.

E io la prossima volta nasco dottore, così magari un minimo di sollievo potrò garantirlo. A gentile richiesta.