«Palermo, la Sicilia e tutto il sud Italia (lo dice dal 2003 il Censis e lo ha ricordato di recente il governatore della Banca d’Italia) senza lo zavorramento dell’economia mafiosa avrebbe un prodotto interno lordo pari a quello del nord Italia. Se in questo frangente la partecipazione democratica e la ribellione in massa degli imprenditori diventano il cuore della lotta a Cosa Nostra saremo prestissimo a una svolta epocale.
«Finora, quando è andata bene, abbiamo resistito. Ora dobbiamo credere e spenderci per la Liberazione. Possiamo diventare un vero popolo. Dipende dalla volontà di tutti noi. Dobbiamo riuscire a dare corpo e vita a parole come giustizia, libertà, democrazia. Possiamo, quindi dobbiamo farlo. Ora o forse mai più.»
Un anno dopo, il 6 novembre 2008, l’Assemblea regionale siciliana ha approvato con i voti di maggioranza e opposizione il disegno di legge sulle «misure di contrasto alla criminalità organizzata». Applausi in aula e in conferenza stampa indetta congiuntamente dal presidente dell’Ars, Francesco Cascio, di Forza Italia e dal presidente della commissione regionale Antimafia, Lillo Speziale, del Partito democratico. Non era mai successo.
La normativa stabilisce un principio innovativo: le imprese che non denunciano e che, secondo accertamenti giudiziari, hanno favorito la mafia non potranno più concorrere per l’assegnazione di appalti pubblici. È previsto, tra l’altro, il rimborso degli oneri fiscali per cinque periodi di imposta agli imprenditori che denunciano richieste di estorsioni, un conto corrente unico dove le imprese devono versare le somme relative agli appalti superiori a 100mila euro. Ci sarà anche un fondo di rotazione per la fruizione dei beni confiscati ai boss, saranno accordate fidejussioni e credito alle cooperative sociali che li gestiscono «per la progettazione e realizzazione delle opere di adattamento». La Regione è obbligata a costituirsi parte civile in tutti i processi di mafia che si celebrano in Sicilia.
Pina Grassi mette in guardia dalla facile illusione: «Questa legge è ottima solo se sarà applicata. Non abbiamo vinto, la strada purtroppo è ancora in salita. È un momento fondamentale questo e non ci dobbiamo fermare come non si stanno fermando i magistrati, le forze di polizia. Cosa Nostra è in difficoltà ma c’è incertezza su come si muoverà. Ed è in momenti come questo che è estremamente pericolosa. Quando sta in silenzio non si sa mai dove va parare.»
Una strada in salita che non riguarda solo la Sicilia, ma l’Italia intera, a suo giudizio (e non solo).
«Vedo il nostro Paese ridotto male. Stiamo tirando fuori il peggio di noi stessi quando andiamo a votare, inoltre evadendo le tasse pretendiamo senza contribuire. Come fai a volere la scuola, la Sanità pubblica se non paghi. Le tasse non fanno piacere a nessuno ma sono necessarie. Per un cittadino ci sono i diritti ma ci sono pure i doveri. A me sembra che in Italia tutti accampano diritti ma pochi sono disposti a esercitare i propri doveri. No so davvero come si uscirà da questa crisi etica, non crediamo nella collettività, abbiamo un egoismo che si ritorce contro noi stessi».