Tra gli indagati ci sono veterinari, allevatori e rivenditori. A rischio, secondo quanto afferma il pm di Milano, Nicola Belice, la sanità pubblica
Seviziavano cuccioli di cani e gatti e li trasportavano dalla Repubblica Slovacca all’Italia. Gli animali, senza una regolare vaccinazione contro la rabbia, venivano poi venduti in alcuni negozi di Milano e Torino. Nove persone (tra cui due veterinari), sono ora indagate dalla procura di Milano, con diversi capi d’accusa: associazione per delinquere, maltrattamento di animali, truffa, frode in commercio, falso e violazione di normative comunitarie. Gli animali venivano trasportati “facendoli viaggiare – scrive il pm Nicola Balice – per lunghi tragitti, in condizioni precarie (stivati in gabbie inadeguate e privi di acqua)”, dopo averli allontanati “precocemente dalla madre”.
Una volta arrivati negli allevamenti e nei negozi gestiti dagli indagati, i cuccioli venivano sottoposti “a sevizie e fatiche insopportabili per le loro caratteristiche etologiche”. Gli animali dunque subivano “maltrattamenti” e “sofferenze”. Alcuni non venivano proprio vaccinati, altri invece subivano “trattamenti vaccinali ripetuti” e gli venivano somministrati “medicinali al solo scopo di ritardare la scoperta di patologie”. Il pm parla di un “potenziale pericolo per la sanità pubblica”. I due veterinati indagati avrebbero fornito certificati falsi per l’anagrafe canina. In questo modo, i gestori dei negozi potevano consegnare alla clientela cani “con qualità diverse da quelle pattuite”, continua il pm Balice, “con particolare riferimento all’età, alle condizioni di salute e alla provenienza geografica”, guadagnando grazie alla “differenza tra i prezzi praticati sul mercato tra cuccioli di provenienza italiana e dell’Est Europa”.