La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Così recita l’art. 9 della nostra bella Costituzione. Queste 13 parole assegnano un dovere molto preciso ai governanti che dal dopoguerra si misurano, a tutti i livelli amministrativi, con la gestione del territorio italiano che, per le sue qualità, richiede delicatezza e moderazione.
Tutelare. Un verbo appartenente alla categoria dei premonitori. Sicuramente dettato da uno stato di preoccupazione. Perché tutelare sta ad indicare la necessità di adottare precauzioni per difendere o salvaguardare beni, diritti o altro, così da proteggersi da persone o cose. Ed infatti, c’era proprio di che preoccuparsi.
Preoccuparsi del dilagare di un altro principio sancito da un articolo non formale ma sostanziale: La Repubblica Italiana è fondata sul cemento.
Si assiste da decenni a piani regolatori che in ogni comune hanno previsto espansioni al di fuori delle mura. Centri storici abbandonati e che crollano letteralmente a pezzi. Insediamenti residenziali e commerciali che sommati uno all’altro hanno creato delle città continue, conurbazioni enormi e periferie grigie, anonime e indistinte. Outlet con sconti da capogiro e cittadelle del divertimento che offrono, in zona tangenziale, la bella vita! E poi le infrastrutture, soprattutto quelle autostradali e a scorrimento veloce (veloci sulla carta, perché in realtà sono sempre intasate di lavoratori/consumatori in cerca della via d’accesso alla bella vita), raccordi, rotonde, complanari. Nastri di asfalto la cui costruzione porta con se la trasformazione di veri dipinti. Si parte con cerimonie di posa della prima pietra in aperta campagna, con grano e papaveri sullo sfondo; si termina con inaugurazioni (quando ci si arriva) in paesaggi artificiali, scatoloni prefabbricati e insegne luminose con palmette a luce intermittente.
E’ forse questa, la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione, voluta dai tanto amati e idolatrati padri costituenti? Fertili pianure agricole, romantiche coste marine, affascinanti pendenze montane e armoniose curve collinari, quotidianamente sottoposte alla minaccia, all’attacco e all’invasione di betoniere, trivelle e ruspe? In Liguria, terminata la terra ferma, hanno iniziato a costruire nel mare. La Padania, che qualcuno immagina come una terra celtica attraversata dal Divino Po, è in realtà una megalopoli che da Torino arriva a Venezia quasi senza soluzione di continuità. La Campania non è più Felix. Il teodolite (quell’attrezzo tipo cannocchiale usato da ingegneri e geometri ai bordi delle provinciali per i rilievi topografici) è il segno premonitore dell’imminente colata di cemento che può verificarsi ovunque e senza nessuno scrupolo, nei posti più impensabili o protetti, in prossimità di un sito archeologico, in piena oasi naturale, a ridosso di un borgo medievale.
Tutti i sindaci d’Italia, avendo giurato sulla Costituzione, dovrebbero mettere in pratica fin dal primo giorno del loro insediamento un’azione volta alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione, purtroppo però tale obbligo costituzionale è stato completamente disatteso lasciando campo libero ad una politica urbanistica basata sulla speculazione, sui condoni edilizi e sull’azione selvaggia e barbara di chi ha avvallato, approvato o ha taciuto di fronte all’ispessimento quotidiano della repellente crosta di cemento e asfalto, come la chiamava Antonio Cederna.
E’ stato cavalcato un unico modello di sviluppo: quello iperconsumista e iperindividualista, che tutto divora. Senza alcun rispetto per la storia, per la natura e per i beni comuni. I protagonisti? Trasversali. Chi si ispirava e si ispira al sogno americano, chi sognava e da tempo ormai non sogna più il Sol dell’Avvenir.
Tutto questo può cambiare? Non solo può ma deve!
Dobbiamo disintossicarci dai volantini del 3×2, dagli sconti imperdibili e dagli incentivi per auto da restituire in pedaggi autostradali.
Dobbiamo essere cittadini consapevoli che la crosta repellente di asfalto e cemento non è solo veleno per la terra d’Italia, ma è anche piombo nelle ali dei suoi stessi figli. E che se vogliamo davvero far riprendere il volo a questo paese, che continuiamo a definire il Bel Paese, è necessario prima di tutto amarlo e in qualche caso… mettersi in prima persona davanti al teodolite, per dire NO! BASTA CEMENTO!