Nonostante i tagli, nelle scuole ci sono ancora intorno alle 50 mila cattedre vuote. Sono a disposizione dei precari (almeno quelli inseriti a buon punto nelle gratuatorie provinciali) che proprio in questi giorni vengono convocati negli uffici scolastici territoriali per la scelta dei posti liberi. Ma siamo all’assurdo: in molti casi i docenti convocati non si presentano, ossia rinunciano al posto.
Le prime avvisaglie di questo sconcertante fenomeno si registrano già alle elmentari e, soprattutto, alle materne, ossia nei livelli scolastici dove le operazioni di nomine sono già a buon punto: a Milano, ad esempio, il 30 per cento dei convocati della graduatoria della scuola per l’infanzia non si sono visti, il 20 per cento alle elementari. Ma analoga situazione si registra in molte province, ovviamente al Nord, dove cioè ci sono ancora cattedre vuote. Il paradosso, dunque: da un lato ci sono i precari che fanno lo sciopero della fame perché hanno perso posto e stipendio, dall’altro lato i posti ci sono, ma chi ne ha diritto rinuncia. Come è possibile che ciò avvenga?
Certo ci sarà chi rinuncia di fronte alle difficoltà di sradicarsi dal proprio paese e abbandonare la famiglia per rincorrere uno stipendio per lo più insufficiente per campare. Ma per lo più si tratta di una scelta di opportunità: perché già si lavora, soprattutto in una scuola privata, e si preferisce continuare così. Sta di fatto che in questa situazione si complica il lavoro degli impiegati addetti alle nomine, costretti a ripetere le convocazioni degli aspiranti a un posto.
Un fenomeno ormai fisiologico peraltro nell’organizzazione dell’assegnazione degli organici. Lo scorso anno per coprire tutti i posti a Milano si è arrivati a 84 convocazioni. E ancor peggio sarà quando il compito di cercare gli insegnanti passerà alle singole scuole. Sempre a Milano, culla del precariato, lo scorso anno in un istituto si è arrivati a chiamare oltre 800 iscritti nelle graduatorie per arrivare a trovarne uno disposto ad accettare una nomina. Ma questo da anni è il problema di fondo del sistema di reclutamento degli insegnanti. Un sistema basato su meccanismi del tutto controproducenti che non consente un minimo di efficienza.
Forse Maria Stella Gelmini queste cose non le ha ancora capite, o se le ha capite non ha fatto nulla per cambiarle. E continua a tollerare questo intollerabile stato di confusione. Del resto, però, come ha recemtemente sostenuto il senatore finiano Giuseppe Valditara promotore di un disegno di legge inascoltato in cui prevede l’assunzione di 20 mila precari all’anno, sarebbe impossibile risolvere il problema del reclutamento se prima non si risolve quello del precariato. E intanto in questo stato confusionale la scuola italiana arranca. E quando riapriranno le scuole una cosa purtroppo è certa: molte classi saranno ancora senza insegnanti.
di Augusto Pozzoli