A quattro giorni dalla tromba d’aria, l’assessore Regionale alla Protezione Civile Riccardo Riccardi rilascia un’intervista al Gazzettino: “Per lo smaltimento – assicura – dovremo pensare a un’oculata gestione in grado di assicurare ogni eliminazione di situazioni di rischio”. Poi chiede lo stato di calamità naturale. Accordato, il 30 luglio, con decreto della presidenza del Consiglio dei Ministri. Data di fine dell’emergenza: 31 luglio 2011. Durata: un anno esatto.
Il 20 agosto viene pubblicata l’ordinanza numero 3894 della Protezione Civile. Riccardi, che è anche vicecommissario per l’emergenza dell’A4 (anche un tratto autostradale, in Italia, può essere in emergenza) viene nominato Commissario delegato. L’ordinanza ne stabilisce i compiti e produce un elenco di due pagine di leggi e norme cui si può andare in deroga: è uno dei poteri di Protezione civile. Sul sito ufficiale del Dipartimento non si dice quali siano le leggi derogate: per scoprirlo bisogna leggere il testo dell’ordinanza. In cui la parola “amianto” non compare mai. Viene però citata la Legge 257/1992. In particolare, secondo l’ordinanza, “il commissario delegato è autorizzato, ove ritenuto indispensabile e sulla base di specifica motivazione, a derogare agli articoli 9, 10, 12 e 15 di quella legge. Di che cosa si tratta? Gli articoli in questione stabiliscono le misure che le imprese devono adottare nello smaltimento per tutelare la salute dei lavoratori e dell’ambiente. Definiscono poi la necessità di vigilanza da parte delle unità sanitarie e dispongono che lo smaltimento dell’amianto venga effettuato da ditte specializzate iscritte a un apposito albo. Non è finita. Nel caso del Friuli si va in deroga anche alla classificazione stessa dei rifiuti a base di amianto, che la 257 definisce “speciali, tossici e nocivi”. C’è infine l’articolo 15, anch’esso reso derogabile dall’ordinanza, che prevede sanzioni per chiunque non adotti le norme dovute in merito al trattamento dell’eternit.
Insomma, il Friuli diventa un luogo dove l’amianto si può smaltire senza norme? Secondo Riccardi non c’è da preoccuparsi: questa è solo la cornice. “A breve verrà approvato un regolamento quadro, che prevederà anche come muoversi per rispettare le norme di sicurezza ambientale e dei lavoratori. Trovandosi in emergenza – dice – la deroga è necessaria semplicemente per sveltire le tempistiche burocratiche”. Ma nell’ordinanza si parla anche di articoli di legge che non hanno a che fare direttamente con le tempistiche. “L’alternativa alla deroga” risponde Riccardi “è quella di applicare le procedure normali. Ma se, per esempio, devo fare un piano di sicurezza, e per il piano di sicurezza devo avere non so quante autorizzazioni, questo incide anche sui tempi”.
E bisogna fare in fretta, per rimuovere le coperture pericolose o i loro resti frantumati. Il che potrebbe anche sembrare logico, in una situazione emergenziale. Anche Glauco Spangaro, un tecnico dell’Arpa del Friuli esperto in smaltimento d’amianto, la vede allo stesso modo: “Il legislatore non pensa all’evento calamitoso, prevede una norma generica. Ma l’evento calamitoso che crea questo fatto anomalo ed eccezionale richiede la deroga”. Chi le deroghe di Protezione civile le ha vissute in maniera invadente, invece, come L’Aquila, la pensa diversamente: “C’è il rischio che andare in deroga voglia dire semplicemente non rispettare le normative”, dice Antonio Perrotti, architetto della Regione Abruzzo. Il rischio, cioè, che la fretta della deroga favorisca il non controllo sulla tutela dell’ambiente e della salute di cittadini e lavoratori.
C’è però chi si è rimboccato le maniche, senza deroghe né ordinanze speciali. “Bisognava partire subito, perché si doveva garantire la ripresa delle attività produttive”. Lo racconta Mauro Di Bert, sindaco del comune di Pavia di Udine, uno dei più colpiti dalla tromba d’aria. Si è proceduto andando in deroga? No, semplicemente si sono accelerate le procedure con l’ordinanza comunale numero 61/2010, che prevede il rispetto della 257/1992 e che obbliga i privati a provvedere, a proprio carico, alla messa in sicurezza delle strutture pericolanti, danneggiate o in cattive condizioni contenenti amianto; a rivolgersi alle aziende specializzate o comunque a seguire tutte le norme previste per la rimozione e lo smaltimento. In attesa che si chiariscano i termini dei risarcimenti che i privati dovranno avere per il danno subito. Ci sono – quindi – delle realtà che stanno uscendo dall’emergenza senza l’aiuto di procedure accelerate. Basterà il “regolamento quadro” per fare in modo che nei prossimi 12 mesi (tanto dura lo stato di emergenza) non ci sia una corsa allo smaltimento facilitato, trovando magari escamotage per fare in modo di rientrare nei requisiti dell’ordinanza?