Il presidente della Camera si scaglia contro i tagli, difende i precari della scuola, Capo dello Stato e la magistratura: "caposaldo della democrazia". E invoca la nomina del ministro dello Sviluppo economico
“Il Parlamento non è depandance dell’esecutivo, governare non significa comandare, ma garantire l’equilibrio dei poteri”. E poi: “Non esiste il reato di lesa maestà, perché non esiste un popolo di sudditi, ma di cittadini e di militanti”. Sono due dei tanti passaggi del discorso di Gianfranco Fini a Mirabello. Un discorso di un’ora e mezza in cui ha disteso lo sguardo su tutto ciò che sta accadendo prendendo posizioni nette. “Napolitano è il caposaldo della democrazia”, ha detto. Su Gheddafi ha parlato di “genuflessione poco decorosa”. E ha ricordato: “Il popolo non è suddito”. Ma il cofondatore del Pdl si è spinto ben oltre e ha definito molto chiaramente la situazione del Popolo delle libertà: “Non c’è più, ora c’è al massimo il partito del predellino. Una Forza Italia allargata, con colonnelli che hanno cambiato solo il generale e magari sono pronti a cambiarlo ancora”. Riferendosi ai ripetuti inviti di tornare nel Pdl Fini è stato chiaro: “Non si rientra in ciò che non c’è più”.
Fini ha cominciato ricordando l’importanza di Mirabello: “Qui affondano le mie radici”. Sul palco di Futuro e Libertà Gianfranco Fini ha detto di avere “il cuore disastrato dalle emozioni forti. Non è mai stato così emozionato. Mirabello è per un giorno la capitale della politica italiana. E la gente non è qui peché è stata precettata, ma perché è venuta col cuore”.
L’estromissione dal Pdl – Fini ha poi parlato della sua “estromissione” dal Pdl: “Non me ne sono andato, ma mi hanno cacciato. Quel 29 luglio quando mi hanno espulso dal partito”. Si è trattato di una atto “illiberale e autoritario” degno del peggior stalinismo: “Non c’è stata alcuna fuoriuscita, nessuna scissione, nessun atteggiamento volto a demolire il Pdl: c’è stata di fatto la mia estromissione dal partito che avevo contribuito a creare, un atto che forse è stato ispirato dal libro nero del comunismo. Perché nelle pagine del peggior stalinismo – ha ammonito Fini – si può essere messi alla porta senza nessun tipo di contraddittorio, con il tentativo di annullare ogni tipo di diversità”.
“Non si comprende cosa è accaduto – dice Fini – se non si vede cosa è accaduto quando tutto è cominciato il 29 di luglio, quando l’ufficio politico del Pdl, in mia assenza, ha decretato di fatto la mia espulsione da quel partito che avevo contribuito a creare”. Il presidente della Camera è tornato a criticare le conclusioni del documento stilato al termine di quella riunione, soprattutto dove si sosteneva che l’atteggiamento di Fini e dei finiani “rappresentava una partecipazione attiva al gioco delle procure. Questa è da ridere”, ha detto Fini dal palco, così come la conclusione del documento. E cioè che Fini “è assolutamente incompatibile con i principi ispiratori del Pdl”.
Giustizia – “Nessuno troverà mai una mia dichiarazione, o una dichiarazione di qualcuno di Fli, contraria al Lodo Alfano o al legittimo impedimento, perché noi siamo convintissimi del fatto che occorre risolvere una questione: quella del diritto che Berlusconi ha di governare senza che ci sia l’interferenza o il tentativo da parte di segmenti iper-politicizzati di metterlo fuori gioco. Ma bisogna rovesciare l’approccio alla questione, bisogna finirla di affidare a quel simpatico ‘Dottor Stranamore’ che è l’onorevole Ghedini il compito di trovare una soluzione, con il risultato che la soluzione non si trova mai e il problema finisce per incancrenirsi ancor di più”, ha proseguito Fini. “Non ci vogliono leggi ad personam, ma leggi che tutelino il capo del governo. Non la cancellazione dei processi, ma la loro sospensione”.
Secondo il presidente della Camera, “il garantismo è un principio sacrosanto, ma mai può essere considerato come una sorta di impunità permanente. Deve essere garantita la condizione che i processi si svolgano e si concludano e che si accertino le responsabilità”. Fini ha poi aggiunto: “La magistratura è caposaldo della democrazia italiana”.
Economia – Fini ha poi ricordato la crisi economica, la necessità di una svolta delle politiche governative a favore dei giovani, delle fasce deboli, dei precari. E ha ammonito: “Ma vi pare possibile che nonostante il ‘ghe pensi mi’ si debba attendere ancora di conoscere il nome del ministro dello Sviluppo economico? Ma in quale altro Paese avverrebbe una cosa del genere? E’ un ministero importante, non uno strapuntino”.
Gheddafi – Dure critiche sono state riservate da Fini all’accoglienza che il governo ha riservato al leader libico Muammar Gheddafi: “E’ stato uno spettacolo poco decoroso quello con cui è stato accolto un personaggio che non può insegnare nulla nè nel rispetto della donne nè nella dignità della persona umana. Da ex ministro degli Esteri conosco le ragioni della ‘real politik’, ma non può portare a una sorta di genuflessione nei confronti di chi non può ergersi a maestro o punto di riferimento”.
Istituzioni – “Governare non puo’ mai e poi mai, e in alcun modo, significare comandare – ha sottolineato Fini – E’ necessario rispettare il Parlamento, che ha una sua ovvia centralità perché è ovvio che in una democrazia i poteri siano equilibrati”. Importante è rispettare tutte le istituzioni e il Capo dello Stato, che è “un punto di riferimento della nostra Costituzione”.
Pdl e Fli – Uno dei passaggi più duri del discorso è stato quelli in cui Fini ha decretato la morte del Pdl: “E’ finito il 29 luglio. Il Pdl non c’e’ piu’. Bisogna ricostruirlo perché una bella ipotesi è finita. Ora c’è il partito del Predellino, ma non c’è il Popolo della Libertà”. Futuro e Libertà, ha sottolineato il presidente della Camera, “non è Alleanza Nazionale in sedicesimo, ma rappresenta lo spirito più autentico del Pdl, la volontà di non disperdere quel sogno”.
E’ il momento di avere coraggio, secondo Fini, che ha detto: “Dico una cosa che so che non piacerà a Berlusconi, ma qualcuno mi ha detto: ma aspetta, non avere fretta, sei più giovane… ma io credo che se vogliamo fare qualcosa per l’Italia e soprattutto per il popolo del centrodestra, la dobbiamo piantare con l’utilitarismo, con il calcolo del farmacista, con la logica dell’attendere domani e piuttosto di gettare il cuore oltre l’ostacolo”.
Patto di legislatura – “Si va avanti – dice il presidente della Camera dal palco di Mirabello – senza ribaltoni o ribaltini, senza cambi di campo. E senza atteggiamenti che possano dare in alcun modo agli elettori la sensazione che noi si abbia raccolto voti nel centrodestra per poi portarli da qualche altra parte”. Per Fini serve “un patto di legislatura per arrivare al termine dei cinque anni e riempire di fatti concreti gli anni che mancano al voto. Un nuovo patto di legislatura che non sia un tavolo a due gambe, un accordo sancito con acquiescienza”. Il presidente della Camera è convinto che “Berlusconi metterà da parte l’ostracismo perchè noi non ci fermiamo e andiamo avanti. Ha ben compreso che non servono a nulla gli ultimatum. Berlusconi ha diritto di governare perché scelto dagli elettori. E pensare a scorciatoie giudiziarie per toglierlo di mezzo è una lesione alla sovranità dello Stato”.
Legge elettorale – Fini ha criticato fortemente l’attuale legge elettorale, senza nascondere il “mea culpa” per aver contribuito ad essa. “Sovranità popolare significa che gli elettori hanno diritto di scegliere il presidente del Consiglio ma anche i parlamentari – ha spiegato – Vergognose sono le liste ‘prendere o lasciare'”.
Federalismo e Padania – Anche il rapporto con la Lega è stato oggetto del discorso di Fini, che ha detto: ”Il federalismo è possibile solo se sarà fatto nell’interesse di tutta l’Italia, non soltanto della parte più sviluppata del Paese. Bossi sa che è possibile realizzare il federalismo, ma solo se nell’interesse generale, non a scapito del Mezzogiorno”. Secondo il leader di Fli, ”Bossi è un leader popolare, abbiamo polemizzato tante volte. Solo chi non conosce la storia oltre che la geografia può pensare che la Padania esista davvero”.
Attacchi infami – ”Quella che ho subito questa estate è stata una autentica lapidazione di tipo islamico. Infame non perché si sia rivolta a me, ma perché si è rivolta contro la mia famiglia”, ha detto Fini. “Si va avanti senza farci intimidire da quello che è stato il ‘metodo Boffo’ messo in campo da alcuni giornali che dovrebbero essere, pensate un pò, il biglietto d’amore del partito dell’amore. Noi non ci facciamo intimidire perché di intimidazioni ne abbiamo vissute ben altre. Non ci facciamo intimidire da campagne paranoiche e patetiche”. Il presidente della Camera si è scagliato anche contro l’informazione televisiva: “I telegiornali, salvo rare eccezioni, sembrano essere fotocopie dei fogli d’ordine del Pdl”.