Ieri a Torino, la festa del partito democratico è stata teatro di una lezione di democrazia che i manifestanti hanno dato agli “inciucisti” del partito (non)democratico e soprattutto al giornalista del Tg3, Giuliano Giubilei.

“Libero fischio in libero Stato” diceva Sandro Pertini, nella Costituzione del nostro paese non c’è traccia di un articolo che vieti il dissenso, c’è però un ampio articolo 21 che sancisce la libertà di espressione, a prescindere dall’opinione che si vuole affermare. Impedire le contestazioni, invece, è un tratto caratterizzante del Fascismo.

Persino nella stessa definizione di dibattito si contempla il dissenso, il dibattito è discussione, lo stesso contraddittorio è tesi e antitesi, quindi affermazioni che dissentono tra loro con lo scopo di far prevalere, con la forza dei fatti, la propria idea.

“Volete impedire a due personalità politiche di parlare” grida Giubilei, peccato che dimentichi o non abbia ben presente il sistema della “rappresentatività politica” che vige in Italia (anche se eluso dalla legge elettorale che permette ai rappresentanti di autonominarsi), i politici in questione devono essere l’espressione degli elettori, non dei propri interessi, sono sottoposti al giudizio del popolo italiano che ha come mezzi per esprimere un’opinione negativa nei confronti del loro operato: il voto e il dissenso pubblico.

La protesta di Agende Rosse, Grillini e Popolo Viola si è svolta inizialmente in modo molto costruttivo ed è degenerata a causa dell’aggressività e dell’atteggiamento, questo sì, squadrista degli organizzatori e di qualche elemento delle forze dell’ordine un po’ troppo esaltato. Come ci racconta Luisa Carlucci, movimento delle Agende Rosse di Torino, presa per i capelli da un agente di Polizia durante la protesta, l’obiettivo dei manifestanti era quello di porre a Renato Schifani delle domande, le stesse domande che i giornali, “Il Fatto Quotidiano” in primis, stanno rivolgendo al Presidente del Senato in questi giorni, in relazione ai suoi trascorsi da avvocato difensore dei patrimoni illeciti dei boss mafiosi, e ai suoi presunti rapporti di mediazione tra Berlusconi, Dell’Utri e alcuni membri di spicco dell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra come i fratelli Graviano.

I manifestanti avevano preparato dei cartelli che ponevano questi interrogativi e dei “pizzini” da far girare che raccoglievano i principali articoli dei vari giornali riguardanti tali rivelazioni. La risposta delle forze dell’ordine è stata quella di strattonare per i capelli una ragazza di 20 anni con in mano un arma letale, una semplice agenda rossa in ricordo di Paolo Borsellino. La reazione dei democratici organizzatori del partito (non)democratico è stata, invece, di dire ai ragazzi in prima fila, che stavano svolgendo una contestazione silenziosa, alzando solo l’agenda rossa al cielo: “tu con quel libricino alzato non devi aprire bocca o ti butto fuori”, oppure il più elegante: “hai rotto i coglioni con quell’agenda alzata!”.

Questa sì che è democrazia, democrazia nostrana!

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