Cultura

Una brutta storia veneziana

E pensare che sono ventinove anni che vengo alla Mostra del cinema a Venezia! Dovrei essere ormai pratico di accrediti, biglietti, file, privilegi e tutto il resto. Avrei dovuto sapere che il film italiano della Settimana della Critica, atteso qui già da quando era ancora in lavorazione, programmato giustamente non a caso di domenica, avrebbe richiamato una folla di spettatori alla proiezione ufficiale. E’ un film a cui tengo, mi interessa vederlo, perché l’hanno prodotto Francesca (Cima) e Nicola (Giuliano), che ho praticamente visto nascere al Centro Sperimentale di Cinematografia, in quel biennio magico in cui io ero il docente responsabile del corso di produzione e loro erano tra i miei sei allievi. Gli altri cinque, Francesca compresa, ancora si portano dietro la certezza, da me sempre negata, che Nicola era il mio preferito. Solo perché giocavamo a pallone insieme. A distanza di sedici anni, oggi per la prima volta lo ammetto: è vero, Nicola era il mio allievo preferito, non solo perché giocavamo a pallone insieme. Ma se incontro Francesca, Carlotta, Simona, Rita, Antonella, le sue compagne di quel corso, il cuore ancora mi batte forte, perché quello fu un biennio speciale, per tanti motivi, essenzialmente nostri.

Ma torniamo alla proiezione del film: uno con la mia esperienza festivaliera, avrebbe dovuto mettersi in fila almeno un quarto d’ora prima, per avere la certezza di entrare. Niente. Mi sono fatto distrarre dal viso di una persona con cui stavo parlando. Brutto vizio. Mi metto in fila, butta male, capisco che non riuscirò a entrare. Accanto a me c’è Emanuele (Nespeca), altro mio allievo di tempi più recenti, con cui cominciamo a studiare programmi alternativi. Quando tutto sembra perduto, arriva Francesca con un biglietto di quelli che hanno diritto di precedenza e mi dice di entrare. Oddio! Sono a metà di una fila che è una vera calca e l’unica possibilità di avviarmi verso l’ingresso è quella di scavalcare la transenna, che non sembra, ma è abbastanza alta. Malgrado la corsa e il calcio, io peso quasi novanta chili e l’agilità non è stata mai il mio forte. Ma il film lo voglio vedere. Mi avventuro nell’operazione di scavalcamento. In maniera assai goffa. Scavalca anche Emanuele, che non ha neanche il biglietto ma che Francesca esorta a farsi avanti comunque. Emanuele, sia detto per inciso, è più ciccione e più goffo di me. Regaliamo alla gente in fila, incazzata perché non riuscirà ad entrare, uno spettacolo pietoso. Mi vergogno come un ladro, non per la figura pietosa, ma perché alla fine riesco ad entrare, superando centinaia di persone.

Le luci si possono spegnere. La proiezione di Hai paura del buio di Massimo Coppola può iniziare. Buona visione a tutti. Tranne a quelli a cui sono passato ingiustamente avanti.