Se appunti possono essere mossi al Presidente Fini, questi hanno natura meramente politica.
Fini è stato eletto nelle file di uno schieramento politico di cui condivide sostanzialmente l’intera linea. Era e rimane un uomo di centrodestra.
E anche le sue ultime prese di posizione – dalla sfiducia a Caliendo al fastidio mostrato per la legge sul processo breve – rispondono a ragioni politiche del tutto legittime, che rientrano pienamente nel rispetto dell’intero assetto costituzionale del Paese.
E’ forse possibile chiedere le sue dimissioni per ragioni solamente politiche?
Ci sono forse altre ragioni? Ha forse violato qualche norma o è forse venuto meno a qualche suo dovere istituzionale?
Il Presidente della Camera ha il dovere di rispettare in primo luogo – come tutti, del resto – la Costituzione, nella sua interezza.
Tra i tanti articoli della Carta, non sembra che il Presidente Fini abbia violato l’art. 54 che gli impone di svolgere la propria funzione pubblica con disciplina ed onore, per il solo fatto di aver espresso un parere dissonante con l’unisono della maggioranza parlamentare.
Non sembra neppure che abbia violato l’art. 67, secondo cui «ogni membro del Parlamento» – e, a maggior ragione, il Presidente di uno dei suoi rami – «rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato».
Una norma chiarissima che, invece, sarebbe stata chiaramente violata se si fosse piegato a rappresentare solo interessi particolari di qualcuno, senza tutelare la Nazione intera, appunto.
Esistono forse dei mezzi all’interno della Costituzione per porre in votazione alla Camera dei Deputati una mozione di sfiducia contro il Presidente Fini?
No, perché né la Costituzione, né il regolamento della Camera prevedono questo strumento, limitato – invece – alle ipotesi di sfiducia al Governo o di impeachment al Capo dello Stato nelle ipotesi di reati commessi.
Vengono richiamate spesso – e a sproposito – le dimissioni di Pertini dalla sua carica di Presidente della Camera nel luglio 1969. In quel caso erano dimissioni volontarie, rimesse alla scelta e alla discrezioni dell’allora Presidente Pertini.
Non era un atto dovuto. E poi, di fronte a quelle dimissioni, la Camera dei Deputati, tutta, si espresse chiedendo al suo Presidente di rimanere al suo posto, perché non vi erano ragioni per dubitare della correttezza del suo operato. Altri tempi. Altre persone.
Per questo oggi noi chiediamo al Presidente Napolitano di non ascoltare le voci di coloro che vorrebbero – per mere ragioni politiche – un suo intervento di censura o – peggio – di sfiducia nei confronti del Presidente della Camera Gianfranco Fini.
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Gianfranco Mascia
Ernesto Maria Ruffini