Non è uno scherzo, ma ieri sera negli ambienti politici e nelle redazioni dei giornali si attendeva con curiosità l’“editoriale” del ventriloquo di Berlusconi, Minzolini, per capirci qualcosa nel casino di un governo ormai fuori controllo. Dagli schermi del Tg1, il portavoce del Caimano ha diramato gli ordini: elezioni al più presto e che Napolitano non si azzardi a fare “ribaltoni” con “governicchi” improvvisati. Sulla pretesa (bofonchiata da Bossi a nome del socio di Arcore) di far dimettere Fini dalla presidenza della Camera, invece, silenzio. E si capisce, visto che è stata rispedita al mittente dal Quirinale e presa a ridere dallo stesso Fini (nel frattempo intervistato da Mentana). A questo punto, nel caos, restano poche cose certe.
1) Il 29 luglio B. espelle Fini dal Pdl pensando che lo seguiranno in pochi. Si sbaglia. La consistenza dei gruppi parlamentari di Futuro e libertà è tale da far ballare la maggioranza.
2) La Lega vuole il voto ma B. – sondaggi alla mano – sa che le elezioni sono un rischio. Per andare avanti chiede ai finiani di votare cinque punti generici del programma (da cui scompare l’indecente processo breve).
3) A Mirabello Fini dice sì ai cinque punti, ma rivendica totale libertà d’azione mazzolando premier e colonnelli.
4) B. comprende che peggio del voto è farsi logorare da Fini e gioca la carta dello sfascio. Se il nemico non sloggia, lui smette di far funzionare il Parlamento. E allora il capo dello Stato non potrà che sciogliere le Camere. E se invece cercasse una nuova maggioranza? Bè, ci pensa Minzolini.