di Marcello Ravveduto

A Società è una canzone neomelodica interpretata da Gino Ferrante. Il video è un vero e proprio cortometraggio sulla vita criminale.

Un giovane sta per essere rasato dal barbiere. Un flash back mostra una madre che dice al figlio: “devi andare a scuola”. Il ragazzino, uscendo di casa, risponde: “a scuola non vado, la scuola non mi ha dato niente”.

L’espressione è un concentrato di distanza e rabbia nei confronti dello Stato dal quale si pretende un risarcimento – secondo il protagonista mai ricevuto – per la propria marginalità sociale. Quel figlio ora è il giovane seduto dal barbiere. Un centauro lo preleva per raggiungere i “cumpagnelli”.

Parte la canzone: “Stanno dentro la società/gli uomini dell’omertà”. Uomini che vivono nell’oscurità, costretti a nascondersi dalla legge. “È questa la vita dei ragazzi di strada./Giorno dopo giorno la morte fa loro compagnia./Con una preghiera cercano aiuto a Dio/…/Questa è la vita di chi è sempre in galera/che da bambino ha perso la mamma e il padre./Solo una cosa li può salvare da questa verità:/si chiama Società”.

La camorra è la famiglia mai avuta, il ristoro di una vita di povertà e miseria, la possibilità di dimostrare le proprie qualità. “Sono tutti fratelli e nessuno deve tradire/ perché alle volte un pentito/ perde la vita a causa della legge della strada”.

Intanto si vede un giovane che mette una pistola nella cintura e si reca in una pizzeria. Entra deciso, una donna urla e l’istante dopo si mostra un uomo morto, col capo riverso sul tavolo. Se leggiamo i commenti troveremo favorevoli e contrari. I contrari sono indignanti e un po’ snob, i favorevoli, invece, si prodigano nelle giustificazioni.

Top Junior scrive: “…è la nostra vita e ci dobbiamo adattare al sistema e alla società… è veramente difficile essere un bravo ragazzo in un quartiere… per mangiare facciamo quello che non dobbiamo fare”.

Costieraamlfitana11 aggiunge: “… solo Dio può proteggerci, la malavita purtroppo è questa… ma nessuno deve essere giudicato, solo chi è nato a Napoli o in Sicilia può capire cosa significano queste cose”.

In parole povere si vuole manifestare una sorta di alterità antropologica che rende alcuni meridionali “speciali” nelle comprensione e conoscenza di una devianza. Si tratta di un’orgogliosa separazione che non vuole essere giudicata, ma accettata così come è, ribaltando di 180 gradi il punto di vista sociale: i diversi sono “gli altri”, quelli “abituati alla bella gente e alle belle cose”. Perciò il consiglio reiterato è tacere “rispettare ed evitare giudizi affrettati! Noi, o almeno io questa canzone la apprezzo tanto perché racconta parte della mia vita!”.

Ecco con quel “noi” si solidifica una distanza. Anche il cantante interviene “…non giudicate mai se non sapete la verità se non ci sei passato o vissuto per una cosa non giudicarla mai… raccontano solo la vita reale”.

Insomma, secondo i commentatori citati non potremo mai sintonizzarci con il sentire di chi ascolta e approva queste canzoni perché, non avendo un “vissuto” di strada, non possiamo carpire il profondo orgoglio di una mentalità criminale che giorno dopo giorno diventa alimento culturale.

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