Finisce il Ramadan, si festeggia. La Camera di Commercio di Milano calcola che almeno 2 mila esercizi commerciali di proprietà di musulmani avranno un incremento di attività in queste ore. Finora si parlava del Ramadan in Italia solo per sottolineare le difficoltà e al tempo stesso la necessità di integrare gli immigrati musulmani e le principali usanze che mantengono anche quando sono molto integrati: ad esempio, il digiuno dall’alba al tramonto dei braccianti, il digiuno dei detenuti.
Ora si comincia a guardare all’altro aspetto. Nei paesi dove il Ramadan non è pratica di minoranza sta sempre più emergendo un tema che Maometto e i suoi primi seguaci non avevano previsto, quello dei sovraconsumi alimentari ed energetici. Non solo nei festeggiamenti finali, ma in tutto il mese. Il peso del consumismo, del commercio e in generale della necessità di mostrarsi all’altezza di avere una buona condizione sociale, tutto converge nei pranzi notturni sempre più abbondanti, calorici e mondani.
Nelle analisi di questi giorni sull’aumento del prezzo dello zucchero, o di altre “materie prime alimentari” le maggiori richieste dai paesi islamici per il periodo del Ramadan hanno avuto un peso fondamentale. Un sondaggio condotto l’anno scorso in Marocco ha verificato che la maggioranza della popolazione è ingrassata nelle quattro settimane di Ramadan estivo: molti sono cresciuti anche di 6 chili o più. Il pasto che comincia al tramonto è abbondante e festoso, come lo è, dopo le 4, il pasto che precede di poco l’alba. Durante il giorno, non potendo neanche bere, le attività fisiche vengono ridotte al minimo e si bruciano poche calorìe. Mai durante l’anno si consumano così tanti dolciumi come nelle notti di Ramadan.
Per ora i governi si preoccupano soprattutto delle fatiche diurne del digiuno e in questo senso il provvedimento più eclatante è stata l’abolizione dell’ora legale nelle settimane del Ramadan. Nei paesi a egemonia musulmana si è deciso di togliere per tutto il periodo l’ora legale estiva, in modo da far arrivare prima il tramonto e, quindi, il momento di mangiare tutti insieme. Ma dalla Tunisia al Kuwait la novità di quest’anno è stata la predisposizione di piani d’emergenza per evitare i black out elettrici e l’avvio – anche se per ora timido – di campagne per chiedere alla popolazione di non esagerare coi consumi.
Uno dei motivi principali della crescita è costituito dal rientro stagionale degli emigrati, che tendenzialmente preferiscono passare il periodo coi familiari nelle terre d’origine, e quindi aumentano la popolazione. Ma il carattere consumistico del Ramadan è sempre più evidente. Due studiose della Università di Ankara hanno di recente pubblicato una ricerca sulle analogie tra il Ramadan e il Natale nei paesi cristiani. Ma quattro settimane di bagordi regali e raduni familiari pesano assai di più del Natale. Se nel mondo i musulmani si avviano a diventare un miliardo e mezzo significa che si può cominciare a valutare il peso di queste abitudini in termini di contributo all’effetto serra. In attesa di un bilancio finale sul “digiuno” 2010 c’è già chi dice che almeno in alcuni paesi mai ha fatto così caldo durante il periodo come in questa estate 2010, ma si può aggiungere che l’aumento dei consumi, e quindi delle emissioni, nei Ramadan ha dato una mano. Non sono solo gli integralisti a preoccuparsi di questa trasformazione.
“I consumi alimentari questo mese in Kuwait saranno equivalenti a quelli di 3 mesi normali – osserva l’Iseg, sito islamico di economia -. E’ paradossale. Il Ramadan è stato istituito per la purificazione del corpo e dell’anima, ma le nostre società arricchite dal petrolio lo hanno trasformato in una gara al consumismo. E’ una sorta di bulimia collettiva che induce all’evasione festaiola, anziché alla riflessione filosofica sulle sorti dell’umanità”.
Dagli Stati Uniti e dall’Inghilterra han preso le mosse dei blog che si definiscono eco-islamici (c’è addirittura Green Jihad) che diffondono consigli su ricette vegetariane e magre e su accorgimenti per un uso sobrio dell’energia durante il digiuno coranico.
di Paolo Hutter