Chissà quando è stato pensato il concerto dei Fiati di Torino in cartellone stasera per Mito, nello spazio che fino a poco tempo fa era uno degli stabilimenti Pirelli a Settimo Torinese? Un concerto dedicato alla fabbrica eseguito dentro un’ex fabbrica con strumenti (gli ottoni) «che ricordano la materia metallica, parente simbolica di quella con cui sono fatte le macchine» come scrive nella presentazione dell’evento Antonio Calabrò, direttore della Fondazione Pirelli.
Dicevo, chissà quando l’avranno partorita quest’idea della musica classica «come esperienza aperta per un pubblico ampio, sulla scia di una tradizione novecentesca italiana ed europea di un rapporto profondo tra musica e mondo del lavoro». C’era già l’isola dei cassintegrati? E Marchionne aveva già dettato le sue condizioni per Pomigliano? E quanti operai, nel frattempo sono andati a casa, quante produzioni delocalizzate?
Poco importa perché, per una volta, qui non si racconta di una fabbrica che chiude, ma di un’altra che sorge: la sorella dello stabilimento vecchio, in costruzione a 500 metri di distanza. Ed è proprio in quello spazio allietato da un centinaio di ciliegi, nella struttura provvisoria (progettata da Renzo Piano) che unisce la vecchia fabbrica e quella nuova, che stasera i musicisti daranno fiato ai loro ottoni: «Un gioco di armonie, per suggerire quel che il lavoro può essere, deve tendere a essere, anche quando quell’armonia è difficile» scrive sempre Calabrò.
Sarà sicuramente un bellissimo concerto: Mozart e Rossini, Berio e Gabrieli, Beethoven, Bach, Stravinskij. E l’eco di vecchi clangori. E il presagio di nuovi. Anche se onestamente non so se se le macchine per fabbricare pneumatici producano il clangore degli ottoni.