Il Sinodo è l’organo di governo delle chiese valdesi e metodiste. E’ un’assemblea nella quale circa 150 “deputati” per metà pastori e per metà eletti dalle comunità locali, riflettono, discutono e infine decidono sulle strategie della loro chiesa. Chi entrasse nell’aula sinodale senza sapere dove si trova, avrebbe l’impressione di un piccolo parlamento: i valdesi e i metodisti italiani non se ne dispiacciano affatto ed anzi sono molto orgogliosi della democraticità della loro chiesa, del fatto che si possa discutere di temi spirituali ed etici senza subire il peso di una cattedra esclusiva ed infallibile. Del resto è proprio questo il modo di essere delle chiese della Riforma.

Benché sia un’assemblea interna, il Sinodo però è anche un momento pubblico e lancia dei messaggi al Paese. Quest’anno sono stati sostanzialmente tre.

Il primo: l’Italia è un paese di immigrazione e così come la nostra società è sempre più multiculturale lo sono anche le chiese evangeliche. La presenza di pastori e di deputati nati in Ghana, in Nigeria, in Togo, in Corea, nelle Filippine dimostra più di ogni discorso come le chiese valdesi e metodiste siano sempre di più un laboratorio multiculturale nel quale si incontrano tradizioni e culture diverse. Ma quello che sta avvenendo nelle chiese deve accadere anche nella società: da qui un appello forte alla classe politica perché promuova vere politiche di integrazione e di inclusione sociale. Rispetto all’Europa l’Italia è in grave ritardo. Occorre fare in fretta perché i processi sociali corrono veloci e il rischio di ghettizzazione e marginalità sociale è alto soprattutto per le seconde generazioni.

Il secondo messaggio riguarda il paese, la sua crisi politica e morale. Valdesi e metodisti non hanno nascosto le loro preoccupazioni e si sono augurati che il centocinquantesimo anniversario dell’Unità nazionale possa essere un’occasione per riflettere sull’Italia di oggi e di domani, pensandola come paese che garantisce libertà fondamentali e diritti umani, che promuove politiche di pace e di giustizia. In questo ancoramento ai valori dell’unità non è mancato il riferimento alla laicità e alla libertà religiosa: è nella storia risorgimentale e nella costruzione dell’Italia unita che questi valori sono stati progressivamente scoperti ma ancora oggi non possono dirsi definitivamente acquisiti. I valdesi e i metodisti non li richiamano soltanto per sé ma per tutte le componenti religiose di questa Italia sempre più multiculturale.

Il terzo messaggio è quello di cui i giornali hanno scritto di più perché fatalmente fa più “notizia”: mi riferisco alla decisione che consente alle comunità locali pronte a farlo di benedire delle coppie omosessuali. Non è un matrimonio come qualcuno frettolosamente ha affermato – tra l’altro per i protestanti il matrimonio non è un sacramento ed ha un carattere prevalentemente civile – ma una benedizione: vuol dire che la chiesa chiede al Signore di accompagnare due persone che responsabilmente affermano di voler condividere la loro vita. Con questa decisione, assunta con senso di discernimento e sentendo la responsabilità che essa comporta, la chiesa valdese ha voluto compiere un gesto di accoglienza nei confronti di chi soffre pregiudizi, emarginazioni e scomuniche. Alcuni ci hanno applaudito, altri ci hanno criticato. Resta il fatto che in Italia c’è una chiesa che apre uno spazio di relazione, di fraternità e di riconoscimento nei confronti di credenti omosessuali che altri condannano ed escludono.

Tre messaggi chiari ad un Paese che a noi appare spesso confuso e ripiegato sulle sue paure. Tre messaggi di fiducia e di speranza.

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