Stretti come sardine in una sola aula con infissi pericolanti. Viaggio tra i corridoi e le stanze del Professionale Odero nel cuore operaio di Setri Ponente
Bello fare amicizia, conoscere nuovi compagni di scuola. Però condividere un’aula con 34 persone è davvero troppo. E figurarsi per i poveri professori che si trovano a “fronteggiare” un piccolo esercito di adolescenti. Tagli alla scuola, mancanza di fondi. Titoli che si leggono sui quotidiani. Ma poi all’apertura dell’anno ecco che diventano realtà. Siamo all’Istituto Professionale Odero di Sestri Ponente, qui dove per decenni ha battuto il cuore operaio di Genova e oggi vedi capannoni vuoti. Qui dove si incrociano tante crisi: della scuola, dell’industria, di una città in cerca di vocazione. É un ragazzino di 16 anni a raccontare: “L’anno scorso c’erano due seconde. Poi i corsi sono stati accorpati e ci siamo trovati in 34 in aula, roba da far mancare l’aria. Un casino pazzesco”. No, non ce l’ha con il preside o con i professori. Sono vittime della situazione. Come lui.
Bisogna entrare in una scuola per capire che cosa sia davvero la crisi dell’educazione in Italia. L’Odero è un istituto apprezzato in città, con professori che ce la mettono tutta. Ma è dura: 34 persone che devono passare cinque ore al giorno su sedie sbilenche vecchie magari di decenni, che sono costrette a stare una attaccata all’altra per studiare o, semplicemente, per respirare. Sergio Spinoglio, professore, racconta: “Ogni anno ci chiedono le previsioni della composizione delle classi a gennaio o, al massimo, a marzo. Servono per distribuire finanziamenti e definire il numero degli insegnanti. Ma è un calcolo impossibile, perché poi si aggiungono i bocciati e i ragazzi che arrivano dalle altre scuole”. E il registro scoppia. Impossibile continuare così. É una questione – quasi – di sopravvivenza.
Genitori e insegnanti protestano, ricordano che per legge 34 studenti in una classe non ci possono stare. Però chiedere aiuto al ministero è come mungere una vacca esanime. Allora il preside Gennaro Schettino cerca una soluzione: “Bisognerà pagare i docenti perché svolgano corsi supplementari separati. Attingeremo ai fondi a disposizione dell’istituto”, spiega Spinoglio, mentre insieme con i colleghi cerca di far quadrare il cerchio di inizio anno. Mica facile in un istituto con oltre 600 studenti: dagli orari, alla mancanza di fondi. Spinoglio è uno di quei professori che, nonostante tutto, sembrano crederci ancora: “L’operazione costerà circa quindici mila euro”. Tutto risolto? Si fa per dire, perché la coperta è cortissima. Quei soldi dovevano servire per pagare i mediatori culturali, fondamentali in una scuola dove sono sempre di più gli studenti stranieri che vengono per imparare un mestiere e inserirsi nel lavoro e nella vita. Pazienza, ci sarà una bella sforbiciata.
Ma non basta: si dovranno tagliare anche gli psicologi che aiutavano i ragazzi in difficoltà. Un caso che è arrivato fino a Roma: “I tagli del governo agli organici stanno spingendo gli uffici scolastici provinciali a compiere accorpamenti delle classi, con i ragazzi pigiati come buoi in una stalla. Il tutto spesso in violazione delle norme di sicurezza e di agibilità. Il ministro Gelmini vada all’Istituto Professionale Odero e dica se questa è la qualità che i ragazzi meritano”, accusa Francesca Puglisi, responsabile Scuola della segreteria nazionale Pd. Alla fine la nave della terza operatori termici in qualche modo salperà. Ma queste scuole somigliano sempre più a incrociatori mangiati dalla ruggine, proprio come le finestre delle aule dell’Odero. Già, chissà quanti italiani accetterebbero di vivere in una casa ridotta come le aule dove mandiamo ogni giorno i nostri figli: quaranta metri quadrati per venti persone.
Infissi che sembrano sul punto di cadere, vetri opachi che ti par d’essere in cella, sedie fatte apposta per provocare la scoliosi. L’equipaggio della Odero – insegnanti e bidelli – ce la mette tutta, ma viene voglia di arrendersi: in segreteria c’è solo una persona per venti classi e seicento ragazzi. E poi ci sono i macchinari e i computer che per un istituto professionale sono tutto. “Finora reggiamo, ma quando dovremo rinnovare l’aula informatica saranno dolori”, allarga le braccia Spinoglio. Racconta: “E pensare che i ragazzi uscendo di qui trovano quasi tutti lavoro”. Merito degli stage – a costo zero – nelle imprese. Ma anche dei corsi avanzati, come quello chiamato “terza area”. Peccato, però, che sia stato cancellato per mancanza di fondi. Forse gli studenti saranno contenti: quattro ore in meno di lezione alla settimana. Ma anche tante occasioni di lavoro che rischiano di sfumare.
Da il Fatto Quotidiano del 14 settembre 2010