Tutti lo ricordano per il maglioncino che fa tanto anticonformista in un mondo di cravatte e gessati blu. Ma il look da copertina di Sergio Marchionne, sapientemente studiato e gestito ad uso dei giornali, dovrebbe comprendere anche l’immancabile sigaretta. Perché il gran capo della Fiat fuma davvero come un turco. Una sigaretta dietro l’altra, come conferma chiunque gli abbia lavorato accanto. Tutto questo non aiuta a trasmettere l’immagine di un manager salutista, efficiente e in gran forma. E infatti, di solito, le agiografie correnti preferiscono sorvolare su questo aspetto. Ma a Marchionne importa poco. Anzi, per lui il tabacco è diventato addirittura un investimento. Sì, perché da un anno a questa parte l’amministratore delegato della Fiat si è messo a comprare azioni della Philip Morris International, la multinazionale delle sigarette, proprietaria, tra l’altro, del marchio Marlboro.
L’ultimo acquisto porta la data del 24 agosto, quando Marchionne ha staccato un assegno di 77 mila dollari per comprare a Wall Street 1.500 azioni del colosso americano. Quei 77 mila dollari, circa 61 mila euro al cambio di allora, non sono una gran somma per il numero uno della Fiat, un supermanager che l’anno scorso, tra bonus e compenso fisso, ha guadagnato circa 4,7 milioni di dollari. Quella puntata in Borsa su Philip Morris era però solo l’ultima di una serie. Giusto un mese prima, a fine luglio, il numero uno della Fiat aveva comprato altre 1.500 azioni. Altre 1.700 il 26 di maggio. Altrettante il giorno prima. Ancora 1.500 il 23 di aprile. Mentre 2.922 azioni gli erano state assegnate dalla stessa Philip Morris il 12 di maggio. E così, a conti fatti, se si tiene conto anche degli acquisti realizzati nel 2009, si scopre che Marchionne possiede un pacchetto di oltre 17 mila titoli del colosso americano. Un pacchetto che ai prezzi di questi giorni vale quasi un milione di dollari, cioè un po’ meno di 800 mila euro. Giusto per fare un paragone va detto che Marchionne possiede 240 mila azioni Fiat, che valgono meno di 2,5 milioni di euro. Da almeno quattro anni, però, lo stesso Marchionne non investe più nei titoli della sua azienda. Ma che cosa c’entra la multinazionale del fumo con il top manager della Fiat, passione per le sigarette a parte? C’entra, e molto, perché da un paio di anni Philip Morris ha aperto le porte del suo consiglio di amministrazione al capo dell’azienda torinese.
Marchionne è in ottima compagnia: al suo fianco siedono alcuni nomi molto conosciuti nel jet set del capitalismo internazionale. Si comincia con il magnate messicano Carlos Slim, considerato uno degli uomini più ricchi del mondo proprietario del più grande gruppo di telecomunicazioni dell’America Latina. Nel board troviamo l’ex ministro britannico Dudley Fishburn, l’ex capo della Exxon (petrolio) l’italoamericano Lucio Noto e anche Harold Brown, già ministro della Difesa statunitense (1977-81) nonché membro di organismi molto vicini all’amministrazione Usa (Rand corporation, Trilateral). E poi Mathis Cabiallavetta, a lungo presidente del colosso bancario Ubs, di cui Marchionne è amministratore. Insomma, una pattuglia di vip, a cui Philip Morris si affida per evidenti motivi di lobby. A maggior ragione da quando, e sono ormai molti anni, la crociata anti fumo delle autorità americane ha messo nell’angolo la multinazionale, condannata a sborsare centinaia di milioni di dollari in numerose cause promosse da ex fumatori o dalle loro famiglie. Nonostante questi incidenti di percorso, il gruppo continua a macinare utili: oltre 6 miliardi di dollari nel 2009 su un giro d’affari di 62 miliardi, più o meno le stesse dimensioni della Fiat.
Philip Morris controlla decine di marchi, ma la sua espansione nel mondo è legata soprattutto al brand Marlboro. Ed è proprio qui che le strategie dell’azienda Usa incrociano ancora una volta il gruppo guidato da Marchionne. La pista porta alla Ferrari, la griffe dell’automobile che fa capo alla Fiat. Da alcuni anni Philip Morris è forse lo sponsor più generoso delle rosse di Maranello. Non per niente la scuderia di Formula Uno si chiama “Marlboro Ferrari”. Un contratto ricchissimo di cui non si conoscono con precisione i contenuti. Secondo indiscrezioni, Ferrari avrebbe ricevuto un miliardo di dollari per sei anni. La sponsorizzazione, rinnovata nel 2005 scadrà nel 2011 e in teoria avrebbe perso almeno in parte la sua ragion d’essere visto che la pubblicità alle sigarette è vietata in tutta l’Unione europea, dove si svolgono buona parte dei gran premi. Di recente però la casa di Maranello è stata accusata di aver promosso il marchio Marlboro con messaggi subliminali come il codice a barre bianco su sfondo rosso dipinto sulle auto di Formula Uno. Accuse respinte al mittente, ma a maggio il barcode è stato tolto. L’anno prossimo con la scadenza del contratto si dovrà ridiscutere tutto. E a quel punto Marchionne si troverà in una posizione singolare. Comanda in Ferrari e siede anche nel board dello sponsor.
di Vittorio Malagutti
da Il Fatto quotidiano del 15 settembre 2010