“Abbiamo bisogno di un internet molto veloce perché l’economia cresca rapidamente, creando posti di lavoro e ricchezza, e per garantire che i cittadini abbiano accesso ai contenuti ed ai servizi che desiderano”.
E’ questo uno degli auspici e, insieme, degli obiettivi dettati nell’agenda digitale dell’Unione Europea. E in Italia?
In Italia, il Governo, per il tramite di quel Ministero dello Sviluppo Economico che ormai da oltre 4 mesi è guidato ad interim dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e in pectore dal Vice-Ministro delle Comunicazioni, Paolo Romani, ha appena reso noto che i famosi 800 milioni per la diffusione delle risorse di banda larga non ci sono e che bisognerà accontentarsi di 100, palesemente insufficienti a risolvere il problema del digital divide nel nostro Paese e, anzi, forse idonei ad acuirlo, dotando di maggiori risorse di connettività solo alcune aree del territorio.
Il tutto, mentre, invece di accelerare sull’asta delle frequenze lasciate libere a seguito dello switch off analogico-digitale, lo stesso Ministero dello Sviluppo Economico, preferisce autorizzare il Gruppo del Presidente del Consiglio ad utilizzare parte di tali frequenze per sperimentare – si fa per dire – nuove soluzioni in Hd per la cara vecchia Tv che tanti soldi e potere ha già regalato al nostro tele-comandante. In Francia – e quindi non al di là dell’oceano ma solo al di là delle Alpi – il Governo ha da poco investito 2 miliardi di euro per la diffusione della banda larga.
Siamo uno Stato assolutamente privo di una politica dell’innovazione illuminata e la miopia mista all’egoismo di chi ci governa rischia di fare del nostro Paese l’isola non digitale dell’Europa digitale che verrà. Non è il mio pensiero ma quello – sfortunatamente rimasto inascoltato – rappresentato lo scorso 21 luglio dal Presidente dell’Autorità Garante delle Comunicazioni, Corrado Calabrò alla IX Commissione della Camera dei deputati.
Gli stessi “dati che ci vedono ai primi posti in Europa sul fronte dei prezzi dei servizi tradizionali e della concorrenza infrastrutturata – ha detto il Presidente dell’Agcom – ci classificano sotto la media Ue per diffusione della banda larga, anche se con quasi 5 milioni di chiavette Usb e 15 milioni di smartphones l’Italia è leader in Europa nella diffusione delle tecnologie per l’internet mobile” e, ha continuato “Siamo sotto la media anche per il numero di famiglie connesse a internet, oltre che per la diffusione degli acquisti on-line e per il contributo dell’Information Communication Tecnology al prodotto interno“. ”Il nostro Paese – ha aggiunto Calabrò a proposito delle ricadute che tale drammatica situazione di arretratezza nella diffusione di Internet produce – è il fanalino di coda nel commercio e nei servizi elettronici. Le imprese vendono poco sul web; la quota di esportazioni legate all’ICT è pari al 2,2% e relega l’Italia al penultimo posto in Europa“.
“Il futuro presuppone l’ultra banda, le reti di nuova generazione in fibra ottica con capacità di trasmissione sopra i 50 Mbit/s, mentre l’Italia ancora ha difficoltà a chiudere il piano per il digital divide – che vuol dire, sostanzialmente, far accedere tutti oggi a internet alla potenza della tecnologia di ieri – e non si accinge a fare un passo decisivo verso la fibra“. Più chiaro di così, proprio non si può. Un J’accuse severo quello di Calabrò, al quale il Governo ha ora risposto manifestando la più totale indifferenza e proseguendo lungo la sua strada: quella della Tv.
Come se non bastasse c’è un altro enorme rischio all’orizzonte: più la pubblica amministrazione digitale cara al ministro Brunetta si trasforma – ammesso che accada – da sogno in realtà e più ampie fasce della popolazione, digital escluse, vengono estromesse dall’accesso a servizi pubblici essenziali. Tutto questo senza contare che sin quando l’ultimo dei cittadini italiani non sarà online, la pubblica amministrazione, non potrà diventare davvero digitale e sarà costretta a procedere su due binari con una sostanziale duplicazione di oneri e costi.
La banda larga è un diritto fondamentale del cittadino del 2010 nonché uno dei più straordinari elementi abilitanti il rilancio economico di un Paese: 100 milioni di euro sono, naturalmente tanti, ma, come ben sanno al Ministero dello Sviluppo Economico, sono poco più di un obolo in relazione ai fondi necessari a risolvere il problema del digital divide.