Antonio Scalzone: "Senza l'aiuto dello Stato, che qui ha abdicato, la nostra comunità farà la fine degli indiani d'America". Poi critica la commemorazione delle vittime: "Erano una banda di criminali"
CASTELVOLTURNO (CASERTA) – Nel giorno in cui ricorre il secondo anniversario della strage di “San Gennaro” in cui persero la vita sei immigrati africani in un agguato di camorra a Varcaturo, il nuovo sindaco di Castelvolturno Antonio Scalzone si oppone all’installazione di una lapide commemorativa delle persone uccise (“si rischia di celebrare una banda di criminali”) e pronuncia parole severe contro il fenomeno dell’immigrazione nel casertano: “Senza l’aiuto dello Stato, che qui ha abdicato, la nostra comunità farà la fine degli indiani d’America. Morirà sotto il peso dell’immigrazione. Per questo torno a chiedere l’espulsione dei clandestini, non è possibile concedere il permesso di soggiorno a 10-15mila immigrati perché questo significherebbe destinare i cittadini castellani a fare la stessa fine degli indiani d’America”.
Affermazioni durissime. Forse stonate, almeno per la tempistica e il contesto. Ma occorre prima fare un passo indietro e ricordare. Era il 18 settembre del 2008, vigilia del Santo patrono di Napoli. Sei ragazzi africani (il più grande aveva meno di 30 anni) ebbero la colpa di stare nel posto sbagliato al momento sbagliato. Si trovavano presso il laboratorio sartoriale “Ob ob exotic fashion” di Varcaturo, al chilometro 43 della Domiziana. Un commando di camorristi travestiti da carabinieri, uomini al soldo di Giuseppe Setola, il capo dell’ala stragista del clan dei Casalesi, fece irruzione e sparò ad alzo zero. Il crepitìo di 120 colpi di pistola esplosi in pochi secondi fece mattanza. Se ne salvò solo uno, che si finse morto. La comunità di colore, esasperata, reagì con un corteo che presto si tramutò in guerriglia urbana al grido di “Italiani bastardi”. Lancio di pietre, auto ribaltate, vetrine distrutte. Un drammatico anticipo della rivolta di Rosarno, in Calabria, l’anno dopo.
In queste settimane il sindaco Scalzone si è opposto all’apposizione di una piccola lapide all’esterno della sartoria. Il monumento, installato e inaugurato stamane dai movimenti antirazzisti e in sostegno degli immigrati e dei rifugiati, secondo il sindaco “rischia di commemorare quella che probabilmente era una banda di criminali, persone che forse non erano innocenti, forse tra loro c’erano degli spacciatori di droga”.
Scalzone cita come fonti delle sue affermazioni articoli di stampa e nuove indagini dei carabinieri che indicherebbero che in quell’area (ma non nella sartoria) avveniva in passato un’attività di spaccio e ci sarebbero stati alcuni incontri tra immigrati criminali. Ma non ci sono prove che coinvolgano i ragazzi colpiti dai proiettili della camorra in questi loschi traffici. Le risultanze investigative e processuali raccontano infatti una storia diversa. Il commando agli ordini di Setola avrebbe dovuto colpire in una villa non molto lontana dal chilometro 43 della Domiziana per punire dei nigeriani che spacciavano droga senza versare la tangente al clan. Ma l’autista sbagliò strada e si fermò davanti all’ “Ob Ob exotic fashion”. In una recente udienza uno dei killer, collaboratore di giustizia, ha affermato che quando apprese che erano stati trucidati degli innocenti e chiese spiegazioni al capo del commando, gli fu risposto: “Setola (il boss) voleva i neri e io gli ho dato i neri…”. I neri vennero trucidati per affermare il predominio del territorio in un momento di difficoltà per il clan dei Casalesi. Una prova di forza. Una strage dimostrativa. Che costò la vita a Kwando Owusu Wiafe, Ibrahim Alhaji, Karim Yakubu (Awanga), Kuame Antwi Julius Francis, Justice Sonny Abu, Eric Affun Yeboah. Josef Ayimbora si salvò solo per miracolo.
I movimenti in sostegno agli immigrati respingono in toto le tesi di Scalzone e si chiedono “come sia possibile che a due anni di distanza tra la camorra piu’ spietata da una parte e le vittime innocenti dall’altra, il sindaco Scalzone ancora rinunci a schierarsi dalla parte delle vittime. Dopo la strage nulla è cambiato: i migranti continuano a essere facili bersagli, a essere sfruttati nelle campagne e nell’edilizia, le forze dell’ordine continuano a fermare lavoratori alle 4 di mattina alle rotonde o negli autobus scambiando le vittime dello sfruttamento con i criminali, ottenere il permesso di soggiorno diventa sempre piu’ complicato e difficile”. Ma il sindaco rilancia: “L’integrazione tra la mia comunità e gli extracomunitari a Castelvolturno è uguale a zero e chi sostiene il contrario mente, la cronaca non fa altro che riferire di spacciatori, prostituzione e malaffare. Se presto non sarà fatto qualcosa per noi io lascerò presto Castelvolturno e chiederò ai miei concittadini di fare altrettanto. Spero soltanto che stamattina non sia stata apposta una lapide per ricordare una banda di criminali, significherebbe che ancora una volta lo Stato è stato aggirato”.